L’Italia e la sfida per l’attuazione dello statuto della Corte penale internazionale

di Maurizio Delli Santi * –

Il ministero della Giustizia ha costituito una Commissione per l’elaborazione di un “Codice dei Crimini internazionali”. Dopo vari tentativi, è diventato improrogabile dare attuazione dello Statuto della Corte penale internazionale, a vent’anni dalla sua entrata in vigore.

Il “Codice dei Crimini internazionali”.
Saremmo lieti di essere smentiti presto, ma desta qualche perplessità che nel panorama editoriale dei principali quotidiani nazionali non si sia dato ancora conto di una iniziativa che il governo ha recentemente assunto per elaborare un ampio progetto in materia di legislazione penale: l’introduzione di un Codice dei Crimini internazionali.
Con Decreto Ministeriale del 22 marzo scorso è stata infatti istituita una “Commissione per l’elaborazione di un progetto di Codice dei Crimini internazionali”, con la finalità esplicita di dare definitiva attuazione allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale (CPI), lo Statuto di Roma adottato il 17 luglio 1998 a Roma dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite. In Italia l’attuazione sinora era stata fatta solo in termini di generica adesione, con la legge di ratifica, Legge 12 luglio 1999, n. 232, e con la Legge 23 dicembre 2012, n. 237, relativa essenzialmente alla cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale. Nonostante vari tentativi avviati nelle scorse legislature, fra cui quella della “Commissione Conforti”, manca ad oggi proprio la parte di diritto sostanziale che riguarda la definizione dei crimini internazionali di competenza della Corte: l’aggressione (internazionale), i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, il genocidio.
Ci sono varie ragioni per dare il giusto risalto a questa iniziativa. Intanto, gli scenari del conflitto in Ucraina ci hanno fatto ripiombare nella triste realtà dei “crimini di guerra”, qui intesi in senso lato, nonostante l’esperienza dei Tribunali di Norimberga e Tokio, come anche di quelli dell’ex Jugoslavia e del Ruanda, e di due secoli di sviluppo del “diritto internazionale umanitario”.
Proprio con riferimento alla guerra in Ucraina, sono stati i principali quotidiani ha richiamare l’attenzione sulla scelta del Governo italiano di comparire tra i primi 39 Stati, con in testa la Lituania, che il 2 marzo scorso hanno presentato il referall, ex art. 14 dello Statuto di Roma, al Procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, per avviare le indagini sui crimini internazionali perpetrati in Ucraina. Se non che, qualcuno deve avere osservato che proprio l’Italia, che pure era stata tra i principali Stati sostenitori dello Statuto, non aveva ancora dato completa attuazione alla sua parte più importante di diritto sostanziale. L’Italia sta rischiando di arrivare con questo grave deficit anche ad un significativo appuntamento: il 17 luglio pv., si compiranno 20 anni dall’entrata in vigore internazionale dello Statuto della Corte penale internazionale.

I crimini internazionali di competenza della Corte.
Il compito principale della Commissione riguarderà dunque la definizione dei crimini internazionali che nello Statuto hanno già una nozione e una specifica catalogazione.
Si parla del crimine di aggressione, altrimenti indicato come il principale “crimine contro la pace”, una figura tipica di a leadership crime che, in sostanza, concerne l’attacco ingiustificato contro la integrità territoriale di un altro Stato, condotto al di fuori delle condizioni previste dalla Carta delle Nazioni Unite.
Seguono i crimini di guerra in una catalogazione più complessa, che li riconduce alle “Gravi infrazioni” alle Convenzioni di Ginevra del 1949 e alle Violazioni delle leggi e consuetudini di guerra.
Vi sono poi i crimini contro l’umanità, che comprendono omicidi, stermini, schiavitù, stupri, persecuzioni, altri atti inumani commessi su larga scala, “nell’ambito di un esteso e sistematico attacco contro le popolazioni civili”, e, infine, il genocidio, ovvero l’intento deliberato di annientare un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso, perseguibile anche per diversi atti ad esso diretti.
Si tratta, nella sostanza, di definizioni tratte dalla elaborazione concettuale e giurisprudenziale derivata dallo sviluppo del Diritto Internazionale Umanitario, che dalle prime Convenzioni di Ginevra del 1864 e dell’Aja del 1899 ha visto confluirvi le regole del Diritto bellico, chiamato oggi Diritto dei conflitti armati, per affermare il canone della limitazione della violenza bellica, sotto i principi della “necessità e proporzionalità”, e della tutela della popolazione civile, nonché di altre categorie “protette”, gli hors de combat, i feriti, i malati, e i prigionieri di guerra.

Il percorso per l’attuazione.
L’obiettivo del Ministero è dunque completare “l’adattamento nel diritto interno della materia dei crimini internazionali”, che richiede “di organizzare e sistematizzare una disciplina complessa, tenendo conto dei criteri generali di legalità e personalità della tutela penale”. In particolare, il Decreto Ministeriale assegna due compiti alla commissione:
1) l’esame delle iniziative già proposte per la compiuta attuazione dello Statuto di Roma;
2) la stesura di un Codice dei crimini internazionali per assicurare il compiuto adattamento dello Statuto di Roma.
La Commissione ha un programma di lavori che va dal 31 marzo al 30 maggio p.v., data di prevista conclusione, dalla quale sarà poi promosso l’iter governativo per trasferire l’elaborato in una iniziativa legislativa da sottoporre all’esame parlamentare, ai fini della approvazione di una legge ad hoc. Per la Commissione e il Parlamento si tratterà in ogni caso di una sfida alquanto impegnativa, perché dovrà gettare le basi di una nuova fase di affermazione dei principi del Diritto internazionale umanitario e del Diritto internazionale penale in Italia. E nella sostanza il nuovo quadro giuridico dovrà anche armonizzarsi con la specificità degli istituti del nostro ordinamento, sia con riferimento ai profili più strettamente penalistici, del codici penale e dei codici penali militari di pace e di guerra, che costituzionali.

* Membro dell’International Law Association.