L’Italia e il pasticcio libico

di Francesco Cirillo –

Dopo l’ennesimo tentativo di golpe di Khalifa al-Ghweil, stroncato sul nascere, l’Italia si deve porre la domanda se si è schierata dalla parte giusta in Libia. Il governo di Fayez al-Serraj, frutto delle mediazioni Onu, ormai sembra non avere nessun sostegno in Libia, anzi, viene etichettato come governo fantoccio dell’Italia. Il governo “di Tobruk”, che non ha dato supporto all’esecutivo di unità nazionale, tenta di alzare la tensione dichiarando la Tripolitania sotto occupazione italiana. Anche se siamo effettivamente sul campo con 300 militari a Misurata e personale medico-sanitario, nel paese sono presenti anche forze speciali raggruppate nel 9° reggimento dei Col Moschin.
La presenza italiana è fondamentale in Libia soprattutto per proteggere gli stabilimenti petroliferi dell’Eni situati tra il confine con la Tunisia e la zona della mezzaluna tra Sirte e Bengasi attualmente sotto controllo delle truppe di Tobruk. Le autorità di Tobruk, che non riconoscono il governo di al-Serraj, ci accusano di attuare un’occupazione militare come avvenne nel 1911.
Il Mufti Sadiq al-Ghariani, massima autorità religiosa presente a Tobruk (noto per la sua vicinanza agli ambienti dei fratelli musulmani), ha chiesto di evitare lo scontro armato. Nonostante tutto ha minacciato un attacco contro le forze speciali italiane presenti in Tripolitania, che per il Mufti proteggono lo stesso premier al-Serraj come una guardia personale. Il ministero della Difesa italiano ha categoricamente smentito. Il dilemma della Libia è la nostra capacità di influenza su un paese che rischia di sprofondare nella guerra civile.
Roma, che spesso in politica estera non ha modalità indipendenti, segue le regole degli organismi internazionali, cosa che come conseguenza ha innescato l’intervento di altri paesi in Libia.
La Russia, ora che è stata raggiunta una tregua in Siria grazie ad un accordo con la Turchia, sta guardando alla Cirenaica.
Khalifa Haftar, capo dell’esercito “di Tobruk”, vuole approfittare per ottenere un supporto logistico e politico del Cremlino, offrendo in cambio alla Russia la possibilità di costruire una base militare sulle coste orientali libiche, i russi hanno chiesto per l’area di Sidi Barrani. Si potrebbe quindi pensare che ora vi sia chi vuol mettere gli scarponi in Cirenaica, a Bengasi.
Fayez al-Serraj non ha nessun sostegno interno al paese.
Secondo il quotidiano Asharq al-Awsat, l’ex premier Khalifa al-Ghwell starebbe lavorando per occupare la capitale libica e formare un esecutivo che si allei con quello di Tobruk, ed ha affermato che è solamente questione di tempo l’occupazione di Tripoli.
Solamente la tribù di Misurata sostiene al momento il governo di al-Serraj, e le sue milizie, le meglio armate di tutta la costa seconde solamente alle truppe di Haftar, non hanno in questo momento la forza militare sufficiente per contrastare una possibile avanzata delle truppe di Tobruk a causa delle gravi perdite subite nella presa di Sirte.

Il ruolo italiano.
L’Italia rischia molto nella partita libica. Roma sa perfettamente che le Nazioni Unite non hanno giurisdizione nel paese ed usano l’ambasciata italiana come ponte. Roma appoggia a spada tratta il governo di al-Serraj ed l’apertura della rappresentanza a Tripoli doveva suggellare il ritorno alla normalità. Dal 2015 la Libia è la spina nel fianco della politica estera del nostro paese e rischia di minare la nostra sicurezza nazionale. La presenza di stabilimenti di raffinazione dell’ENI e di enormi quantità di giacimenti petroliferi potrebbero influenzare i nostri interessi economici. Le milizie di Zintan, leali ad Haftar, minacciano di chiudere il flusso di gas e petrolio al terminale di Mellitah, sotto amministrazione dell’ENI, se non si fermeranno le incursioni navali italiane, cosa smentita da Roma e da Tripoli. Da un punto di vista internazionale Roma sta eseguendo le direttive dell’ONU, ma rischia di trovarsi immischiata in una guerra tra Haftar e la parte orientale della Libia.

Il personale militare italiano.
L’Italia da ottobre del 2016 ha stanziato 300 uomini della Folgore nella città di Misurata per proteggere il personale medico dell’ospedale da campo.
E’ stata confermata nell’estate del 2016 inoltre la presenza di corpi speciali delle nostre forze armate. Le principali unità delle forze speciali presenti sul territorio Libico raggruppano il 9° reggimento Col Moschin, il 17mo stormo incursori dell’Aeronautica e i Gis dei carabinieri. Secondo stime ufficiali questi corpi danno solamente supporto logistico alle truppe della GNA (Governo di Unità Nazionale).