Libia. L’impegno della conferenza di Parigi per sostenere il processo politico e di stabilizzazione

di Enrico Oliari

Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, il presidente del Consiglio Mario Draghi, la cancelliera Angela Merkel, il presidente del Consiglio presidenziale della Libia Mohamed al-Mnefi ed il primo ministro libico Abdel Hamid al-Dbeibah si sono incontrati a Parigi per discutere del processo politico libico, insieme ad una ventina di capi di stato e di governo. Rappresentati dai ministri degli Esteri Mevlut Cavusoglu e Sergei Lavrov i presidenti di Turchia, Recep Tayyp Erdogan, e di Russia, Vladimir Putin. Assenze quelle dei due capi di stato che hanno pesato, con Erdogan che ha voluto significare la sua assenza per la partecipazione alla conferenza di Grecia, di Cipro e di Israele.
Il disegno chiave sul quale ha insistito il premier italiano è la necessità dell’interesse europeo per la stabilizzazione del paese, per la quale servono innanzitutto il ritiro dei mercenari di ogni paese, la tutela dei diritti umani, la ripartizione della produzione delle risorse energetiche e una risposta comunitaria al problema del traffico dei migranti. Su quest’ultimo tema Draghi ha ribadito che è l’Unione Europea a doversi fare carico di un accordo, e non solo l’Italia, paese che per primo sente la pressione dei migranti che attraversano il Mediterraneo.
Nella conferenza stampa congiunta è stato spiegato che vi è pieno sostegno al Piano d’azione ideato dal “5+5” (5 militari del Governo riconosciuto e 5 delle forze di Khalifa Haftar) per il ritiro di “mercenari, foreign fighter e forze straniere dal territorio libico”, e nel paese nordafricano ancora sono in armi ciadiani pagati dagli Emirati Arabi uniti, contractor russi e di mezzo mondo, nonché militari turchi rimasti dopo il ritiro seguito alla difesa di Tripoli. Proprio la Turchia ha espresso riserve per il pericolo di iniziative da parte delle forze di Haftar, e la cosa è stata aggiunta in una nota a calce della dichiarazione.
La questione dell’equa distribuzione delle risorse è centrale in un paese che esiste solo sulla carta, dove le circa 130 tribù rappresentano ancora oggi uno stato nello stato con un egoismo esasperato dal conflitto, e si accompagna all’impegno per il funzionamento della Banca centrale libica.
Ovviamente nella dichiarazione è stato ribadita la necessità del consolidamento del cessate-il-fuoco e della sicurezza, come pure del rispetto dei diritti umani.
Alla conferenza di Parigi è stato fatto notare che da un anno e mezzo non si combatte in Libia, ma anche che “chi tenterà di ostacolare le elezioni del 24 dicembre”, che devono essere “libere, inclusive, corrette e credibili”, “verrà deferito alla Commissione sanzioni delle Nazioni Unite”.