Libia. Il comandante della Guardia Costiera, ‘la decisione di chiudere i porti ha quasi azzerato le partenze’

Il caso Open Arms, 'Abbiamo recuperato tutti, non abbiamo lasciato nessuno'

a cura di Vanessa Toassini

“No, nulla di tutto questo. Questa è una menzogna. La nostra missione è salvare vite umane non lasciarle morire in mare! Ma allora che cosa stiamo a fare intere giornate a largo, dimenticando le nostre famiglie? Io soprattutto, sono sempre in mare, lasciando a casa i miei bambini per cercare di essere presente, e poi lascerei una donna e un bambino vivi in alto mare? Ma come si fa ad inventare una roba del genere? Ma allora a cosa servono tutti i nostri sforzi? Non è vero. Mi creda, le ho sempre parlato francamente, io e i miei uomini non lavoriamo in questo modo. Questa è una recita, una commedia, non so quali siano le loro agende che li portano ad inventare storie come queste” . A parlare è il comandante delle motovedette della Guardia Costiera libica, Abu Ajila Abdelbari, che non ci sta alle accuse mosse da Open Arms di una donna ed un bambino lasciati morire in mare. Stanco, ma fiero del suo lavoro, il colonnello Abu Ajila appena tornato da un’intera giornata di navigazione.

“Ad ogni modo tra ieri ed oggi le partenze sono diminuite, non ci sono state emergenze…”, precisa.

– Perché?
“Questo è il risultato della chiusura dei porti in Italia. Sono certo che è stata una buona decisione, i migranti in mare sono diminuiti e ci sono sempre meno barche alla deriva” .

– Colonnello, alcuni quotidiani italiani hanno riportato che voi della Guardia Costiera libica affondate i gommoni o i barconi ancora con la gente a bordo, in modo che così sono costretti a salire sulle vostre imbarcazioni, perché altrimenti si rifiuterebbero di tornare in Libia. È vero?
“Ahahah (ride). Perché dovrei fare una cosa del genere? Io sono umano, sono un uomo! Io non sono un assassino. Perché? Lei crede a questo?”

– Non lo so colonnello…
“Ahahahah (ride ancora). Certamente ognuno deve cercare di far valere la propria agenda, ma non in questo modo. Questo mi dispiace molto, è incredibile! Come possiamo fare una cosa del genere? Noi andiamo in mare per salvare le persone! Queste sono tutte fabbricazioni da parte di chi sta vedendo venire meno i propri interessi, o storie inventante dai media per motivi politici. Di certo non è la verità”.

– La Guardia Costiera è sotto il controllo del ministero della Difesa, corretto?
“Sì, corretto”.

– Ma il ministro al momento risulta sospeso. Così voi a chi rispondete?
“Noi siamo sotto il controllo della Marina Militare al momento, il mio diretto superiore è il generale del comando della Guardia Costiera libica, Abdallah Toumia, che risponde al quartier generale della Marina ora sotto l’egida dell’ammiraglio Abdel Hakir Abokalir” .

– E chi paga il vostro salario?
“Il ministero della Difesa”.

– A quanto ammonta?
“Beh lei sa che la situazione economica è molto difficile in questo momento in Libia, ad ogni modo il mio salario si aggira intorno ai mille dinari libici”.

–Colonnello Abu Ajila, nelle vostre operazioni utilizzate anche armi? O meglio, il ministero vi fornisce un armamento?
“No. Abbiamo una sola imbarcazione armata, si chiama al-Kehfa ed è sotto il mio controllo. Questa imbarcazione viene utilizzata solamente in situazioni speciali, ossia quando dobbiamo affrontare i trafficanti di petrolio. L’ho usata in passato in un’operazione contro i trafficanti internazionali, dove era coinvolta anche la mafia, di fronte alle coste di Zuara, ma ora non la stiamo adoperando. Solitamente usciamo con le motovedette classe Bigliani donate dall’Italia e non ci sono armi a bordo. Davvero, noi abbiamo a che fare con le persone, con i migranti, non abbiamo bisogno di armi. Non è pericoloso”.

