L’arma delle sanzioni

di Shorsh Surme

Nel suo discorso alla Mansion House del 27 aprile scorso il ministro degli Esteri britannico Liz Truss ha proposto che il G7 “agisca come una NATO economica, difendendo collettivamente la nostra prosperità. Se l’economia di un partner è presa di mira da un regime aggressivo, dovremmo agire per sostenerlo. Tutti per uno e uno per tutti”.
La forza e la credibilità della NATO, sancita dall’articolo 5 del trattato costitutivo, consiste nel far sì che “un attacco armato contro uno o più paesi membri in Europa o in Nord America sia considerato un attacco contro tutti”, e sin dalla fondazione nel 1949, la linea rossa tracciata dall’articolo 5 ha scoraggiato le aggressioni militari contro i partecipanti all’alleanza.
L’occidente ha preso in mano oggi le armi delle sanzioni economiche, strumento di prima scelta contro la Russia per la sua brutale invasione dell’Ucraina, nonché la risposta alle azioni di Stati fuorilegge dal Myanmar all’Iran. La portata delle sanzioni applicate alla Russia è senza precedenti, il che suggerisce che tale mezzo si stia rapidamente evolvendo in un elemento significativo di risposta.
In passato le sanzioni economiche non sempre avevano avuto effetto, ma negli ultimi anni sono diventate sempre più sofisticate e invasive. Nel caso dell’Ucraina hanno incluso il congelamento delle riserve della Banca centrale russa, il sequestro dei beni degli oligarchi e la chiusura dell’economia russa a parte del mondo.
In questo quadro rientra anche il contrasto al finanziamento della Russia al regime siriano di Bashar al-Assad, cosa che permette di continuare la guerra contro le formazioni ribelli. Il presidente russo ha incaricato un comitato di redigere una nuova costituzione siriana, e l’inviato speciale del segretario generale al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto oggi un compromesso urgente per avviare un percorso pacifico nel momento in cui il Paese supera gli 11 anni di conflitto.