Libano. Hariri non si dimette: niente aumento delle tasse e tagli ai costi della politica

di Guido Keller

Nonostante le forti proteste di piazza di ieri, culmine di 5 giorni di manifestazioni antigovernative, il premier libanese Saad Hariri ha fatto sapere la sua intenzione di non dimettersi e di voler proseguire con un programma di riforme economiche “radicali” che comprende la chiusura di enti ormai divenuti istituzioni clienterali come i Consigli allo sviluppo, ma anche tagli del 50% agli stipendi dei politici, inclusi quellid dei governatori, dei ministri e del presidente della Repubblica. Tagliate anche le pensioni dei politici.
Hariri sta quindi puntando sui tagli ai costi della politica per far fronte alla protesta della piazza per il caro vita e la corruzione diffusa, innescatasi dopo la proposta, poi ritirata, di tassare le chiamate via Wathsapp, come pure di introdurre misure di austerità al fine di avviare progetti per avviare le infrastrutture di cui il paese ha bisogno. Per ridurre ild eficit il Consigliod ei ministri ha chiesto alle banche private di versare nella Banca centrale libanese oltre 3 miliardi di dollari, ma vi è anche un programma di privatizzazioni che interessa il settore della telefonia e dell’energia elettrica, entrambi carenti nel Paese dei Cedri.
Le imponenti manifestazioni di piazza, che hanno conosciuto anche momenti isolati di scontro ma che nel complesso sono state pacifiche, hanno visto la partecipazione di una popolazione senza sigle e senza simboli di partito o religiosi (gli Hezbollah partecipano al governo). Le proteste sembrano al momento essere rientrate dopo la rassicurazioen del premier di non introdurre nuove tasse.