Libia. La lista “di Tobruk” dei terroristi legati al Qatar

di Vanessa Tomassini

Il coinvolgimento del Qatar nella questione libica è evidente. Di recente la Commissione Nazionale per i Diritti Umani ha indicato l’ex emiro Hamad al-Thani come il mandatario dell’assassinio del rais Muammar Gheddafi, ed Egitto, Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi hanno stilato lo scorso giugno l’elenco dei terroristi che comprende diversi elementi libici, tutti collegati a Doha. Alla lista è seguito un altro elenco simile rilasciato quasi contemporaneamente dalla Camera dei Rappresentati libica (governo “di Tobruk”), ma in questi giorni anche l’intelligence francese ha confermato il coinvolgimento dell’emirato in Libia, spiegando che non si limiterebbe soltanto al sostegno economico e a fornire armi, ma al reclutamento di giovani. Tra i primi a dichiararlo tramite un tweet è stato Salman al-Ansari, fondatore e presidente dell’organizzazione Saprac, con sede a Washington.
In questo quadro cerchiamo di capire chi sono e cosa fanno gli individui libici segnalati dalle due liste del terrorismo. Nel primo elenco emesso dai Paesi del Golfo compaiono:

Abd al-Hakim Belhaj, un presunto militante, presidente del partito politico egiziano Hizb al-Watan, presumibilmente finanziato dal Qatar. Belhaj è stato un membro del Gruppo dei combattenti islamici libici (LIFG) e leader del Consiglio militare di Tripoli post rivoluzionario. Gli analisti dell’Arabia Saudita ritengono che abbia ricevuto supporto economico e militare dal Qatar durante la rivoluzione del 2011.

Mahdi al-Harati, un cittadino irlandese di origine libica con esperienza militare in Kosovo e Iraq. Harati è tornato in Libia dall’Irlanda proprio durante la rivoluzione del 2011, prendendo il comando della Brigata di Tripoli. Dopo aver ricoperto il ruolo di sindaco di Tripoli fino al 2015, al-Harati ha compiuto diversi viaggi in Siria, portando con sé giovani miliziani libici, viaggi finanziati dal Qatar, secondo il Libian National Army (LNA).

Ali Muhammad al-Salabi, islamista di seconda generazione, è stato condannato a otto anni di carcere all’età di 18 anni perché sospettato di far parte di un complotto per uccidere Gheddafi. Leader intellettuale e spirituale della Fratellanza Libica, si presenta spesso come un sostenitore della democrazia e dei diritti umani, fingendo di partecipare agli sforzi internazionali per combattere il terrorismo. Al-Salabi, in realtà, ha sviluppato legami con il Qatar a partire dal 2009, quando l’emirato ha finanziato un’iniziativa di de-radicalizzazione per i membri imprigionati del LIFG. Allo scoppio della guerra civile, nel 2011, Salabi tornò in Libia facendo da condotto locale per le armi qatarine, fonte per l’intelligence e la formazione militare. Attualmente risiede in Qatar, dove ha ottenuto la cittadinanza, ma ci sono prove dei suoi contatti con gli altri due nomi sopra citati e con il fratello, Ismail Muhammad al-Salabi, anche lui nella lista. Ismail è stato imprigionato da Gheddafi nel 1997 e rilasciato nel 2004. È stato comandante della milizia Raffalah Sahati e principale destinatario delle armi provenienti dall’emirato, trasportate dal fratello. Si è scontrato più volte dal 2014 con LNA di Haftar, facendo parte della Brigata del 17 febbraio. Secondo i servizi arabi, Ismail ha un rapporto stretto con il capo dell’intelligence qatarina, Ghanim bin Khalifa al-Kubaisi.

Al-Sadiq Abd al-Rahman Ali al-Gharaini, 75 anni è stato fino a poco tempo fa il controverso Gran Mufti della Libia e capo del Dar al-Ifta, l’ufficio responsabile delle Decisioni religiose. Il Mufti considera il generale Haftar, e chi sotto di lui, come “infedeli” e ha chiesto la distruzione della HoR, che ha votato per liberarlo nel novembre 2014. È considerato uno dei principali estremisti finanziati da Doha.

