Mali. Si aggrava la crisi umanitaria. Intervista a Henry Gray, coordinatore di Msf per l’emergenza

di Giacomo Dolzani –

Dopo un anno di ostilità, che dal marzo del 2012 hanno coinvolto più o meno intensamente ogni zona del Mali, le condizioni della popolazione sono ormai disperate e le conseguenze di questa emergenza umanitaria sono ormai sotto gli occhi di tutti.
Prima la guerra civile scoppiata nell’Azawad, nel Mali settentrionale, tra governo centrale, miliziani islamisti dell’Ansar Dine e ribelli Tuareg dell’Mnla che combattevano per l’indipendenza della regione e, in seguito, l’attacco dell’esercito francese a fianco delle truppe regolari di Bamako, hanno causato il dilagare della violenza, la carenza di acqua, di generi alimentari e di medicine ed hanno obbligato decine di migliaia di persone ad abbandonare le loro case cercando rifugio nei paesi confinanti, principalmente in Algeria e Mauritania.
Pochi giorni fa Medici Senza Frontiere, una delle Ong ancora presenti nella regione per portare assistenza umanitaria alla popolazione ormai allo stremo, ha voluto rendere nota l’allarmante situazione creatasi in particolare nel deserto mauritano, dove una gran quantità di profughi maliani si trovano in condizioni disperate.
Notizie Geopolitiche ha intervistato Henry Gray, coordinatore di Msf per l’emergenza in corso nel paese africano.
– Dottor Gray, Msf ha lanciato un allarme riguardo alle condizioni di 74mila sfollati maliani che attualmente si trovano nel deserto della Mauritania, può illustrarci meglio qual è la situazione?
Circa 70.000 rifugiati hanno trovato riparo nelle tende nel bel mezzo del deserto mauritano, dopo aver lasciato le loro case nel nord del Mali, a causa delle tensioni etniche, della paura e dei combattimenti. Queste persone sono arrivate nel corso degli ultimi quindici mesi, in tre ondate. Con le tensioni nel nord del Mali, abbiamo avuto una prima ondata, all’inizio del 2012. Nel gennaio del 2013, con le operazioni di combattimento da parte dell’esercito franco-maliano contro gli occupanti del nord, sono arrivate altre 15.000 persone in circa 10 giorni, che hanno sconvolto le infrastrutture esistenti nel campo. Il problema è che il campo è cresciuto in mezzo al nulla: siamo a circa 300 km dalla città più vicina.
Le condizioni sono estremamente difficili, ci sono 50 gradi e le agenzie umanitarie devono fare in modo che ci sia acqua, riparo o cibo per tutti. Le nostre statistiche dimostrano che le condizioni di salute dei rifugiati sono peggiorate da quando sono nel campo, il luogo in cui invece avrebbero dovuto ricevere assistenza.
La situazione è migliorata nelle ultime settimane, ma è ancora precaria: riparo, acqua potabile, latrine, igiene e cibo devono essere garantiti a tutti coloro che hanno bisogno, ora e in futuro”.
– Ci può spiegare quali sono le condizioni sanitarie e nutrizionali della popolazione nell’Azawad?
Il numero di visite mediche nelle cliniche di Msf nel campo di Mbera è aumentato da 1.500 a 2.500 a settimana.
Da gennaio, il numero di bambini di cui, ogni settimana, prendiamo in cura per malnutrizione grave, è più che raddoppiato: da 42 a 106, nonostante fossero pochissimi i bambini in stato di grave malnutrizione al momento del loro arrivo al campo.
Msf ha costruito una terza postazione sanitaria a Mbera, al fine di poter di visitare circa 2500 pazienti a settimana. Ha inoltre aumentato la capacità del reparto di terapia nutrizionale intensiva, passando da 10 a 35 posti letto. Nel mese di aprile il tasso di occupazione ha raggiunto il 200%”.
– Quali sono le iniziative messe in campo da Msf per contrastare la crisi umanitaria in Mali e per aiutare gli sfollati in Mauritania?
In Mauritania, Msf sostiene quattro centri di assistenza sanitaria di base nel campo di Mbera e alla frontiera di Fassala; inoltre, gestisce un programma chirurgico nella città di Bassikounou.
Da quando hanno cominciato a lavorare in Mauritania, nel febbraio 2012, le équipe di MSF hanno effettuato 85.000 visite mediche, assistito 200 parti e curato quasi 1.000 bambini affetti da malnutrizione grave.
Msf e volontari maliani gestiscono alcune attività nell’ospedale regionale di Timbuktu, nel Mali settentrionale, dal mese di aprile 2012. Le équipe hanno effettuato più di 50.000 visite mediche, assistito 400 parti e curato 50 pazienti feriti, sia nell’ospedale, sia nei centri di assistenza sanitaria gestiti da Msf in questa regione.
Ci sono anche le ambulanze, che trasportano a Timbuktu i pazienti trasferiti dagli ospedali di Niafounké e Gourma Rharous, lungo il fiume Niger.
Nella regione di Mopti, nel Mali centrale, la nostra Ong sostiene l’attività degli ambulatori comunitari di Konna e Douentza e dal novembre 2012 ha curato circa 8.000 persone.
Da febbraio abbiamo curato cinque persone ferite da munizioni inesplose a Konna e, nel corso del 2013, quasi 1500 pazienti a Gao e Ansongo, nel Mali orientale.
L’obiettivo delle attività di Msf è garantire l’accesso alle cure mediche gratuite a chi ne ha veramente bisogno. Curiamo principalmente malaria, infezioni respiratorie, e casi ostetrici e ginecologici. Essere un medico, durante un conflitto, non significa solo curare i feriti, ma anche garantire a una mamma di partorire in condizioni di sicurezza e garanzia”.
– Dall’inizio degli scontri le condizioni di sicurezza nel paese sono migliorate o gli atti di violenza sono ancora all’ordine del giorno?
Mentre i combattimenti si sono spostati a sud, verso la regione di Kidal, la popolazione in alcune aree rurali del nord continua ad avere paura ad abbandonare le case, e il clima generale di insicurezza rende difficile avere un quadro chiaro degli effettivi bisogni sanitari. A causa dell’insicurezza, non siamo in grado di valutare le esigenze di coloro che vivono al di fuori delle aree urbane in cui lavoriamo”.