Made in Taiwan. La rilevanza geopolitica della provincia ribelle

La Cina sta inviando segnali di forza a Taiwan, aumentando i timori per una crisi che potrebbe rilevarsi di vasta portata.
Il 14 ottobre il ministro degli esteri taiwanese, nel mezzo di quella che descrive come la situazione più tesa degli ultimi 40 anni, ha dichiarato che Taiwan non inizierà una guerra contro la Cina, ma che è pronta a tutto pur di difendere la propria indipendenza
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di Federico Asciutti

Agli inizi di ottobre Pechino ha inviato 150 aerei da guerra nella zona di identificazione aerea taiwanese nell’arco di quattro giorni.
I primi voli nei cieli dell’isola sulla quale la Cina rivendica la sovranità sono iniziati in concomitanza con una data simbolica, quella del primo ottobre, in cui la Cina celebra la fondazione della Repubblica Popolare.
L’escalation dell’attività militare segue anche un altro avvenimento.
Il 15 settembre infatti è stata ufficializzata la creazione di AUKUS, l’alleanza strategico-militare per la sicurezza nell’Indo-Pacifico siglata da Regno Unito, Stati Uniti ed Australia.
Anche l’UE è pronta a fare la sua parte ed ha annunciato un piano di investimenti verso Taiwan diretto a rinforzare i legami con Taipei, irritando ulteriormente la Cina.

Quanto conta Taiwan?
Taiwan è un’isola grande una volta e mezzo la Sicilia, con una popolazione di 24 milioni di abitanti. Tuttavia al di là delle dimensioni ha una rilevante importanza strategica, essendo situata ai margini delle rotte del Mar Cinese Meridionale: è divisa dalla Cina dallo stretto che le separa per 180 km.
Storicamente la sua posizione al centro tra il nord-est e il sud-est asiatico ha servito una varietà di scopi strategici per le potenze regionali, sia offensivi che difensivi.
A conferma della crescente tensione sull’asse Taiwan-Cina da un anno circa, per la prima volta dal 1979, un piccolo contingente di forze speciali USA è tornato a Taiwan per addestrare l’esercito locale.

Oltre alla geografia Taiwan si pone sulla scena internazionale per la sua importanza nel campo tecnologico.
Taiwan è tra i maggiori produttori mondiali di semiconduttori. Il colosso Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) è leader mondiale nella fabbricazione dei circuiti integrati di nuova generazione che giocano un ruolo fondamentale nella competizione tecnologica tra le potenze mondiali. TSMC pesa per oltre il 50% della produzione globale nel mercato di semiconduttori. E’, insieme alla sud coreana Samsung, l’unica in grado di fabbricare i 5nm chip e nel primo trimestre del 2021 ha incrementato la sua dominance nel settore.
Questi chip all’avanguardia sono fondamentali nel campo della tecnologia avanzata. Di conseguenza l’industria di semiconduttori taiwanese riveste un ruolo di rilevanza geopolitica ed ha la capacità di poter influenzare lo sviluppo tecnologico mondiale e con esso le relazioni internazionali.
L’importanza strategica taiwanese nell’economia mondiale è balzata recentemente all’attenzione in seguito alla crisi patita dall’industria automobilistica. Aziende come la Volkswagen AG, Ford Motor Co. E Toyota Motor Co. sono state forzate a bloccare la produzione come conseguenza della carenza di forniture di chip. Si stima che la perdita patita dall’intero settore ammonti a 61 miliardi di dollari.
Dai circuiti integrati dipende il funzionamento di innumerevoli prodotti, inclusi sistemi missilistici, caccia, computer quantistici, intelligenza artificiale e rete 5G.
TSMC è infatti entrata da oltre un anno all’interno della disputa tecnologica tra Cina e Stati Uniti.
Dagli inizi del 2020 gli USA hanno incrementato la pressione sull’azienda di Hsinchu affinché smettesse di fornire chip alle multinazionali tecnologiche cinesi e di spostare la produzione di chip a scopo militare in suolo statunitense, così da poter operare libera da ogni possibile interferenza cinese.
L’autosufficienza nel campo dei semiconduttori è divenuta una priorità per la sicurezza nazionale di molti paesi avanzati, Giappone ed Unione Europea inclusi.
L’UE, la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti stanno mettendo in campo piani per implementare la produzione ma serviranno anni prima che l’industria taiwanese possa essere raggiunta o rimpiazzata.
La stabilità e l’indipendenza di Taiwan perciò continuerà, quanto meno nei prossimi anni, ad essere di importanza vitale per gli interessi economici globali.

