
di Giuseppe Gagliano –
Il dispiegamento delle truppe tedesche in Lituania segna un momento di svolta, non solo per la Germania, ma per l’intero scacchiere geopolitico europeo, con riverberi che si estendono fino a Mosca. La Germania, rompendo un tabù che durava dalla Seconda guerra mondiale, ha deciso di stabilire una presenza militare permanente oltre confine, inviando la 45ma Brigata corazzata, chiamata “Brigata Lituania”, in una missione che, entro il 2027, vedrà circa 4.800 soldati e 200 civili stanziati nelle basi di Rudninkai e Rukla, a un soffio da Kaliningrad e dalla Bielorussia. Questo non è un semplice gesto di solidarietà verso un alleato baltico in preda all’ansia per la vicinanza con la Russia; è un messaggio strategico, un atto di forza che ridefinisce il ruolo di Berlino in Europa e i suoi rapporti con la Russia.
Immaginate un carro armato Leopard che si muove lentamente verso il confine orientale della NATO, con il motore che romba a pochi chilometri da Kaliningrad, l’enclave russa armata fino ai denti. Questo è ciò che sta accadendo: un contingente tedesco, con carri armati, fanteria meccanizzata e supporto logistico, si sta insediando in un’area che Mosca considera una linea rossa. La Lituania, stretta tra Kaliningrad e la Bielorussia, alleata di Putin, vive con il fiato sospeso, temendo che il “corridoio di Suwałki”, quella striscia di terra che collega i Baltici alla Polonia, possa diventare il prossimo punto caldo in caso di conflitto.
La Germania con questa mossa, risponde a una richiesta lituana di protezione, ma alza anche la posta nella partita con la Russia. Mosca non è rimasta a guardare. Le dichiarazioni del Cremlino parlano di “escalation” e promettono “misure straordinarie” per proteggere i propri interessi. Kaliningrad, con i suoi missili balistici e sistemi antiaerei, è una fortezza russa in territorio europeo, e la presenza di truppe NATO così vicine è vista come una provocazione. Non è difficile immaginare scenari di tensione: un aereo spia russo che sorvola un’esercitazione Nato, un cyberattacco improvviso, o un ulteriore rafforzamento militare bielorusso al confine. La Russia, pur indebolita economicamente, ha dimostrato in Ucraina di non tirarsi indietro di fronte a sfide militari, e la sua retorica aggressiva suggerisce che non accetterà passivamente questa nuova realtà.
Ma non si tratta solo di Russia e Nato. La Germania sta mandando un messaggio anche agli Stati Uniti e agli altri alleati dell’Alleanza Atlantica. Con il ritorno di figure come Donald Trump, che hanno messo in discussione l’impegno americano nella Nato, Berlino vuole dimostrare di poter prendere le redini della sicurezza europea. L’obiettivo dichiarato di raggiungere il 5% del PIL in spese militari entro il 2032, ben oltre il 2% richiesto dalla Nato, è un segnale chiaro: la Germania non vuole più essere il gigante economico con i piedi d’argilla militare. Eppure, questa ambizione potrebbe creare attriti. La Polonia, che sta investendo pesantemente nel proprio riarmo, guarda con sospetto a un’Europa a trazione tedesca, mentre la Francia spinge per un’autonomia strategica che mal si concilia con la leadership di Berlino.
C’è poi un paradosso più profondo. Questo rafforzamento militare, pensato per garantire la sicurezza, potrebbe innescare una spirale di militarizzazione. Più truppe Nato vicino alla Russia significano più tensione, più rischi di incidenti, più possibilità di errori di calcolo. La Lituania, con la sua storia di occupazione sovietica, ha ragioni legittime per temere Mosca, ma la presenza di una brigata tedesca potrebbe trasformarsi in un catalizzatore di instabilità, piuttosto che in un baluardo di pace. L’Europa si trova a un bivio: da un lato, la necessità di deterrenza contro una Russia imprevedibile; dall’altro, il rischio di alimentare un conflitto che nessuno vuole davvero.
La Germania, con questa mossa, abbandona la sua tradizionale cautela post-bellica e si proietta come potenza militare di primo piano. Ma il prezzo di questa audacia potrebbe essere una regione baltica trasformata in una polveriera, dove ogni passo falso rischia di accendere una scintilla. La diplomazia, in questo contesto, sembra un’eco lontana, soffocata dal rombo dei carri armati e dalla retorica della deterrenza. La Lituania, terra di frontiera, diventa così il simbolo di un’Europa che si arma per la pace, ma che potrebbe ritrovarsi a combattere per errore.