Libia. Via libera del parlamento turco all’invio di militari

di Shorsh Surme

Nonostante le defezioni ai livelli massimi, il partito del “sultano-presidente” Recep Tayyp Erdogan (AKP, Partito della Giustizia e dello Sviluppo) appare sempre più compromesso.
Solo tra mese di agosto 2018 e a luglio 2019 il partito di Erdogan ha infatti perso circa 800 mila iscritti, in particolare dopo l’ondata di dimissioni di esponenti tra cui quella dell’ex ministro delle Finanze, Ali Babacan di Hasim Kilic, ex presidente della Corte Costituzionale, di Besir Atalay, ex ministro dell’Interno, di Mehmet Simsek, ex ministro delle Finanze, e lo scorso 13 settembre dell’ex primo ministro Ahmet Davutoglu. Quest’ultimo ha deciso di fondare un nuovo partito, il Partito Futuro (Gelecek Partisi).
Nonostante ciò il parlamento, che doveva votare il 7 gennaio prossimo, ha accelerato i tempi ed ha votato oggi con 325 deputati a favore e 184 contrari l’invio delle forze armate turche in Libia a sostegno del presidente del governo riconosciuto Fayez al- Sarraj. Un iniziativa che va letta, nella retorica, in nome della fratellanza musulmana, ma quella libica è una crisi che serve al presidente turco anche per distrarre l’elettorato e potenziare la Fratellanza Musulmana sia nel mondo arabo sia nel mondo islamico.
Non dimentichiamo che nella zona di Misurata sono presenti i militari dell’Italia, paese che finora ha svolto un ruolo fondamentale nel sostegno al vacillante Stato di al-Serraj.
Sono più di quattrocento i membri delle Forze Armate inviati da Roma nel Paese nordafricano, in massima parte impiegati nella missione di assistenza e supporto al governo di Tripoli, in quote minori impiegati nell’addestramento della locale guardia costiera o nelle missioni multinazionali dell’Onu e dell’Unione Europea.
Il presidente Usa, Donald Trump, ha invitato la Turchia ad evitare ogni “interferenza esterna” in Libia, ribadendo al soluzione politica della crisi nonostante in passato abbia palesato il suo sostegno al generale “di Tobruk” Khalifa Haftar. Questi si è portato con la sua offensiva, partita il 4 aprile, ormai alle porte di Tripoli, forte del sostegno e della fornitura di armi degli Emirati Arabi Uniti, dell’Egitto e dell’Arabia Saudita.
Il parlamento “di Tobruk” ha convocato per domani una seduta d’urgenza, ma il rischio è che altri paesi possano intervenire attivamente nello scenario libico trasformando il paese in una nuova Siria, dove vi sono stati più conflitti sovrapposti.