L’Europa oggi: il sogno federalista e l’emergere di nuovi nazionalismi

Il sogno federalista non ancora compiuto non ha fatto i conti con la politica internazionale in continua evoluzione e con un contesto geopolitico in trasformazione.

di Roberta D’Onofrio *

Al termine del secondo conflitto mondiale il dibattito sull’integrazione europea e sulla costruzione di una comunità di Stati europei finalizzata, sulla base del superamento del rigido concetto di Stato-nazione (1), al mantenimento della pace ed al raggiungimento della prosperità economica nel continente, si svolse sulla scia della contrapposizione tra due correnti: Funzionalismo e Federalismo. Laddove la prima si rifaceva ad un’idea di integrazione fondata su un metodo gradualistico che ne conservava gli aspetti confederali (2), la seconda contrapponeva al metodo gradualistico-funzionalista la costruzione di una federazione europea sovranazionale che avrebbe rappresentato una garanzia contro lo scoppio di nuove ostilità in Europa. Oggi ci troviamo di fronte ad una fase delicata del processo di integrazione europea, una fase nella quale il sogno dei padri fondatori sembra scontrarsi con nuove problematiche di fronte alle quali le istituzioni europee sembrano non fornire soluzioni tali da evitare il dilagare di sentimenti fortemente euroscettici che hanno reso evidenti le differenze ed i contrasti ancora presenti in un sistema nel quale la volontà di esercizio di potere da parte degli Stati nazionali fa tuttora fatica ad essere abbandonata in favore di un assetto sovranazionale che veda l’interesse comune prevalere sull’interesse dei singoli Stati.
Uno dei più importanti fattori di crisi che negli ultimi anni sta mettendo a dura prova la stabilità dell’Europa, in termini di capacità da parte delle istituzioni comunitarie, di far fronte a problematiche concrete ma anche di conseguente crescita di sentimenti populisti e nazionalisti inneggianti alla chiusura dei confini statuali, è senza dubbio quello relativo alla imponente ondata migratoria proveniente dal continente africano. Il disaccordo tra gli Stati membri nella gestione della crisi migratoria non è individuabile soltanto nelle differenze ideologico-programmatiche dei singoli governi nazionali ma anche da una concentrazione del peso della gestione dell’emergenza in capo ai Paesi di primo ingresso (Italia, Grecia, Spagna e Malta) chiamati dal Trattato di Dublino a farsi carico delle prime fasi dell’accoglienza. Ad essa si aggiungono, come mette in evidenza Villa, strategie di “esternalizzazione” finalizzate a tamponare, nel breve periodo, i flussi mediante l’attuazione di un “continuo approccio emergenziale” (3), il cui principale esempio è rappresentato dal cosiddetto “meccanismo di sbarco regionale”, che prevede la cooperazione da parte dei Paesi della sponda africana del Mediterraneo nella gestione dei flussi migratori (4).
Il riaccendersi dei vecchi focolai nazional-populisti è emerso come fenomeno di rilievo dai risultati delle tornate elettorali indette in molti Paesi europei (in primis, Francia, Germania, Gran Bretagna ed Austria) nel corso del 2017 e che hanno palesemente sancito il trionfo della propaganda antieuropeista (in funzione xenofoba) dell’estrema destra (5) e la conquista di consensi via via maggiori da parte di movimenti e partiti che, dall’Italia all’Olanda, dall’Austria all’Ungheria hanno fatto dell’ascesa del partito della Le Pen un successo da eguagliare in quanto esempio della nuova destra europea che si oppone alla mancanza di potere decisionale degli Stati nazionali nell’Ue. La lotta del Rassemblement National contro il sistema Europa ha visto come oggetto di discussione proprio il problema del rafforzamento dei confini nazionali nell’ottica della protezione della Francia dalla minaccia del terrorismo islamico e quello dell’emergenza migratoria in riferimento alla quale si è sempre più rafforzato il legame ideologico-programmatico con partiti quali la Lega di Matteo Salvini e con la politica adottata da quest’ultimo in qualità di ministro dell’Interno nel nostro Paese. Alla condivisa volontà di porre fine alla libera circolazione dei migranti si aggiunge una più ampia visione comune di un’Europa che sia fondata su principi quali sovranità, autodeterminazione dei popoli e cooperazione volontaria e che invece, ad oggi, stando alla leader dell’estrema destra francese, si configura come un “acceleratore tossico di immigrazione massiva” (6), immigrazione che, sostiene la Le Pen “(…) deve essere bandita. I migranti che non hanno ottenuto il diritto di stare nel nostro paese devono essere ricondotti in quello di origine” (7).
“Questa è una vittoria decisiva, in futuro saremo in grado di difendere la nostra madrepatria” (8), dichiarava Viktor Orban al termine della tornata elettorale, tenutasi l’8 aprile 2018 per il rinnovo dei 199 membri dell’Assemblea nazionale ungherese, che ha riconfermato il leader del Fidesz alla guida del Paese per la quarta volta consecutiva e che ha fatto sì che il leader conservatore ungherese assumesse una linea sempre più dura contro la politica migratoria dell’Ue in evidente accordo ideologico – programmatico con Salvini e con la sua politica dei porti chiusi.
Le recenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, tenutesi nel maggio scorso, hanno certamente rappresentato un terreno di prova per la tenuta delle istituzioni europee di fronte alle spinte sovraniste. I risultati (9) della recente tornata elettorale hanno dimostrato una crescita, secondo quanto rilevato dall’Osservatorio ISPI – IaI, della frammentazione politica all’interno dell’istituzione, nonostante l’ascesa dei partiti populisti si sia rivelata inferiore alle aspettative.
A conclusione di tale analisi possiamo sinteticamente rilevare come le nuove problematiche di tipo politico-economico che si sono sviluppate nel corso dei decenni intercorsi dall’inizio del processo di integrazione europea ad oggi rappresentino delle tematiche complesse che le istituzioni europee si trovano costrette ad affrontare in un clima in cui la frammentazione politica dell’Unione appare evidente dai contrasti tra i singoli governi all’interno delle istituzioni europee stesse. Il sogno federalista non ancora compiuto non ha fatto i conti con la politica internazionale in continua evoluzione e con un contesto geopolitico in trasformazione che costringe l’Europa a cercare nuovi strumenti e nuove soluzioni atte a far fronte, tra le altre, come visto, alla crisi migratoria, una delle attuali problematiche che le istituzioni europee non sono state ancora in grado di risolvere con una politica che renda equo il peso della gestione di tale fenomeno in capo ad ogni Paese dell’Unione. L’attuazione di una politica congiunta basata sulla coordinazione tra Stati membri appare fondamentale se si vuole evitare una crisi “per frammentazione” delle istituzioni europee e se si vuole dare attuazione al progetto di fondazione di un’istituzione sovranazionale in grado di risolvere le problematiche comuni in maniera coordinata e senza contrasti tra i singoli Stati nazionali.