Oltre ai singoli elementi, nell’elenco stilato dai Paesi arabi, le Brigate di difesa di Bengasi (BDB). Si tratta di una coalizione di soldati, islamisti e rivoluzionari, che ha giurato fedeltà al Mufti al-Ghariani. Furono gli autori del brutale attacco alla base aerea di Brak al-Shatti il 18 maggio scorso ed avevano provato, fallendo, ad occupare il distretto di Giofra (o al-Jufra). Sconfitto dal LNA, il gruppo si è trasferito a Sabratha. Il BDB, notando il ruolo militare attivo dell’UAE nel conflitto libico e il suo sostegno al “criminale di guerra” Haftar, ha descritto l’elenco come una fabbricazione progettata con l’intento di imporre “restrizioni politiche a chiunque costituisca una minaccia per il tentativo di egemonia dell’UAE su tutta la regione. Il gruppo aveva anche dichiarato ai media libici l’esistenza di un complotto francese con i Paesi arabi per occupare l’ex colonia italica.
Nell’elenco emesso dalla Camera dei Rappresentanti (HoR) di Tobruk, vengono indicate organizzazioni ed elementi per la maggior parte basati in Tripolitania. La lista seppur legittima, necessita di una scrematura in quanto costituita in maggioranza da esponenti e gruppi politici avversari di Haftar, del LNA o della stessa HoR. Ad ogni modo vengono fornite informazioni e descrizioni ben dettagliate di rappresentanti spesso legati ad al-Qaeda ed altre organizzazioni terroristiche.
In particolare compaiono 24 membri della Fratellanza musulmana libica, lo stesso partito ha definito l’inclusione dei suoi membri su una “lista terroristica” come una “diffamazione”. Molti di questi sono residenti a Doha, capitale del Qatar, e ricevono finanziamenti dall’Emirato. Tra questi quelli degni di nota sono: Muhammad Sawan presidente dell’ala politica della Fratellanza Musulmana, Hizb al-Adala wal-Tamiyya. Sawan fu fatto prigioniero durante l’epoca Gheddafi. Ahmad al-Suqi, capo della Fratellanza musulmana libica, fu eletto nell’ottobre 2015. Nizar Kawan, membro del Libyan State Council. Fawzi Bukatif, l’attuale ambasciatore libico in Uganda, che dopo la pubblicazione della lista aveva dichiarato in un’intervista al “Libia Herald” di non essere contro Haftar o l’HoR, ma di non essere d’accordo con quello che stanno facendo. “Sembra che vogliono combattere e uccidere chiunque non sia d’accordo con loro” aveva detto.
Nella lista vengono inclusi molti esponenti del governo di Tripoli, collegabili all’associazione terroristica Dar al-Ifta e associati di Sadiq al-Ghariani. Tra questi il direttore dell’ufficio tripolino del ministero di Awqaf (dotazioni religiose), il canadese di origine libica Abd al-Basit Ghwaila. Amico stretto del padre dell’attentatore di Manchester, Salman Abedi. Suo figlio Awais, invece, è stato ucciso combattendo a fianco degli estremisti a Benghasi nel 2016. Insieme a Gwaila, Salem Jaber e Hamza Abu Faris, esperti religiosi libici salafiti frequentatori di diversi salotti televisivi arabi. Quest’ultimo è l’ex ministro degli affari islamici ed è descritto nell’elenco come “istigatore al jihad”.

La connessione con gli attentati di Manchester e Londra.
Le indagini degli inquirenti inglesi sull’attentato del 22 maggio a Manchester, durante il concerto di Ariana Grande, e quello successivo del 3 giugno a Londra, hanno rivelato la partecipazione diretta ed indiretta di diversi elementi libici. I più importanti di questi sono:

Tahir Nasuf, uno dei fondatori LIFG che viveva a Manchester. Era stato direttore dell’organizzazione principale di raccolta fondi del gruppo, l’agenzia al-Sanabel Relief Agency, oggi smantellata. I finanziamenti arrivavano da Sanabel Abu Anas al-Libi, in Afghanistan, riconosciuto come uno degli autori degli attentati del 1998 alle ambasciate statunitensi a Nairobi e Dar al-Salaam. Nasuf compariva anche nell’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite dal 2006 al 2011.

