Libia. Salamè, ‘divisioni nel Consiglio di sicurezza, non è stato chiesto il cessate-il-fuoco’

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L’inviato speciale dell’Onu per la crisi libica, Ghassan Salamé, è intervenuto al Med Dialogues per ribadire che l’offensiva del generale “di Tobruk” Khalifa Haftar, in corso dal 4 aprile su Tripoli “deve essere fermata”. Esprimendo un certo rammarico anche a seguito di ben 15 riunioni del Consiglio di sicurezza che hanno portato alla luce divisioni per gli interessi più disparati, Salamè ha rilevato che “non è mai stato chiesto” unanimemente “il cessate-il-fuoco”, anche perché si è andata creando una “polarizzazione a livello regionale e a livello internazionale”, con “interferenze esterne che hanno comportato l’aumento degli “approvvigionamenti di armi, e noi non possiamo permettere che questo accada all’infinito”. “Da aprile – ha continuato – si contano 800 attacchi con droni da parte dell’Lna (esercito di Haftar, ndr.) e circa 270 da parte del governo di Tripoli”. Ha poi notato che “una delle due parti fa più affidamento dell’altra sulle forniture esterne”, con evidente riferimento ad Haftar, il quale è costantemente rifornito di armi in barba alle disposizioni Onu dall’asse emiratino-egiziano.
Salamé pone fiducia quindi nel “processo di Berlino”, per quanto il ministro degli Esteri del governo di unità nazionale libico, Mohamed Taher Syala, abbia fatto notare che “sussiste il rischio che la conferenza di pace inizi con le truppe di Haftar già dentro Tripoli”. “Se tale ipotesi si verificasse – ha aggiunto il ministro – sarebbe una guerra casa per casa, un bagno di sangue”.