Maxisconfinamento di aerei cinesi. Sale la tensione: la Cina si prepara ad annettere Taiwan

di Enrico Oliari

Era il luglio del 2019 quando al Congresso del Popolo il governo cinese presentò il programma del Libro Bianco, aggiornato con cadenza non regolare, in cui veniva ribadita tra l’altro la necessità che la Repubblica di Cina, cioè Taiwan, ritornasse alla Repubblica Popolare Cinese a costo di usare la forza.
Da allora è stato un continuo sfoggiare i muscoli di Pechino nei confronti di Taipei, e negli ultimi giorni si è potuti assistere ad un crescendo delle violazioni dello spazio aereo difensivo da parte di caccia militari, almeno 150 in quattro giorni di cui solo ieri 56 jet militari. Azioni che si vanno ad assommare ai mezzi navali che sempre più minacciosi sfilano nello stretto di Taiwan, una situazione che allarma la Repubblica di Cina ma anche gli alleati statunitensi, e che alza ulteriormente la tensione nell’area.
Taiwan si è separata dalla Cina continentale nel 1949, e i due paesi riconoscono l’altro come secessionista: l’entrata della Repubblica Popolare Cinese nelle Nazioni Unite nel 1971 ha comportato il disconoscimento di Taiwan da parte di quasi tutti i paesi membri.
Il Libro Bianco impostava la questione dei separatismi in chiave difensiva e metteva come possibile il contrattacco, cosa che ne avrebbe autorizzato l’impiego della forza, e il portavoce del ministero della Difesa Wu Qian aveva nell’occasione affermato che “L’esercito cinese combatterà chiunque osi separare Taiwan dalla Cina. Difenderemo l’unità sovrana del Paese e l’integrità territoriale”.
Oggi la presidente della Repubblica di Cina Tsai Ing-wen, intervistata per la rivista Foreign Affairs, si è riferito agli sconfinamenti di questi giorni parlando di “azioni destabilizzanti e provocatorie”, avvertendo che “non ci piegheremo: siamo pronti a difendere la democrazia e il nostro stile di vita”.
Per Tsai sempre più paesi sono preoccupati per le operazioni messe in atto da Pechino, ribadendo comunque che “la nostra posizione rimane ferma: non ci piegheremo alle pressioni come pure non ci lanceremo in avventure”. Già in settembre il governo di Taipei ha annunciato l’aumento delle spese militari a 17,07 miliardi di dollari Usa per potenziare la flotta aerea ed acquistare missili teleguidati e droni, e da tempo gli Usa hanno rifornito l’isola di F-16 e batterie missilistiche da difesa. In giugno il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu ha affermato addirittura la necessità di prepararsi a uno scontro armato.
In risposta all’incursione di ieri nello spazio aereo difensivo e di identificazione di 56 aerei da combattimento di cui 12 bombardieri con capacità nucleare H-6, nella zona sud occidentale dell’isola, l’aeronautica militare di Taiwan ha fatto decollare i propri jet, e se si è evitato lo scontro, tanto è bastato a Pechino per avvertire che “la Cina attuerà le misure necessarie per contrastate qualsiasi iniziativa di indipendenza di Taiwan”, come ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying. La stessa portavoce è inoltre intervenuta sulla dichiarazione del collega statunitense Ned Price, il quale ha bollato le incursioni aeree come “azioni provocatorie e destabilizzanti”: “Provocatori sono i contatti tra funzionari di Taiwan e statunitensi, ma soprattutto la vendita di armi a Taiwan”. Hua ha inoltre sottolineato che così facendo gli Usa violano il principio dell’“Unica Cina”, ad ha insistito che “verranno messe in atto tutte le azioni necessarie per distruggere qualsiasi complotto per l’indipendenza di Taiwan”.