Libia. Alfano in visita ricorda i crediti delle aziende italiane. E sui migranti, ‘procedure sul posto’

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Il ministro degli Esteri Angelino Alfano si è recato in Libia, a Tripoli, dove ha incontrato il collega Mohamed Taha Siyala, il vice premier Maitig, il presidente del Consiglio presidenziale Fayez al-Sarraj e il presidente dell’Alto Consiglio di Stato Swehli.
Dopo l’incontro di al-Serraj con l’uomo forte “di Tobruk” Khalifa Haftar ad Abu Dhabi, dove è emersa la volontà di trovare la quadratura del cerchio e operare per nuove elezioni e un governo di unità nazionale, Alfano alla parte Libia ha parlato di partenariato strategico con un “Paese amico”, e quindi ha portato la disponibilità a riattivare i rapporti con la Libia sulla base del Trattato di Amicizia del 2008.
Alfano ha mostrato un atteggiamento buono ma non buonista, ricordando al governo di unità nazionale “di Tripoli” che devono essere “restituiti alle imprese italiane 200 milioni di euro di crediti pregressi”
Intervistato per Il Messaggero, il capo della Farnesina ha ricordato sul tema delle navi impegnate a salvare i migranti in mare che “Nessuno può disconoscere il ruolo fondamentale delle ong nel mondo e in Italia. Altra cosa è ciò che ha detto il procuratore di Catania Zuccaro, che certo non ha generalizzato ma affermato l’esigenza di approfondimenti per rispondere a determinati quesiti, giudiziari e di buon senso, tanto da interrogare larghi settori dell’opinione pubblica”. “Tutti – ha spiegato Alfano – devono agire secondo le regole, dalle istituzioni pubbliche a quelle private, perché non c’è nessuno che non vi sia soggetto e tutti devono rispettarle sul diritto internazionale, la legge del mare, la trasparenza riguardo a finanziamenti e finanziatori, e ovviamente sulla non connessione coi mercanti di esseri umani”.
Il ministro ha infine parlato del progetto, in fase di elaborazione con le Nazioni Unite, “che vede la Libia come luogo nel quale si possano svolgere una serie di procedure evitando che si continuino a svolgere in Europa e in Italia”, cioè un lavoro con l’Unhcr per registrare i migranti “direttamente nei campi, intervenendo sulla dimensione dei flussi alla partenza”.