Libia. Ancora migranti morti in mare. Ma non si va oltre le lacrime di coccodrillo

C. Alessandro Mauceri

Solo poche settimane fa il premier italiano Mario Draghi durante la propria missione in Libia aveva lodato il governo per il modo in cui gestisce il flusso di migranti dall’Africa verso l’Italia. In molti rimasero basiti e si domandarono se quelle parole erano davvero un apprezzamento per ciò che è stato fatto in Libia negli ultimi anni per i “migranti”, o se invece si trattava di un modo per adulare il leader locale.
Eppure più volte le Nazioni Unite hanno ribadito che i diritti umani dei migranti in Libia vengono costantemente violati. Sia quelli che arrivano via terra, che gli altri, quelli che vengono ripresi in mare e riportati in Libia anche grazie alle cospicue donazioni utilizzate per l’acquisto di motovedette da parte dei governi italiani.
A confermarlo i numeri dell’ultimo rapporto dell’UNICEF che parla di 51.828 bambini migranti e 14.572 bambini rifugiati per molti dei quali non è possibile accedere ai servizi essenziali. Molti di loro vengono chiusi in centri detenzione dove non hanno “accesso all’acqua potabile, all’elettricità, all’istruzione, all’assistenza sanitaria e a servizi igienici adeguati. La violenza e lo sfruttamento sono dilaganti”. Secondo il rapporto UNICEF sarebbero almeno 1.100 i bambini ancora in queste condizioni. E il loro numero continua ad aumentare: solo la scorsa settimana, 125 bambini, di cui 114 “non accompagnati”, salvati in mare al largo della Libia, sono stati riportati nell’inferno dal quale erano fuggiti.
Ancora oggi, nonostante le tante visite ufficiali, frequenti anche ai tempi del “dittatore” Gheddafi, nonostante le tante promesse, nonostante le ripetute lodi ai governi di turno, il Mediterraneo centrale continua a essere una delle rotte migratorie più pericolose e letali del mondo. A confermarlo sono ancora una volta i numeri: dall’inizio del 2021 sono almeno 350 le persone annegate o scomparse nel Mediterraneo centrale tentando di raggiungere l’Europa. 130 solo la settimana scorsa. E di queste molti erano bambini.
Per questo motivo la scorsa settimana Ted Chaiban, direttore regionale dell’UNICEF per il Medio Oriente e il Nord Africa, e Afshan Khan, direttore dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale e Coordinatore speciale per la risposta ai rifugiati e ai migranti in Europa, hanno presentato un documento nel quale hanno chiesto “alle autorità libiche di rilasciare tutti i bambini e di porre fine alla detenzione per motivi migratori. La detenzione di bambini in situazioni di migrazione non è mai nel superiore interesse del bambino. Chiediamo alle autorità in Europa e nel Mediterraneo centrale di sostenere e accogliere i migranti e i rifugiati che arrivano sulle loro coste e di rafforzare i sistemi di ricerca e soccorso”.
Il loro appello è rimasto inascoltato. A dimostrarlo sono sempre i numeri: solo ieri una delle navi che soccorrono i migranti nel Mar Mediterraneo, la Sea Watch 4 di proprietà di una ong tedesca, ha comunicato di aver appena recuperato 51 persone su una barca di legno a due piani a sud-ovest di Lampedusa e di avere a bordo 455 persone salvate alle quali “deve essere assegnato immediatamente un porto sicuro!”, come ha ribadito la ong sul proprio profilo Twitter.
Intanto il sindaco di Lampedusa Totò Martello ha lanciato l’ennesimo appello: “Sul tema dei migranti è calato il silenzio”, ha dichiarato. Di questo problema non parla più nessuno. Non ne parlano i media né i partiti al governo, né quelli pro accoglienza né quelli contrari al loro ingresso in Italia. “Il Mediterraneo non può continuare a essere un mare di morte. Siamo stanchi anche delle lacrime di coccodrillo di chi oggi si commuove per l’ennesima strage, senza, però, affrontare il fenomeno né in Europa né in Italia” ha aggiunto il sindaco. “Il fenomeno migratorio continua a essere strumentalizzato per fini elettorali, invece va affrontato da un punto di vista istituzionale al di là delle appartenenze di partito. Slogan e cordoglio non bastano. È un fenomeno che non si esaurisce, c’era, c’è e ci sarà. Occorre governarlo. O gli stati europei si danno un regolamento oppure si continueranno a piangere i morti nel Mediterraneo”. Come dargli torto: solo pochi giorni fa l’IOM, durante un webinar, ha fornito numeri impressionanti che prevedono milioni di migranti costretti a lasciare il proprio paese e a migrare.
Eppure di questo problema gli stati europei non parlano più. Distratti dall’emergenza coronavirus sembrano aver messo nel cassetto il problema migranti. Sembrano non sapere neanche cosa ha scritto sul tema migranti (e sul loro diritto di accoglienza) la stessa l’Agenzia Europea per i Migranti EMA.
“Bisogna avere il coraggio di riportare la questione al centro dell’agenda politica e di sedersi attorno a un tavolo per cercare soluzioni, regole certe e condivise”, ha detto il sindaco di Lampedusa.
E non andare in Libia nella speranza di accaparrarsi qualche buon contratto per le grandi imprese, magari “lodando” un governo che tratta in modo disumano migliaia e migliaia di bambini.