di Giuseppe Gagliano –
Il ministro degli Affari di gabinetto del Governo di Unità Nazionale libico, Adel Juma, è rimasto vittima di un attentato a Tripoli. Juma è stato trasferito in Italia per cure mediche, mentre il governo ha avviato un’indagine ufficiale. L’attacco si inserisce in un contesto di tensioni crescenti tra fazioni rivali e forze paramilitari, evidenziando il livello di insicurezza che ancora domina la capitale libica.
L’attuale quadro politico in Libia è caratterizzato da una divisione persistente tra il governo di Tripoli, guidato da Abdul Hamid Dbeibah e riconosciuto dall’ONU, e il governo parallelo di Bengasi, sostenuto dall’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar. Questo dualismo istituzionale ha impedito ogni serio progresso verso la stabilizzazione del Paese, mentre milizie armate e gruppi criminali continuano a operare senza reali limitazioni. L’attentato a Juma si colloca all’interno di una dinamica in cui gli equilibri interni sono sempre più precari e il rischio di un ritorno alla violenza su larga scala rimane alto.
L’attacco non è un episodio isolato. Negli ultimi anni diversi funzionari governativi sono stati bersaglio di attentati o tentativi di eliminazione, segno che il processo di consolidamento delle istituzioni statali resta incompleto. La violenza politica, che in Libia è spesso utilizzata come strumento per regolare conflitti di potere, continua a rappresentare un ostacolo alla costruzione di un’autorità centrale legittima. Anche se Juma non è una figura di primo piano nel panorama militare, il suo ruolo di coordinatore all’interno del governo lo rendeva un obiettivo sensibile, soprattutto per chi intende destabilizzare il gabinetto di Dbeibah.
Le reazioni internazionali all’attacco dimostrano la preoccupazione crescente per la sicurezza in Libia. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno condannato fermamente l’attentato, ribadendo la necessità di un’indagine trasparente. La comunità internazionale è consapevole che, senza un controllo effettivo sulle milizie e un processo politico credibile, il Paese rimarrà un territorio frammentato e instabile, con ripercussioni dirette sulla sicurezza del Mediterraneo. L’Italia, da sempre coinvolta nella questione libica, ha immediatamente offerto assistenza medica al ministro ferito, segnalando la volontà di mantenere un ruolo attivo nel tentativo di stabilizzazione del Paese.
Dal punto di vista geopolitico, la Libia rappresenta ancora un’area di competizione tra attori internazionali. Mentre l’Occidente sostiene il governo di Tripoli, la Russia e alcuni Paesi del Golfo continuano a fornire supporto al governo parallelo di Bengasi e alle forze di Haftar. Il controllo delle risorse petrolifere, le rotte migratorie e il peso strategico del Paese nel Mediterraneo sono tutti fattori che alimentano le interferenze esterne e rendono difficile una soluzione condivisa.
L’attentato a Juma è un chiaro segnale del fatto che, nonostante le dichiarazioni ufficiali e i tentativi diplomatici, la Libia resta lontana dalla pacificazione. L’assenza di un piano efficace per il disarmo delle milizie e l’impossibilità di organizzare elezioni realmente inclusive continuano a minare ogni tentativo di stabilizzazione. Nel frattempo, il rischio di nuove ondate di violenza rimane elevato e la Libia continua a essere un terreno di scontro dove la sicurezza resta una variabile incerta.