L’innovazione digitale in Europa e Usa: un algoritmo sostenibile?

Cs SoftLab Spa

Nel seicentesco palazzo del Centro Studi Americani, SoftLab ha organizzato la prima di una serie di conferenze sulla trasformazione digitale. La sostenibilità dell’algoritmo, le differenze fra Europa e Stati Uniti, sono temi centrali dai quali partire per capire l’indirizzo delle politiche pubbliche e la gamma degli investimenti privati per realizzare nel concreto la trasformazione digitale.
La conferenza si è aperta con i saluti di Paolo Messa, direttore del Centro Studi Americani, che vede nel dialogo transatlantico uno snodo fondamentale per la crescita e la diffusione dell’economia digitale.
Il presidente di Softlab, l’ambasciatore Sargis Ghazaryan, ha introdotto i lavori annunciando il format bimestrale dei colloqui presso il Centro Studi Americani sulle declinazioni più avanzate dell’innovazione digitale coinvolgendo mercato, regolatori, università e centri di ricerca in un’ottica transatlantica. Il presidente ha aggiunto che nel tempo della quarta rivoluzione industriale emerge chiaramente l’imperativo categorico 4.0: comunicare in maniera semplice ed efficace le trasformazioni epocali in corso per poter governare la complessità, non subirla, per saperla anticipare e trarne vantaggio, per disegnare e costruire insieme un futuro che è già presente.
Il professor Marco Simoni, consigliere economico del presidente del Consiglio dei ministri, ha affermato che maggiore sarà la diffusione delle infrastrutture tecnologiche sul territorio nazionale, maggiore sarà l’occupazione sia per la nascita di nuovi settori sia per lo sviluppo di nuove figure professionali con un conseguente aumento della produttività e del reddito. A livello europeo e multilaterale è necessario occuparsi di una regolamentazione intelligente su regimi fiscali e competizione sul mercato, differenziandolo in base a servizi e prodotti offerti.
Giovanni Casto, amministratore Delegato di Softlab, ha sottolineato la frammentazione del mondo imprenditoriale italiano nel settore ICT e l’incapacità europea di fare sistema in comparazione al mondo americano e asiatico, soprattutto in relazione alle eccellenze scientifiche. Casto ha inoltre ricordato che l’agenda digitale europea è ancora imperfetta, presenta discrepanze di visioni che riducono le possibilità di coo-petition tra le aziende. Per risolvere tali disfunzioni endemiche è necessario che la politica metta al centro una nuova agenda dell’innovazione che superi il criterio della dimensione d’impresa e che ponga le sue basi sulle competenze e sulle capacità, premiando il talento, in una rinnovata cornice di fiducia e convergenza.
L’amministratore delegato di Capgemini Italia Andrea Falleni ha messo in luce la difficoltà di aziende già presenti sul mercato di adeguarsi alle sfide digitali attuali perdendo fette di mercato a favore di nuove realtà improntate su modelli di business innovativi. Al fine di gestire al meglio le esternalità negative del processo di innovazione, il governo dovrebbe declinare nuove politiche per incentivare la formazione interna delle aziende e ragionare sul tema dei talenti, aiutando le imprese a colmare il gap di competenze digitali. Le aziende dovrebbero sviluppare sinergie efficaci e approcci condivisi nella soluzione dei problemi per dare una spinta significativa al mercato italiano.
Il presidente di Boeing Italia e Sud Europa Antonio De Palmas afferma che nei prossimi anni gli attori economici con la più alta capitalizzazione saranno aziende di software integrati. La democratizzazione e la globalizzazione della tecnologia provoca un cambiamento paradigmatico dell’economia quotidiana: sarà essenziale adottare modelli di business più sostenibili e motivare lo studio di materie scientifiche nelle scuole e università italiane. De Palmas mette in luce gli aspetti positivi del modello americano che, adottando un approccio pragmatico, mette al centro l’innovazione, creando prima e regolamentando poi.
Il capo della segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare professor Carlo Maria Medaglia pone l’accento sulla difficoltà di regolamentare l’innovazione che per sua natura non può essere limitata da norme. Per Medaglia, l’università deve essere attore protagonista nella formazione di talenti sui temi di frontiera per il nostro Sistema Paese e abituarli alla competizione internazionale. Gli incubatori di start up italiane devono essere veri e propri volani di cambiamento e non social housing per innovatori, con il fine di sviluppare tecnologie ma soprattutto competenze.