Libia. Tripoli è nel caos. Al-Serraj dichiara lo stato di emergenza

di Vanessa Tomassini

Il Consiglio presidenziale del Governo di Accordo Nazionale ha annunciato lo stato di emergenza a Tripoli e nei suoi dintorni, data la gravità della situazione e per tutelare l’interesse pubblico. La decisione arriva – si legge in una nota – con l’obiettivo di proteggere i civili, la proprietà pubblica e privata e le istituzioni vitali nella capitale. Il Consiglio presidenziale ha inoltre annunciato la costituzione di un comitato per attuare le disposizioni in materia di sicurezza contenute nell’accordo politico a Tripoli e in altre città della Libia. Il presidente Fayez al-Serraj ha sottolineato che ciò che sta accadendo rappresenta una manomissione della sicurezza nella capitale e danneggia la sicurezza dei cittadini, oltre ad ostacolare il processo politico. “Tali attacchi non possono essere più tollerati. Chiunque stia tentando di sfruttare l’attuale situazione di sicurezza per commettere pratiche che danneggiano i cittadini o li intimidisca, incorrerà a gravi conseguenze”, avverte la dichiarazione.
La decisione di Fayez al-Serraj arriva a seguito della ripresa delle sparatorie in città tra i vari gruppi armati riconosciuti e non dallo stesso governo, dopo alcune ore di calma in mattinata. Diverse persone riferiscono proprio in questo momento che è riscoppiato il caos e temono per la loro vita. Al momento si crede che almeno 20 gruppi armati, più o meno numerosi, provenienti da altre città e sobborghi si siano uniti in battaglia, schierandosi con una o l’altra fazione con l’unico scopo di assumere il controllo della capitale e proteggere i propri interessi.
Tra l milizie che si scontrano gli occhi sono puntati su l’ex membro del primo parlamento rivoluzionario libico e comandante del gruppo armato Fajr Libia di Misurata, Salah Badi, responsabile della distruzione dell’aeroporto internazionale di Tripoli nel 2014.
La Settima brigata, una milizia riconosciuta dal ministero della Difesa, supportata da altri gruppi provenienti dalla regione centrale ha sferrato un duro attacco ad Abu Selim, mentre diversi prigionieri, si pensa ad un migliaio, sono riusciti a scappare tra i tafferugli dalle carceri di Ain Zara, a sud di Tripoli.
Ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha condannato fermamente gli scontri incessanti che hanno visto l’uccisione di tanti civili, compresi diversi bambini. La Libyan Red Crescent, la Mezzaluna Rossa, ha affermato di aver ricevuto in poco più di 48 ore almeno 400 telefonate di richieste di aiuto dalle famiglie nelle aree degli scontri, ai numeri di telefono di emergenza. Il cessate il fuoco concordato dalle varie parti venerdì, con la facilitazione delle Nazioni Unite, non ha retto o meglio non è mai stato rispettato. La giornata di sabato è iniziata con le immagini di due razzi o colpi di mortaio che hanno colpito l’Hotel al-Waddan, lungo la strada costiera a meno di 100 metri dall’ambasciata d’Italia a Tripoli. Alcuni sostengono che quei colpi erano destinati alla sede della missione diplomatica italiana, tuttavia non è possibile affermarlo con certezza, sia perché non è ancora chiaro chi è stato a spararli alle 5,50 del mattino, sia perché i colpi di mortaio vaganti sono proprio il pericolo maggiore di questa guerra. Basti pensare che due bambini sono stati uccisi nell’area di al-Furjan, due giorni fa, raggiunti da un razzo lanciato almeno a 7 km di distanza, dove si stava consumando lo scontro più vicino. I media locali e i cittadini hanno scattato foto che mostravano danni ad abitazioni, cliniche, scuole e palestre nell’area di Ben Ashour dove ha sede l’ufficio del primo ministro, ma anche a Girgarish, Ghoat Shaal, Khala al-Furjan, Ben Gashir, Ain Zara e nella zona dell’aeroporto militare di Mitiga.