di Giuseppe Gagliano –
Le manifestazioni che hanno coinvolto 11 città marocchine tra il 27 e il 28 settembre rappresentano la più vasta mobilitazione popolare degli ultimi anni. Migliaia di ragazzi del movimento “Gen Z 212” – nato su TikTok e Discord e privo di gerarchie politiche tradizionali – hanno portato in piazza rivendicazioni concrete: scuole funzionanti, ospedali adeguati, lavoro e lotta alla corruzione. Lo slogan “salute prima del calcio” sintetizza la rabbia per i miliardi spesi in vista dei Mondiali 2030 e della Coppa d’Africa, mentre intere aree colpite dal terremoto del 2023 restano prive di servizi di base.
L’indignazione è esplosa dopo la morte di otto donne incinte in un ospedale di Agadir, simbolo del collasso sanitario. Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 36 % e quasi un giovane su tre non lavora né studia: dati che alimentano frustrazione e sfiducia. L’uso della forza da parte della polizia – oltre 120 arresti, poi in gran parte rilasciati – ha reso ancora più evidente il divario tra istituzioni e cittadini.
La protesta non nasce dai tradizionali partiti: PJD e socialisti cercano di cavalcarla, ma appaiono delegittimati. Nabila Mounib del Partito socialista unificato ha avvertito che l’arresto di attivisti “riporta il Paese agli anni bui” e ha invitato il governo ad ascoltare chi chiede dignità, non a criminalizzarlo. Anche gli ultras del Wydad di Casablanca hanno lanciato cori contro le spese per gli stadi, a riprova che la frattura sociale attraversa diversi ambienti.
Il premier Aziz Akhannouch rivendica riforme e investimenti sanitari, ma la crescita economica stagnante (3% annuo contro il 6% previsto) e la percezione di priorità distorte indeboliscono la narrativa ufficiale. Il governo deve ora affrontare il dilemma tra mantenere la stabilità per ospitare i grandi eventi sportivi e dare risposte strutturali a un quarto della popolazione che si sente esclusa dal futuro.
La protesta della Generazione Z potrebbe rimanere episodica o trasformarsi in un nuovo attore politico-sociale capace di ridefinire l’agenda nazionale. Ignorare le richieste di lavoro, scuola e sanità significherebbe alimentare sfiducia, emigrazione irregolare e tensione civile in un Paese che punta a presentarsi come hub turistico e sportivo dell’Africa.