– Lei sa che ci sono stati diversi membri della Guardia Costiera libica che sono stati inseriti nelle liste di sanzioni dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Lei sa tutto ciò che fanno le persone che lavorano con lei? Si fida dei suoi uomini al cento per cento?
“Tutte le persone che lavorano sotto il mio comando, lavorano in modo ineccepibile. Ne sono certo, perché li controllo step by step. Lavorano bene. Le persone a cui lei si riferisce non lavorano più nel nostro corpo della Guardia Costiera, sono stati rimossi e sono sotto indagine”.

– Chi controlla ora la motovedetta di Zawiya che era in mano proprio ad uno di questi personaggi sanzionati dall’Onu?
“La motovedetta di Zawiya è ora sotto il mio controllo nella base di Tripoli”.

– A Zawiya e Sabratha c’è o no la Guardia Costiera ora?
“In Zawiya è presente la Guardia Costiera, gli ufficiali sono stati sostituiti con persone affidabili e non ci sono più scontri tra bande come in passato. A Sabratha invece, cosi come a Zuara, la Guardia Costiera non è presente in quanto essendo due centri più lontani non siamo in grado di controllare il loro operato, così gli uomini sono stati fermati ed ora quelle coste sono sotto il nostro controllo. Siamo molto concentrati sul nostro lavoro, dividiamo le motovedette in due versi, ad Est ed Ovest, ossia alcune motovedette navigano le acque da Tripoli verso la città di Zuara, mentre altre vanno da Tripoli verso Misurata”.

– Quando tempo impiega da Tripoli ad arrivare a Zuara?
“Ieri sera con la nostra barca più veloce sono state necessarie due ore. In genere sono due, massimo tre ore a seconda dell’imbarcazione”.

– Se c’è un gommone in difficoltà non crede che due o tre ore siano tante?
“No, assolutamente. Le spiego perché. Sono necessarie due o tre ore solamente se la motovedetta parte da Tripoli fino a Zuara, ma ogni giorno noi stiamo avendo almeno una motovedetta in quell’area riuscendo a salvare centinaia di persone che vengono riportate a terra a Tripoli. Ogni giorno c’è una motovedetta di fronte a Zuara ed una più o meno all’altezza di Garabulli”.

– Quindi in questo momento che noi stiamo parlando, sono le 20,05 di lunedì 23 luglio, c’è una motovedetta di fronte a Zuara?
“No, di solito partiamo verso mezzogiorno, ma ieri e l’altro ieri siamo stati in mare tutta la notte. Ormai sappiamo che i trafficanti aspettano il buio per imbarcare i migranti, anche dopo la mezzanotte, perché durante il giorno c’è gente sulla spiaggia, c’è movimento soprattutto d’estate, e quindi i trafficanti non sono liberi di agire”.

– Da chi ricevete queste informazioni?
“Abbiamo diverse fonti, dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto (MRCC) di Roma e Malta alla Marina, dai pescatori alla gente del posto, nonché i trafficanti che sono stati fermati. Abbiamo diverse fonti”.

–Quindi è impossibile che ci sia una barca di migranti che sta partendo ora?
“Impossibile”.

– Perciò cosa è successo con la donna e il bambino che sono morti in mare, c’era una motovedetta lì?
“Grazie per questa domanda. La motovedetta intervenuta quella sera era sotto il mio comando, Raz Ajader e noi quella notte abbiamo tratto in salvo tutti. Abbiamo ricevuto l’informazione da parte del MRCC di Roma intorno alle 17,00 che ci avvertiva di un’imbarcazione alla deriva a circa 77 miglia nautiche da Tripoli. I migranti sono stati in mare per 3 giorni. Abbiamo recuperato tutti, non abbiamo lasciato nessuno”.

– Ma c’era o no questa donna morta col bambino?
“No, abbiamo recuperato una donna, ma il suo bambino era già morto. Fortunatamente sulla nostra barca c’era una giornalista tedesca che si chiama Nadia e ha fornito il resoconto di quanto accaduto”.

