Libia. Haftar dice no al cessate-il-fuoco

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Il generale “di Tobruk” Khalifa Haftar ha respinto la richiesta di un cessate-il-fuoco, che sarebbe dovuto partire alla mezzanotte di domenica, richiesto dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan e da quello russo Vladimir Putin.
Con un comunicato il portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (LNA), Ahmed al-Mismari, ha fatto sapere che “Ringraziamo la Russia per il suo sostegno ma non possiamo smettere di combattere il terrorismo”, ma la realtà è che le forze di Haftar si trovano ormai alle porte della capitale Tripoli a seguito dell’offensiva lanciata il 4 aprile, ed il generale teme che temporeggiando venga a perdersi l’impulso dell’operazione.Al contrario il premier “di Tripoli”, Fayez al-Serraj, ha ieri accettato la tregua, elemento questo necessario per avviare la conferenza di Berlino sulla crisi libica, patrocinata dall’Onu.
Così non solo le diplomazie europee non vengono ascoltate dai libici, ma sembrerebbe fallire il proposito di Erdogan e Putin di portare in Libia quella “pax” introdotta in Siria con gli accordi di Astana.
Per quanto, come in Siria, vi sia una sovrapposizione di conflitti, si pensi a quello del Qatar contro l’Arabia Saudita e gli EAU o a quello dei Fratelli Musulmani contro i salafiti e i vari islamisti al soldo di Ryad, il tessuto sociale è nettamente diverso, basti pensare alle 135 tribù esistenti, molte delle quali variano il proprio atteggiamento a seconda degli interessi.

Khalifa Haftar con miliziani madahkilisti.