Le tensioni fra Nato e Russia riaccendono il conflitto del Donbass

di Enrico Oliari

La crisi tra occidente e Russia sull’Ucraina ha riacceso il conflitto del Donbass tra l’esercito ucraino e i combattenti separatisti delle due autoproclamate repubbliche, Lugansk e Donetsk. Conflitto ripreso in tutta la sua violenza, con il presidente russo Vladimir Putin che ha ammesso la gravità della situazione ed il rischio di un’ulteriore escalation. Tra Russia e Washington si sono susseguiti gli scambi di accuse su chi sta cercando il casus belli, ma anche sul campo le forze ucraine e quelle separatiste si sono puntate il dito su chi ha iniziato per primo a sparare. Un asilo è stato colpito a Stanytsia Luhanska, area controllata dai governativi, mentre un’autobomba è scoppiata a Donetsk nei pressi del palazzo dell’autoproclamato governo, ma l’Interfax ha riportato che non vi sono state vittime. Diversi i colpi sparati da entrambe le parti.
Certo è che sul campo c’è chi ha interesse a che la situazione precipiti proprio nel momento in cui si stanno compendo faticosi sforzi per risolvere le beghe tra la Nato (leggasi Casa Bianca) e la Russia, e già domani dovrebbero tenersi esercitazioni militari su larga scala: il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato l’impiego di missili balistici e di crociera, delle flotte del Mare de Nord e del Mar Nero nonché delle forze aerospaziali.
Durante l’audizione in Parlamento, il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha smentito il ritiro delle unità russe lungo il confine, ed anzi, ha sostenuto che vi sarebbero “stanziati 129mila uomini, ai quali vanno aggiunti gli equipaggi delle unità navali, per cui il loro numero arriva a uno schieramento di circa 149 mila uomini”. Secondo l’ambasciatore Usa all’Osce, Michael Carpenter, sarebbero addirittura 190mila i militari russi al confine.
La situazione resta quindi tesissima, ed è frenetico il lavoro delle cancellerie europee per arrivare ad una de-escalation. Il premier italiano Mario Draghi dovrebbe incontrare a breve Putin, ma Mosca non molla: il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha fatto sapere che “ci sono stati pochi progressi”, e che “non verranno risolti i problemi fino a che non si raggiungeranno accordi su alcuni punti, tra cui lo stop all’allargamento della Nato ad est”.
Un’altra delle questioni che la Russia ha rinfacciato all’occidente riguarda proprio il Donbass. Nonostante gli accordi del 2014 (Minsk-2) Kiev non ha riconosciuto le autonomie di Lugansk e di Donetsk, e Lavrov lo ha voluto ribadire in questi giorni.
Mentre gli Usa continuano ad insistere che presto ci sarà l’invasione dell’Ucraina e che Putin sta cercando il casus belli, dal Cremlino si ribadisce senza sosta il pieno diritto a compiere esercitazioni nel proprio territorio, e che sono gli Usa e i paesi europei a volere circondare la Russia con le proprie forze armate.
Di mezzo c’è la sgangherata Ucraina, che la Nato vorrebbe fagocitare per scopi militari dando agli europei l’onere di farsene carico sotto il profilo economico, infrastrutturale e sociale. Basti pensare che sono 17 i miliardi di euro che l’Ue ha prestato all’Ucraina negli ultimi anni.