Khalid Tawfik Nasrat, ex leader di LIFG e padre di Zuhair Nasrat, uno dei sospettati, arrestato presso la casa della famiglia a Manchester durante le indagini. Nella stessa abitazione si è fermato spesso anche Salman Abedi. Nasrat ei suoi due figli più anziani – secondo il Daily Mail del 9 giugno- sarebbero tornati in Libia per combattere la rivoluzione del 2011.

Abd al-Basit Azzouz, dopo aver combattuto in Afghanistan è stato membro del LIFG ed è arrivato a Manchester nel 1994 insieme ad altri componenti del gruppo libico. Fu arrestato nel 2006 dalla polizia britannica per presunti legami con al-Qaeda e tenuto in cella per oltre nove mesi, prima di essere liberato con cauzione. Azzouz è partito per il Pakistan ed è stato nominato capo delle operazioni libiche di al-Qaeda proprio dal leader al-Zawihiri, nel maggio 2011. Esperto di esplosivi, Azzouz ha avuto sotto di sé circa 200 reclute in Libia. Sospettato di essere coinvolto nell’attacco del 2012 al consolato americano a Bengasi, è stato indicato nel 2014 dal Dipartimento di Stato americano come uno dei dieci “terroristi globali più pericolosi”. È stato arrestato in Turchia nel 2014 in un’operazione congiunta delle forze turche e della CIA. È stato inviato in Giordania, prima dell’espulsione negli USA, dove lo attendeva il processo. Mentre le fonti turche lo davano per morto, per le autorità americane è tornato in libertà, come dichiarato dall’ONU nel settembre del 2016.

Bashir Muhammad al-Faqih è descritto nell’elenco come “il leader spirituale di al-Qaeda e del LIFG in Libia”. Residente a Birmingham, l’ex membro del LIFG è stato condannato a quattro anni di carcere nel 2007 per crimini minori di stampo terroristico. Nel 2014 ha fatto appello alla Corte di Giustizia che ha rovesciato la sentenza e restituito il suo passaporto.

Infine nella lista della Camera dei Rappresentanti libica si fanno nomi e cognomi di diversi esponenti del Libyan State Council, sui quali starebbe indagando anche la Direction Générale de la Sécurité Extérieure (DGSE), l’agenzia di spionaggio francese operante fuori dai confini. Tra questi lo stesso presidente del Libyan State Council, Abd al-Rahman al-Shaibani al-Suwehli e l’islamista politico Omar al-Hassi. L’HoR fornisce infine prove di alcuni finanziatori del sedicente Stato Islamico in Libia, come Ali al-Safrani e Abd al-Hadi Zarqun (alias Abd al-Hadi al-Warfali) e l’ex comandante di Ansar al Sharia a Bengasi, Mahmoud al-Barasi.
La lista libica risulta essere più dettagliata e pesante con gli esponenti politici avversari dell’uomo forte della Cirenaica Haftar, mentre risulta “svuotata” nella parte dove vengono citati i terroristi legati a Daesh ed al-Qaeda, probabilmente proprio per i fini politici che ci sono dietro. Ad ogni modo, il coinvolgimento terroristico di molti soggetti è ampiamente documentato. Resta da capire se la lista di Egitto ed Emirati rappresenti più un sostegno al generale di Tobruq, piuttosto che uno strumento per la lotta al terrorismo. È lecito chiedersi: chi garantisce che l’HoR non abbia dimenticato di inserire qualche nome nella lista, magari riconducibile alle loro file? La stessa Francia sostiene Khalifa Haftar, siamo sicuri che i risultati delle indagini non rappresentino un ulteriore tentativo per far in modo che il generale giunga alle elezioni senza avversari?

Vanessa Tomassini – www.laintervista.eu