– Colonnello, mi ha detto che conoscete gli orari di partenza, sapete anche da dove?
“Certamente sì, sappiamo quali sono i principali punti caldi, ma il nostro lavoro come Guardia Costiera è quello di lavorare in mare, non abbiamo alcuna possibilità di controllare la terra ferma”.

-E allora chi controlla l’interno?
“Non lo so, ci sono altre forze che sono addette a questo lavoro. Il controllo della terra ferma spetta ad altre autorità che fanno capo al ministero dell’Interno, credo…”.

– Come le forze speciali deterrenti della RADA?
“La situazione in Libia è molto complicata, ci sono tantissime milizie”.

– Non vi coordinate con le forze attive a terra?
“No, noi ci coordiniamo solamente con i MRCC di Roma, Malta e Tunisia e con il centro operativo della Marina ed altre navi nel Mediterraneo”.

– Mi dica le cose come stanno, non c’è un coordinamento con le forze di terra perché in realtà non c’è nessun controllo?
“No non c’è un controllo reale del territorio, la milizia RADA che lei diceva prima è sotto il controllo del Ministero dell’Interno ed opera all’interno della capitale Tripoli, stanno provando ad ampliare il controllo anche fuori, ma è molto difficile. Tornando a noi, i maggiori punti caldi da cui partono i migranti in questo momento sono Garabulli, Zuara ed altri punti distanti da Tripoli. Così le forze di questi distretti devono assumersi le loro responsabilità e combattere i trafficanti. Andare da Tripoli a Zuara è impossibile in questo momento, così il ministro dell’Interno ed ogni città dovrebbe assumersi le proprie responsabilità, soprattutto in questo particolare periodo che sta affrontando la Libia. La gente di Zuara dovrebbe affrontare questa situazione e perseguire i trafficanti di esseri umani. Non c’è altra soluzione”.

– Solitamente i trafficanti sono a bordo delle imbarcazioni con i migranti o li caricano e li lasciano partire da soli?
“In passato, c’erano due possibilità, due tipi di biglietto per il viaggio via mare: uno più economico in cui i migranti venivano abbandonati al loro destino tra le onde, o uno con le protezioni, in cui il viaggio veniva compiuto dagli stessi trafficanti. Come una compagnia di viaggi! Con il biglietto di viaggio più costoso, i migranti venivano scortati dai miliziani armati e consegnati alle ONG, ma ora che sono stati scoperti e che l’attenzione è aumentata verso queste organizzazioni, i trafficanti hanno paura e non lo fanno più. Sono più di otto o nove mesi che non incontro più trafficanti in mare”.

– All’inizio della nostra conversazione mi diceva che le partenze sono diminuite come conseguenza della decisione italiana di chiudere i porti. Pensa che i trafficanti si preoccupino della vita delle persone o che i migranti nei centri di detenzione abbiano accesso ai media o accedere alle notizie?
“No. Questo dipende dai migranti non dai trafficanti. Ormai si è sparsa la voce che non c’è più nessuna chance di andare in Italia, quindi le persone che arrivavano dal sud del continente hanno rinunciato a compiere il viaggio. Ormai quasi tutti i centri di detenzione nella zona occidentale ricevono le visite del personale delle agenzie delle Nazioni Unite, con le quali lavoriamo a stretto contatto ogni giorno. IOM ed UNHCR stanno organizzando rimpatri volontari e i trasferimenti in altri paesi per coloro che ne hanno diritto come rifugiati. Ci sono moltissimi trafficanti che ogni giorno venivano dal sud della Libia verso la costa, ma ormai non hanno più clienti, perché i migranti hanno capito che perderanno solamente i loro soldi. Molti centri di detenzione sono stati chiusi, ad esempio a Tripoli prima c’erano più di 6 centri di detenzione migranti, ne sono rimasti 3 che sono sotto il controllo del ministro dell’Interno e ai quali le agenzie Onu hanno pieno accesso”.