Libia. Nuovo tentativo di costruire un governo di unità nazionale

di Giuseppe Gagliano –

Nuovo tentativo ti normalizzazione del tessuto politico della Libia, che vede di fatto due realtà contrapposte con il governo riconosciuto di Tripoli e il Parlamento, cioè la Camera dei rappresentanti, a Tobruk, sotto il controllo del generale Khalifa Haftar. Il tutto in un quadro tradizionale libico che vede l’esistenza del paese solo sulla carta, con 135 tribù che di fatto si autogovernano e che mutano facilmente le loro alleanze.
A Bouznika, in Marocco, le due parti si sono incontrate per azzardare un nuovo accordo preliminare tra le forze politiche della Libia: si tratta della formazione di un governo unificato con rappresentanti dell’est e dell’ovest del Paese. Una promessa che, almeno sulla carta, potrebbe segnare un primo passo verso la fine di una crisi che dura ormai da anni. Ma, come spesso accade nella travagliata storia recente della Libia, l’entusiasmo va bilanciato con una sana dose di scetticismo.
Secondo Sara al-Sweih, membro della Camera dei rappresentanti libica, l’accordo non si limita alla creazione di un governo unificato. Prevede anche la formazione di un comitato congiunto incaricato di rivedere i criteri di nomina dei rappresentanti, di definire un processo per le candidature e di stabilire un meccanismo di selezione. Questi dettagli tecnici indicano un progresso tangibile nelle discussioni tra le fazioni dell’est e dell’ovest.
Le discussioni, iniziate il 18 dicembre, rappresentano il settimo ciclo di negoziati tra le forze politiche libiche, sempre sotto la mediazione del Marocco. Bouznika è diventata il palcoscenico simbolico di questi tentativi di mediazione, ma resta da capire quanto l’accordo possa tradursi in un cambiamento concreto in un Paese frammentato da anni di conflitti interni e influenze esterne.
La creazione di un governo unificato è solo uno dei tanti nodi da sciogliere. L’ONU, attraverso la Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL), ha annunciato l’istituzione di un comitato consultivo per elaborare soluzioni alla crisi e definire una road map per le elezioni. Questo comitato includerà esperti, figure politiche di entrambe le fazioni e rappresentanti di diversi ambiti sociali e culturali.
Tuttavia il vero problema della Libia non è solo la mancanza di un governo unificato. Il Paese è diviso non solo politicamente ma anche militarmente e territorialmente. Da una parte il governo di Tripoli, sostenuto da potenze come la Turchia; dall’altra, l’est controllato dall’Esercito Nazionale Libico di Khalifa Haftar, appoggiato da Emirati Arabi Uniti, Egitto e, a tratti, dalla Russia. Nel mezzo, una popolazione stremata dalla violenza, dall’instabilità economica e dalla corruzione.
Ogni passo verso la stabilità libica si scontra con un elemento che nessuna mediazione interna può ignorare: le influenze esterne. La Libia è diventata un campo di battaglia per le potenze internazionali, ciascuna con i propri interessi strategici. Il petrolio libico, le rotte migratorie verso l’Europa e l’equilibrio geopolitico del Mediterraneo sono le poste in gioco.
Le negoziazioni di Bouznika rappresentano certamente un segnale positivo, ma non bisogna dimenticare che accordi simili sono stati raggiunti in passato per poi crollare sotto il peso di rivalità locali e pressioni esterne. Perché questa volta dovrebbe essere diverso?
L’accordo raggiunto in Marocco è senza dubbio un passo avanti, ma le domande fondamentali rimangono. Come verrà garantita l’effettiva implementazione di un governo unificato? Come verranno risolti i conflitti tra le fazioni armate? E, soprattutto, chi garantirà che le potenze straniere smettano di usare la Libia come una scacchiera per i propri giochi di potere?
La Libia è in bilico tra speranza e fallimento. Se da una parte l’accordo di Bouznika potrebbe rappresentare un momento storico, dall’altra c’è il rischio che resti l’ennesimo documento firmato e dimenticato. Alla fine, sarà il popolo libico, più che i negoziatori, a sopportare il peso delle conseguenze.