Libia. Fallisce attentato, forse diretto all’ambasciata italiana. I paesi confinanti sostengono Skhirat

di Enrico Oliari –

Aveva con tutta probabilità come obiettivo l’ambasciata italiana a Tripoli, l’azione terroristica portata avanti ieri da due kamikaze.
I due attentatori hanno cercato di entrare in una zona interdetta alle auto in cui si trovano alcune rappresentanze diplomatiche, di cui l’unica occidentale aperta è quella italiana. La polizia, che ha interdetto la strada ai veicoli privati, ha costretto il conducente ad una deviazione, per cui la deflagrazione è avvenuta a circa 400 metri dall’ambasciata italiana, davanti al Ministero della Pianificazione e non distante da un albergo. I due occupanti dell’autobomba sono morti ed i resti carbonizzati sono stati portati al centro della Croce Rossa.
La nota della Farnesina ha riportato che “Si segnala che il dispositivo di sicurezza locale messo a protezione della cancelleria diplomatica ha funzionato perfettamente. Dopo l’incidente, le Autorità libiche hanno immediatamente e visibilmente rafforzato la sicurezza attorno alla nostra Ambasciata e alla Residenza dell’Ambasciatore Perrone. Si conferma che tutto il personale in servizio presso la sede diplomatica non è stato coinvolto dall’attacco e sta bene“.
Altro possibile obiettivo degli attentatori era l’attigui edificio della rappresentanza diplomatica egiziana: l’Italia appoggia in Libia il governo di Fayez al-Serraj, frutto delle mediazioni Onu ma fortemente osteggiato sia dalla parte “di Tobruk”, cioè del governo di Abdullah al-Thinni, sia dalle milizie islamiste dell’ex premier “di Tripoli” Khalifa al-Ghweil, che solo pochi giorni fa hanno tentato un golpe o comunque un’azione militare dimostrativa nella capitale; l’Egitto appoggia il governo “di Tobruk” e il relativo capo dell’esercito Khalifa Haftar, ed ha come nemici giurati i le milizie islamiste di Alba della Libia (tra cui Ansar al-Sharia), che sostengono il governo “di Tripoli” e che sono aiutate dall’eterno nemico del Cairo, il Qatar.
La rappresentanza italiana è stata riaperta il 9 dicembre dopo il gradimento dell’ambasciatore Giuseppe Perrone espresso dal governo “di Tripoli”; era stata chiusa insieme alle altre rappresentanze diplomatiche nell’estate del 2014 a seguito dei combattimenti delle milizie islamiste e della tribù di Misurata contro quelle della tribù di Zintan per il controllo della capitale, battaglia che aveva costretto il parlamento e il governo eletti nel giugno di quell’anno a riparare a Tobruk.
Specialmente in Cirenaica la presenza dell’Italia in Libia, sia per quanto riguarda l’apertura dell’ambasciata, sia per l’ospedale da campo nell’area di misurate, sia per le poche centinaia di militari, viene percepita in modo molto negativo, ed anche il potente generale Khalifa Haftar sta strumentalizzando la presenza degli italiani a fini politici. Questi aveva infatti definito “un invasione il ritorno militare dell’ambasciata italiana nella capitale”, anche se lo stesso sta facendo i salti mortali per ricevere armi da Mosca ed aprire le porte della Libia orientale ai russi.
Ieri al Cairo si è svolta la 10ma riunione dei paesi confinanti della Libia, e nella dichiarazione finale è stata nuovamente “stabilita l’adesione all’accordo politico concluso il 17 dicembre 2015 a Skhirat quale unico quadro per uscire dalla crisi” in cui versa il paese, ovvero la mediazione dell’Onu che ha portato alla nascita di un governo di unità nazionale.
I paesi confinanti (Ciad, Egitto, Algeria, Tunisia, Niger e Sudan) hanno ribadito di riconoscersi nei tre principi fondamentali, cioè l’unità della Libia e la sua sovranità, “il rifiuto di qualsiasi ingerenza straniera negli affari interni libici” e la “salvaguardia delle istituzioni dello Stato libico”.
E’ stato anche concordata una mediazione per arrivare ad un incontro da al-Serraj e Khalifa Haftar, per il quale il rappresentante “di Tripoli” ha fatto sapere di “non avere alcun problema personale”.