Libri. “Aleppo. Guerra e diplomazia”, di Marija Chodynskaja

di Giuliano Bifolchi * –

La guerra civile siriana scoppiata nel 2011 a seguito della cosiddetta ‘Primavera Araba’ è stata spesso argomento di discussione e analisi nel mondo diplomatico, accademico e dei media. In special modo, a seguito dell’intervento russo in appoggio al governo di Bashar al-Assad, sono state molteplici le notizie che si sono susseguite le quali accusavano Mosca e Damasco di azioni indiscriminate contro la popolazione civile creando una divisione nella diplomazia internazionale e nei media tra i sostenitori delle azioni dell’alleanza russo-siriana ed i detrattori.
Il conflitto siriano rientra all’interno dello scontro geopolitico che attualmente vede opposti la Russia e l’Occidente ed è stato interessato da una vera e propria guerra delle informazioni e propaganda mediatica, argomenti che sono stati presi in esame nella giornata di ieri presso la Fiera del Libro di Roma durante la presentazione del libro “Aleppo. Guerra e diplomazia” scritto da Marija Chodynskaya-Goleniščeva, diplomatica russa attualmente membro della Missione permanente della Federazione Russa presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite a Ginevra, e pubblicato da Sandro Teti Editore il cui intento era quello di fornire una versione differente e meno nota al pubblico italiano della guerra civile siriana.
Come sottolineato nella prefazione del libro da Aldo Ferrari, professore presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e responsabile del Dipartimento Federazione Russa, Caucaso ed Asia Centrale dell’ISPI, l’intervento russo in Siria ha avuto un duplice effetto nel panorama geopolitico perché ha permesso alla Russia di “ritornare al centro della scena politica internazionale” a seguito della Crisi Ucraina e delle sanzioni europee e di accresce il suo profilo internazionale grazie all’efficacia della lotta allo Stato Islamico, ed in generale al terrorismo internazionale, che fa da contraltare ai fallimenti dell’Occidente.
La stessa autrice durante la presentazione ha spiegato che il libro non nasce dalla volontà di obbligare il lettore a credere al suo contenuto ciecamente, anche se ha tenuto a precisare che quanto scritto è supportato da numerose fonti. L’obiettivo principale è invece quello di permettere al lettore italiano di esaminare la guerra civile siriana attraverso una narrativa differente che possa favorire la conoscenza delle motivazioni che hanno spinto la Federazione Russa ad intervenire in Siria tramite una strategia volta a supportare Bashar al-Assad e contrastare le diverse fazioni terroristiche presenti in loco con il fine ultimo di diminuire la diffidenza nei confronti dell’operato del Cremlino. A tal proposito è importante il capitolo della guerra dell’informazione dove Marija Chodynskaja sottolinea come molte delle notizie che accusano Mosca e Damasco di crimini di guerra non provengono direttamente dalla Siria ma da una serie di organizzazioni non governative internazionali che tuttora hanno sede negli Stati Uniti, Turchia oppure in Gran Bretagna. Il caso esemplare è quello dei Caschi Bianchi, organizzazione filoturca fondata nel 2013 con base in Turchia ma originariamente guidata dall’esperto di Intelligence e sicurezza britannica James Le Mesurier, che spesso ha diffuso notizie e video in cui si accusava la Russia di attaccare i civili siriani influenzando anche l’operato della Nazioni Unite. Comunicazione e guerra dell’informazione che hanno coinvolto la Siria, e che oggigiorno interessano altre zone di crisi o di conflitto come ad esempio l’Ucraina, che l’autrice del libro vede come elementi basilari della strategia degli Stati Uniti ai danni della Russia con l’obiettivo di screditare il Cremlino e favorire la distanza con l’Europa per il timore che Mosca e Bruxelles possano realmente cooperare e quindi estromettere Washington dalla politica nella regione euro-mediterranea.
Marija Chodynskaya dimostra invece nel suo libro attraverso fonti e l’esperienza diretta sul territorio di come questa informazione diffusa via web sia stata spesso infondata ed abbia invece offuscato il vero conflitto in cui Mosca e Damasco sono impegnati nel combattere le diverse organizzazioni terroristiche internazionali presenti sul territorio. Perché è il terrorismo che si sta combattendo in Siria, secondo quanto affermato nel libro e dallo stesso Cremlino: un terrorismo che in molti conoscono come solamente Stato Islamico ma sul territorio si differenzia in una moltitudine di organizzazioni che spesso si sono unite tra loro o hanno cambiato la propria leadership che rappresentano però una minaccia per la sicurezza regionale e sono ancora il nemico principale da sconfiggere in Siria. Terrorismo che soventemente si nasconde sotto il falso nome di ‘opposizione siriana’ oppure ne è penetrato al suo interno sfruttando la popolazione civile come mezzo di sensibilizzazione mediatica.
Terrorismo che è stato sin dagli anni ‘90 una minaccia nella stessa Federazione Russa se si pensa agli attacchi al teatro Dubrovka o nella scuola di Beslan dovuti ai gruppi di militanza armata presenti nel Caucaso del Nord, motivazione ulteriore che ha spinto il Cremlino a intervenire in Siria dove il numero dei foreign fighters provenienti dallo spazio post-sovietico (e quindi anche dalla regione nord caucasica) è sempre stato molto consistente. Secondo Marija Chodynskaya, quindi, il fatto che oggigiorno la Russia possa considerarsi un paese sicuro dipende anche dall’intervento e dal successo in Siria che ha permesso a Mosca di eliminare una ulteriore minaccia alla propria sicurezza.
E in tutto questo quale è il ruolo dell’Italia? Essendo un paese membro dell’Unione Europea il governo italiano mantiene le proprie posizioni sul conflitto siriano la cui soluzione è lontana però dall’essere raggiunta esistendo ancora lo scontro tra il governo di Damasco e l’opposizione (o le opposizioni) e la minaccia del terrorismo. Marija Chodynskaya evidenzia un’opportunità nel processo di ricostruzione del paese che potrebbe favorire il mondo imprenditoriale italiano facendolo partecipare ai progetti di realizzazione di infrastrutture in loco, e quindi producendo un beneficio economico per le stesse aziende italiane invece di indirizzare fondi economici dell’Italia per aiuti umanitari ad organizzazioni di cui è difficile comprenderne la reale missione.

  • Giuliano Bifolchi. Direttore della OSINT Unit della Association of Studies, Research and Internationalization in Eurasia and Africa, analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti e Relazioni Internazionali. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peacebuilding Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura specializzandosi in Open Source Intelligence (OSINT) applicata al fenomeno terroristico della regione mediorientale e caucasica. Attualmente svolge un progetto di ricerca in qualità di dottorando presso l’Università Tor Vergata di Roma.