di Giuseppe Gagliano –
Abd al-Rahaman al-Milad, noto come Bija, ex ufficiale della Guardia Costiera libica e figura controversa, è stato ucciso davanti all’Accademia Navale che dirigeva a Janzour, vicino a Tripoli. Coinvolto in traffici di esseri umani, armi, droga e petrolio, Bija era stato sanzionato dagli Stati Uniti nel 2018 per minaccia alla pace e stabilità della Libia. Anche l’ONU, nello stesso anno, lo aveva incluso tra i soggetti sottoposti a sanzioni per il suo ruolo nell’affondamento di barche cariche di migranti e per le sue collaborazioni con altri trafficanti.
Considerato il leader di una rete mafiosa a Zawiya, Bija era stato arrestato dal governo libico nel 2020, ma rilasciato come un eroe solo un anno dopo, quando era anche stato promosso. La sua figura, seguita da vicino dal giornalista Nello Scavo, ha preso particolare rilevanza nel 2019, quando una fotografia lo ritraeva a un tavolo di lavoro con rappresentanti italiani e libici presso il Cara di Mineo, un incontro che sollevò molte domande sul ruolo di Bija nelle trattative tra Italia e Libia sui migranti.
Nonostante fosse considerato un criminale a livello internazionale, Bija continuava a operare in Libia, mantenendo rapporti stretti con l’attuale governo di Tripoli e gestendo il servizio di vigilanza della raffineria di Zawiya insieme al cugino Mohammed Koshlaf, anch’egli coinvolto in traffici illeciti.
La sua morte, avvenuta in circostanze ancora poco chiare, potrebbe essere il risultato di faide interne o un segnale politico per il governo libico. L’assassinio di Bija solleva però interrogativi importanti non solo sulla Libia, ma anche sul ruolo dell’Italia nelle dinamiche libiche. Nonostante i Memorandum firmati tra Roma e Tripoli, che avevano l’obiettivo di contenere i flussi migratori, poco è stato fatto per escludere personaggi come Bija dal panorama delle trattative. Le istituzioni italiane, pur essendo consapevoli del suo coinvolgimento in traffici illeciti, hanno continuato a consegnare motovedette alla Guardia Costiera libica senza mai prendere una posizione decisa contro questi soggetti. La morte di Bija, che portava con sé numerosi segreti sui rapporti tra Libia e Italia, è una buona notizia solo per chi temeva che un giorno potesse rivelare dettagli scomodi in un tribunale internazionale. La giustizia italiana, pur avendo avviato indagini su di lui, non ha fatto in tempo a processarlo.