Libia. Dal fronte: Tripoli Protection Force, ‘Combatteremo fino all’ultimo respiro’

di Vanessa Tomassini –

TRIPOLI. “Sei giornalista giusto? Dicci cosa sta facendo l’Italia. Supporta Haftar? Qui abbiamo bisogno di armi”. E’ questa la domanda che i gruppi armati allineati al Governo di Accordo Nazionale ci fanno di più, accusando i Paesi stranieri di aver supportato l’esercito orientale, il Libyan National Army sotto l’egida del maresciallo Khalifa Haftar. Ci troviamo nel cuore del conflitto, di fronte a noi alti muri di sabbia chiudono la strada.
Abbiamo già superato tre posti di blocco delle forze allineate al Ministero dell’Interno che sbarranno il passaggio ai civili, deviando la circolazione verso aree più sicure. La nostra macchina, non ci consente di proseguire. “Non è sicura ci dice un membro del battaglione dei Rivoluzionari di Tripoli. Accostiamo, dunque, in quella che sembra essere una piccola base, Nahlia, ad un centinaio di metri dal ponte dell’areoporto internazionale.
Lofti Alarari ci fa passare in una macchina più grande con vetri anti-sfondamento, e da questo momento saremo in mezzo ad una raffica di proiettili provenienti da tutte le parti. Intorno allo stradone, si estende una verde campagna, con qualche casa dall’aspetto disabitato, le cui mura mostrano le ferite della guerra attuale e quella passata. Dalle costruzioni più alte, i cecchini quasi invisibili puntano il nemico.
Scattiamo foto, senza quasi respirare per il terrore dei colpi che raggiungono il vetro posteriore, quando, raggiunto il ponte e salutati gli uomini impegnati a difendere la capitale dall’aggressore esterno, nel tornare indietro udiamo un boato assordante e una nuvola di fumo avvolge l’intera area. “Era un aereo di Haftar, ci ha bombardato!”. Afferma Lofti, mentre con la radio cerca di mettersi in contatto con le postazioni vicine. “Da tre giorni, Haftar prova a colpirci con i suoi aeroplani. Da qui fino al ponte, la zona è sotto il nostro controllo, mentre l’areoporto internazionale è ancora conteso. Dall’altra parte, verso Azizia invece sono appostati gli uomini dell’LNA”. Usciamo dal fuoco, mentre sullo stradone spuntano i razzi lanciati dalla coalizione orientale.
“Parlo a nome di tutta la Tripoli Protection Force, in particolare noi dei Rivoluzionari del 17 febbraio, abbiamo combattuto dal 2011 contro Gheddafi per la libertà e la democrazia. Non accetteremo che Haftar prenda il potere con la forza. Non accetteremo un regime militarizzato. Se i libici sceglieranno il maresciallo alle elezioni, allora rispetteremo la volontà del popolo, come abbiamo accettato che facesse parte della scatola. In caso contrario, continueremo a combattere fino all’ultimo respiro”. Con queste parole Lofti Alarari ci saluta. Ce ne andiamo con un dubbio nel cuore, chissà se questi ragazzi li rivedremo ancora. Intanto, mentre scriviamo questo report, sul letto di un albergo di una delle ultime aree sicure di Tripoli, arriva la notizia dell’abbattimento di un aereo di Misurata (poi smentita, ndr) da parte della stessa aviazione che poche ore fa stava per ammazzarci.