Note.
1 – Quest’ultimo, infatti, sembrava ormai non essere più in grado di far fronte ai compiti basilari di garanzia della sicurezza e del benessere dei cittadini.
2 – Si veda qui.
3 – “Certo, una spiegazione per questo continuo approccio emergenziale c’è: oggi attraversiamo una fase in cui gli equilibri politici nazionali risentono ancora fortemente della crisi appena trascorsa. Siamo insomma in un periodo in cui, a causa della piega più nazionalista e isolazionista assunta dal dibattito sulle migrazioni, è difficile ricondurre i negoziati sulle politiche migratorie entro binari di lucidità e razionalità. Il punto è che mentre ci si arrovella sui contorni pratici di proposte probabilmente non realizzabili, le questioni più concrete e urgenti (la riforma di Dublino e il ripristino di Schengen) restano al palo”. Matteo Villa, “Migrazioni e Ue: l’impasse infinita”, ISPI, 17 ottobre 2018,
4 – L’11 maggio 2018 il Presidente della Commissione europea Juncker poneva in evidenza proprio il problema della rinascita, come conseguenza della crisi migratoria, dei sentimenti nazionalisti e populisti in Europa: “Con la crisi migratoria i sentimenti che pensavamo di aver superato purtroppo hanno rifatto capolino (…).” Jean-Claude Juncker, intervenento alla conferenza sullo Stato dell’Unione, in Juncker: la crisi migratoria ha alimentato movimenti populisti e nazionalisti, Breaking NEWS- Agi, 11 Maggio 2018. Reperibile al seguente indirizzo.
5 – Il processo di rafforzamento della destra antieuropeista e nazionalista è apparso evidente in seguito alle elezioni presidenziali francesi del 2017 che hanno segnato l’ascesa, come secondo partito (33,9%), del Rassemblement National, meglio noto come 5Front National, di Marine Le Pen che, conquistando il ruolo di opposizione alla presidenza del centrista Emmanuel Macron, ha dato un chiaro segnale di un processo di cambiamento in atto in Europa in favore di una sempre più diffusa posizione euroscettica in seno alla “popolazione europea”.
6 – Cit. Marine Le Pen in” Marine Le Pen in marcia sull’Italia”, 16/05/2019, HuffPost, Reperibile al seguente sito.
7 – Ibid.
8 – Dichiarazione di Orban, in Enrico Mingori, Elezioni Ungheria 2018 | Orban vince con il 49 cento | Diretta, 9 aprile 2018. Reperibile al seguente indirizzo.
9 – Il successo di Orban in Ungheria, della Le Pen in Francia e della Lega di Salvini in Italia confermano l’avanzata dei partiti nazional-populisti, avanzata che, tuttavia, non ha confermato le previsioni che lasciavano presagire una imponente vittoria dei sentimenti anti europeisti ed euroscettici tra gli elettori comunitari (un dato significativo in tal senso è dato dal boom dei Verdi in Germania che, con il 20,8% dei voti hanno sottratto il secondo posto alla Spd, che ha perso l’11,8%dei voti.)

* Roberta D’Onofrio, Dottoranda in Innovazione e Gestione delle Risorse Pubbliche, curriculum “Governo e Relazioni Internazionali”, presso l’Università degli Studi del Molise con un progetto avente ad oggetto il ruolo delle Superpotenze e del Non allineati nel conflitto delle Isole Falkland/Malvinas.