Malta. Ocean Viking: scesi i migranti, trovato accordo sulla redistribuzione

MSF, 'Sollevati per la soluzione, ma impossibile continuare così. Basta stalli, subito meccanismo di sbarco Ue'.

di Francesca Mapelli *

Dopo 14 giorni in mare con 356 uomini, donne e bambini vulnerabili a bordo, Medici Senza Frontiere (MSF) è sollevata dall’aver ricevuto un porto sicuro a Malta per la Ocean Viking, gestita in collaborazione con SOS MEDITERRANEE. Un gruppo di paesi si è fatto avanti per dare una risposta umana alla situazione, ma i governi europei devono porre definitivamente fine a questi stalli prolungati e a queste meschine negoziazioni caso per caso, per instaurare come priorità urgente un meccanismo di sbarco predeterminato per portare in salvo le persone soccorse in mare.
“Siamo sollevati che la lunga odissea delle 356 persone che abbiamo a bordo sia finalmente finita. Ma erano davvero necessarie due settimane di esacerbante attesa per sbarcare questi naufraghi? Sono persone che sono fuggite da condizioni disperate nei loro paesi d’origine e hanno sofferto orribili abusi in Libia” dice Jay Berger, coordinatore MSF sulla Ocean Viking.
“Abbiamo trattato feriti di guerra rimasti intrappolati sulla linea del fronte a Tripoli e abbiamo visto le cicatrici di chi ha vissuto il tragico attacco nel centro di detenzione di Tajoura. Abbiamo parlato con i sopravvissuti di naufragi e intercettazioni in mare. Abbiamo ascoltato storie di brutali percosse, elettroshock, torture con plastica fusa e violenze sessuali – orrori che non hanno risparmiato nemmeno i bambini. Gli Stati europei devono riconsiderare seriamente il ruolo che stanno giocando nell’intrappolare le persone in queste situazioni” dichiara il dr. Luca Pigozzi, medico di MSF a bordo della Ocean Viking.
Nonostante i ripetuti appelli per una risposta europea più umana da quando l’Italia ha deciso di chiudere i propri porti alle navi umanitarie nel giugno 2018, in queste due settimane MSF si è trovata nella stessa identica situazione di un anno fa, bloccata in mare con centinaia di persone vulnerabili a bordo mentre gli Stati europei erano paralizzati dalla politica.
“È molto triste che dobbiamo ripetere lo stesso messaggio ai leader europei, ogni volta sempre identico. Non possono più dire di non sapere della catastrofe in corso nel Mediterraneo. Dopo centinaia di morti in mare e innumerevoli storie di sofferenza, è ora che i leader europei riconoscano questo disastro umanitario e intraprendano soluzioni più umane, a partire dall’istituzione di un meccanismo che consenta un rapido sbarco per le persone soccorse in un porto sicuro vicino, con successive responsabilità di accoglienza e protezione condivise a livello europeo” dichiara la dott.ssa Claudia Lodesani, presidente di MSF.

MSF chiede agli Stati europei di:
– Istituire un meccanismo di sbarco sostenibile e predeterminato che tuteli i diritti dei sopravvissuti e coinvolga un sistema di protezione condiviso a livello europeo;
– Porre fine al supporto politico e materiale ai ritorni forzati in Libia, dove rifugiati e migranti vengono detenuti in modo arbitrario e disumano. Le persone che fuggono dalla Libia semplicemente non possono essere riportate nel paese;
– Rispondere al bisogno urgente di una capacità di ricerca e soccorso europea proattiva e adeguata;
– Porre fine alle azioni punitive contro le organizzazioni che cercano di offrire assistenza salvavita in mare per colmare il vuoto lasciato dai governi e rispondere a questa crisi;
– Dopo lo sbarco la Ocean Viking farà uno scalo tecnico per i rifornimenti di scorte e carburante e il cambio di equipaggio. “Finché le persone continuano a fuggire dalla Libia e annegare nel Mediterraneo, continuiamo il nostro impegno nel salvare vite in mare” conclude Berger di MSF.

Note sui soccorsi:
Dopo 10 ore di perlustrazione nella zona di ricerca e soccorso, nelle acque internazionali di fronte alla Libia, il 9 agosto la Ocean Viking ha ricevuto il primo alert di un barcone in difficoltà. Sono seguiti quattro giorni consecutivi di operazioni che hanno portato in salvo a bordo 356 uomini, donne e bambini – di cui 103 minori sotto i 18 anni, il più piccolo di appena un anno – da quattro diversi soccorsi. In quei giorni la nave umanitaria Open Arms era bloccata in attesa di sbarco con 147 persone a bordo. Mentre la Ocean Viking e la Open Arms erano bloccate in mare, in assenza di altre navi europee di ricerca e soccorso dedicate, ci sono state notizie di nuovi tragici naufragi e nuove morte evitabili.

Le circostanze in cui sono avvenuti questi soccorsi e l’inadeguata risposta delle autorità, siano libiche, maltesi, italiane o europee, mostrano quanto la situazione in mare sia confusa mentre gli Stati non stanno dando alcuna priorità al loro dovere di salvare vite. Nonostante ripetuti tentativi di contattare il Centro di Coordinamento dei Soccorsi libico – autorità competente nell’area di ricerca e soccorso – fin da quando abbiamo ricevuto il primo alert, non abbiamo ricevuto una loro risposta prima della fine del soccorso, risposta che ci offriva di riportare le persone in Libia, in violazione del diritto internazionale. Poiché le autorità libiche non sono state in grado di offrire alla nave un porto sicuro, abbiamo richiesto alle autorità marittime maltesi e italiane – le più vicine in grado di fornire assistenza – di assumere il coordinamento e supportare l’individuazione di un porto sicuro. Dopo due settimane, dopo avere in un primo momento rifiutato il coordinamento, le autorità maltesi hanno offerto un porto sicuro.

MSF opera in oltre 70 paesi del mondo. È scesa in mare nel 2015 per supplire al vuoto lasciato dalla chiusura di Mare nostrum e rispondere a un inaccettabile numero di morti nel Mediterraneo centrale. Da allora non ha mai smesso di chiedere vie legali e sicure per le persone in fuga verso l’Europa e un sistema di ricerca e soccorso concordato a livello europeo. Dall’inizio delle attività MSF ha contribuito a salvare oltre 80.000 vite in mare, nel rispetto del diritto marittimo e internazionale. MSF lavora anche in Libia, dove fornisce cure mediche a rifugiati e migranti bloccati nei centri di detenzione che rientrano sotto l’autorità del Ministero dell’Interno del paese, a Tripoli, Khoms e Misurata.

* Ufficio stampa di Medici Senza Frontiere.