Libano. Continuano le proteste, ma nel paese cominciano a scarseggiare i beni

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Continua ad essere vacante la sedia del primo ministro in Libano, dopo che lo scorso 29 ottobre Saad Hariri sì e dimesso a seguito delle proteste popolari. Dopo oltre 40 giorni di manifestazioni accese la gente continua ad essere in piazza per denunciare il caro vita e la corruzione dilagante, ed a poco è servita la riduzione della metà dello stipendio dei politici per tentare di placare gli animi e spegnere gli scontri.
Il nome di Mohammad Ahmad Safadi, già ministro delle Finanze nel governo Mikati, indicato come possibile premier è stato respinto dai manifestanti perché considerato uomo dell’establishment, per cui la crisi rimane aperta e sembra di difficile soluzione. Gli universitari in sciopero hanno bruciato i libri davanti al ministero dell’Istruzione, tra le loro richieste quella di pagare le tasse universitarie in lire libanesi e non in dollari, come avviene.
Ai deputati è stata impedita l’entrata in Parlamento nonostante sul tavolo vi fosse un’amnistia per i reati finanziari, ma a preoccupare ora è la mancanza di liquidità: le banche hanno riaperto dopo tre settimane di chiusura, ponendo però il limite di mille dollari ai prelievi, mentre i bancomat sono ancora bloccati; nel paese cominciano a scarseggiare le merci, con la conseguente impennata dei prezzi e l’accrescersi delle proteste antigovernative.