Taiwan vista dalla Cina.
Nelle mappe cinesi Taiwan è riportata come la 23ma provincia della Repubblica Popolare Cinese.
Pechino considera il governo di Taipei una minaccia separatista, ma la presidente Tsai Ing-Wen sostiene che Taiwan è già un Paese sovrano senza alcuna necessità di dichiarare l’indipendenza. Proprio la mancata adesione del governo taiwanese al disegno di un’”unica Cina” ha causato dal 2016 la scelta cinese di sospendere le relazioni ufficiali con l’Isola.
Taiwan ha il proprio esercito, la propria moneta ed elezioni democratiche. Dalla fine della guerra civile nel 1949 è de facto uno Stato indipendente.
La rilevanza dell’industria taiwanese nella corsa al primato tecnologico, la sua vicinanza ideologica all’occidente e il sostegno statunitense nel potenziamento delle sue potenzialità militari infastidiscono il Dragone.
I media statali cinesi hanno descritto i voli nella Air Defence Identification Zone (ADIZ) taiwanese come una dimostrazione della capacità cinese di condurre un attacco aereo.
Negli anni più recenti la Cina sta mostrando prova della sua forza bellica sia per via aerea che navale, lanciando un chiaro monito a Taiwan: se la provincia ribelle rifiutasse di accettare la pretesa di sovranità cinese sopra l’isola, la Cina potrebbe usare la forza.
Pechino intende prendere il controllo di Taiwan entro il 2049, anno del centenario della fondazione della RPC per dichiarare compiuto il processo di formazione nazionale. Il controllo dell’isola permetterebbe inoltre alla Cina il libero accesso nell’Oceano Pacifico che oggi è sottoposto al monitoraggio delle basi americane in Corea del Sud, Giappone e Filippine oltre che riscattare le storiche umiliazioni provocate dalle invasioni delle potenze straniere, ad iniziare dal Giappone.

L’occidente e le reazioni cinesi.
Il 15 settembre Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno annunciato un partenariato trilaterale di difesa e sicurezza per contrastare la crescente influenza cinese.
Il presidente Xi- Jinping ha promesso di resistere alle interferenze delle forze straniere dopo che Taiwan ha accolto con favore il sostegno espresso dai membri di AUKUS all’intensificazione dei legami con l’isola.
Le dichiarazioni di Biden, che il 22 ottobre ha rinnovato l’impegno degli Stati Uniti nella difesa dell’Isola nell’eventualità di un attacco da parte della Cina non fanno che rinforzare le posizioni.
L’Unione Europea dal canto suo vuole approfondire i legami con Taiwan iniziando a lavorare su un accordo di investimento bilaterale dopo aver accantonato un simile piano di investimenti diretto verso la Cina e varato dal Parlamento europeo a fine 2020.
Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ha affermato che l’UE continuerà a sostenere il sistema di governo taiwanese basato sulla democrazia, lo Stato di diritto, la tutela dei diritti umani, una società aperta ed economia di mercato.”
La risoluzione passata a Strasburgo è intesa da Pechino come un attacco alla propria sovranità. Dichiarando la volontà di stringere rapporti politici e commerciali con Taipei l’UE viola il principio di “una sola Cina”, in base a cui Pechino non riconosce l’indipendenza di Taiwan.

Prove di forza.
L’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) ha recentemente diffuso filmati che mostrano imbarcazioni civili in grado di trasportare mezzi militari, inviando un chiaro messaggio a Taiwan riguardo alla sua capacità di intraprendere un’invasione anfibia.
Nonostante ciò, la scarsa esperienza di combattimento dell’esercito cinese, la difficoltà di uno sbarco anfibio e il sostegno statunitense nel rafforzamento militare di Taipei ostacolano i piani di Pechino.
Gli USA spingono affinché Taiwan sia capace di respingere un attacco e di difendersi da sola, così come dichiarato dal Segretario di Stato Blinken.
Tuttavia nel caso di un’invasione cinese dell’Isola gli Stati Uniti sarebbero costretti ad intervenire.
Il governo di Taipei ha anche approvato una proposta di legge per l’istituzione di uno speciale budget di difesa di 8.6 miliardi di dollari. Circa due terzi saranno destinati a sistemi di difesa antinavale, come sistemi missilistici, incluso il finanziamento alla produzione massiva di missili di superficie e navi militari.
Taiwan non può competere con la potenza militare cinese e per questo si è concentrata sullo sviluppo di un sistema asimmetrico di difesa, o “porcospino”, in grado di scoraggiare o respingere un’invasione via terra. Inoltre preme per ottenere supporto di intelligence e logistico da Australia, Giappone e Stati Uniti, che figurano tra i principali fornitori di armamenti di Taiwan.
Nonostante i timori del ministro della Difesa di Taiwan sulla possibilità che la Cina possa lanciare un’invasione su larga scala entro il 2025 non si sono al momento registrati scontri.
L’ultimo risale al 2001, quando una collisione a largo della costa sud della Cina tra un caccia cinese ed un velivolo spia americano costò la morta del pilota cinese. Il danneggiato aereo americano fu costretto ad atterrare in una base militare cinese. In seguito a dieci giorni di tensioni all’equipaggio fu permesso di rientrare.
A venti anni di distanza, un episodio del genere sarebbe più complicato da risolvere.