Mali. ‘Gli jihadisti? Potrebbero coalizzarsi contro l’intervento francese’. Intervista ad Alì Zaoui

di Saber Yakoubi –

La crisi del Mali si presenta ogni giorno sempre più nei suoi aspetti complicati: il nord, staccatosi dal resto del paese, è ormai in mano agli jihadisti dell’Ansar Dine, i quali hanno, de facto, sottomesso gli ex alleati delle tribù tuareg autoctone, arrivandone a distruggere gli antichi mausolei protetti dall’Unesco ed a imporre la sharia.
In un incontro lampo a Tunisi, Notizie Geopolitiche ha intervistato Alì Zaoui, uno tra i più autorevole esperti di sicurezza dell’Algeria, il quale ha spiegato che  l’intervento francese nel nord del Mali, più volte ventilato, è stato già progettato da tempo, che il rischio è quello di un nuovo Afghanistan e che qualsiasi intervento militare in quella area potrebbe avere conseguenze imprevedibili e quindi implicare la destabilizzazione dell’intera area.
Vi è inoltre il rischio che si rinsaldi, in funzione antioccidentale, l’alleanza tra i gruppi terroristici combattenti e sopratutto che arrivino ulteriori combattenti jihadisti stranieri.
– Può darci una lettura del grido di soccorso lanciato dal Mali, rivolto alla comunità internazionale, che comporterebbe un intervento militare organizzato?
“Il progetto rientra in un quadro preciso, con l’intento di prevenire eventuali rivoluzioni nell’Africa occidentale; difatti io ritengo che il ritiro anticipato delle truppe francesi dall’Afghanistan sia stato attuato con questo fine, anche perchè gli interessi francesi in quell’aria sono sicuramente maggiori che nel paese mediorientale”.
– Che significa “destabilizzazione dell’area”?
“L’intervento militare a cui la Francia, il Mali e l’Unione economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) pensano porterà sicuramente all’apertura di nuovi fronti in diversi stati della Costa occidentale, alimentando l’alleanza fra i vari gruppi contendenti, come, ad esempio, l’Ansar Dine, i Boko Haram della Nigeria, al-Qaeda Aqmi, al-Tawhid e gli jihadisti in genere. All’alleanza di questi gruppi seguirà la chiamata, per convinzione, di molti giovani musulmani, non solo arabi, ma anche africani, attraverso una propaganda su larga scala: il conflitto verrà presentato come una nuova guerra contro i crociati, che potrà andare dalla Nigeria al Burkina Faso”.
– Il movimento delle tribù tuareg, il Mlna, ha tuttavia fatto una sorta di ‘retromarcia’, fino a chiedere al Mali di negoziare ed a dichiararsi un gruppo laico. Perché il Mali rifiuta il dialogo con loro?
“Il rappresentante di questo gruppo, che è il Movimento per la liberazione dell’Azawad, ha richiesto in particolare l’aiuto dell’Algeria, proprio perché ritiene che un intervento militare che parta da Bamako, quindi dalla Francia, peggiorerà la situazione. Secondo i tuareg, il problema dei terroristi va risolto all’interno del paese, cosa per cui essi hanno chiesto inutilmente i mezzi, proprio perché la Francia ha interessi ad intervenire. Parigi vuole infatti promuovere i propri obiettivi nell’area, oltre che risolvere la questione dei riscatti per i propri cittadini rapiti”.
– Chi, in particolare, potrebbe essere il responsabile di questa situazione?
“Di certo l’ex presidente del Mali, Amadou Toumani Tourè. Tra il Mali ed i paesi dell’area, compresa l’Algeria, è esistita un’alleanza importante, che però lui non ha saputo o potuto rispettare. Per questo io ritengo che l’Algeria debba rimanere estranea a questa situazione difficile e complicata: il rischio è quello di tornare alle crisi degli Anni Novanta”.
– La Francia potrebbe arrivare a sacrificare gli ostaggi oggi in mano ai qaedisti?
“Purtroppo questa non è un’eventualità remota”.