di Giuseppe Gagliano –
Mentre l’attenzione internazionale è concentrata sulle tensioni geopolitiche in Europa e Medio Oriente, Mosca continua la sua opera di consolidamento in Africa. Il 1° febbraio, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, e il suo omologo del Lesotho, Lejone Mpotjoane, si sono scambiati messaggi per celebrare il 45mo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Un gesto simbolico, certo, ma che si inserisce in una strategia più ampia: la Russia vuole rafforzare la propria presenza nel continente africano, sfruttando la retorica anti-occidentale e la crescente insofferenza di molti governi africani verso le pressioni delle potenze europee e statunitensi.
Il comunicato del ministero degli Esteri russo ha sottolineato come Mosca e Maseru siano interessati a sviluppare una cooperazione più ampia, non solo sul piano politico e commerciale, ma anche su questioni economiche e internazionali. Per la Russia, il Lesotho rappresenta un tassello minore ma significativo nel quadro della sua proiezione in Africa. Un piccolo Stato senza sbocco sul mare, completamente circondato dal Sudafrica, il Lesotho ha una posizione strategica particolare: dipende economicamente dal Sudafrica, ma negli ultimi anni ha cercato di diversificare le proprie relazioni internazionali, aprendo le porte alla Cina e, più di recente, anche alla Russia.
D’altra parte Mosca non è nuova a questo tipo di relazioni. Negli ultimi anni ha intensificato la sua presenza in Africa, sostenendo governi e leader spesso in contrasto con l’Occidente e proponendosi come alternativa alle ingerenze europee e americane. L’approccio è chiaro: offrire cooperazione senza condizioni politiche, fornire supporto in termini di sicurezza e sfruttare l’export di grano, armi e tecnologie per guadagnare nuovi alleati.
L’Africa è oggi un campo di battaglia geopolitico tra Russia, Cina e Occidente. Mosca ha già dimostrato di poter influenzare governi e processi politici in Paesi come Mali, Burkina Faso, Sudan e Repubblica Centrafricana, utilizzando sia la diplomazia tradizionale che la forza paramilitare, attraverso gruppi come Wagner, ora formalmente riorganizzati sotto il controllo del Ministero della Difesa russo.
In questo scenario il Lesotho appare un attore minore ma non irrilevante. La sua relazione con il Sudafrica, uno dei giganti economici del continente, lo rende un osservato speciale. Mosca sa bene che, rafforzando i rapporti con Paesi come il Lesotho, può creare frizioni e mettere sotto pressione i partner occidentali, che vedono nel Sudafrica un punto chiave della loro strategia africana.
L’iniziativa diplomatica di Lavrov con il Lesotho potrebbe sembrare poco più che un atto formale, ma in realtà si inserisce in una dinamica molto più ampia. La Russia sta rafforzando i suoi legami con i Paesi africani, costruendo un sistema di alleanze basato su interessi economici, militari e geopolitici.
Per l’occidente, questa tendenza rappresenta una sfida: Mosca non si limita più ai tradizionali partner africani, ma sta espandendo la sua influenza anche in Stati apparentemente marginali, che potrebbero però rivelarsi utili in una partita più grande. La domanda, ora, è se Stati Uniti e Unione Europea siano disposti a contrastare questa penetrazione russa, o se continueranno a sottovalutare la portata della strategia africana di Mosca.