di Shorsh Surme –
Il Medio Oriente guadagnerà, anziché perdere, importanza strategica da qui al 2025. La quota di produzione petrolifera della regione aumenterà da meno del 30% attuale a più del 40% nel 2025. Si prevede che l’Arabia Saudita da sola rappresenterà la metà del la produzione del Golfo. È molto più probabile che la proliferazione delle armi di distruzione di massa (soprattutto armi nucleari) e dei loro vettori nella regione aumenti piuttosto che diminuire. La concentrazione di gran parte della ricchezza finanziaria mondiale nelle mani di una manciata di sovrani con sede nel Golfo aumenterebbe similmente l’importanza della regione. E infine, il ruolo storico della regione come via di transito verso l’Asia non scomparirà, semmai aumenterà attraverso una rete sempre più stretta di collegamenti e hub aerei e marittimi, nonché di oleodotti e gasdotti
Anche se è probabile che i tassi di fertilità diminuiranno, la popolazione complessiva del Medio Oriente crescerà di quasi il 40%, da 388 a 537 milioni, e la popolazione in età lavorativa crescerà di quasi il 50%. Nel 2025 la percentuale di individui di età compresa tra 15 e 29 anni sarà ancora pari o superiore al 40% in Giordania, Siria, Iraq e Yemen. Supponendo che l’esodo di massa di questa giovane popolazione al di fuori della regione sarà difficile se non del tutto impossibile, la loro pressione sui governi e le richieste di risorse per l’istruzione, l’alloggio e l’occupazione si dimostreranno un potente catalizzatore per cambiamento, in meglio o potenzialmente anche in peggio.
La “transizione delle leadership”, iniziata alla fine degli anni ’90, sarà completata con la scomparsa dalla scena della generazione di autocrati arrivati al potere negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, tra cui Hosni Mubarak e Muammar Gheddafi. Una tale transizione può essere positiva, come è avvenuto in Giordania, Marocco e in larga misura in Siria, ma può anche comportare problemi: i figli non sempre godranno della stessa legittimità o capacità di governo dei loro padri.
La crescente domanda a lungo termine di petrolio e gas farà sì che alcuni paesi della regione, come Algeria, Libia, Arabia Saudita, Iraq e Iran, trarranno beneficio da elevati ricavi derivanti dalle esportazioni di idrocarburi. Tuttavia alcuni paesi come l’Iran e l’Iraq trarranno beneficio da questa situazione solo se riusciranno a modernizzare le loro infrastrutture produttive da qui al 2025, a mantenere una certa sicurezza fisica sui pozzi petroliferi, sugli oleodotti, sui terminali di esportazione e sulle rotte di esportazione marittime, e contemporaneamente se saranno in grado di coprire la domanda interna. Ma forse il fattore più potente che potrebbe modellare la scena del Medio Oriente nei prossimi due decenni è la sempre crescente scarsità complessiva di risorse e il deterioramento delle infrastrutture e dell’ambiente nella maggior parte degli stati.
La maggior parte dei paesi della regione, soprattutto nel mondo arabo, sembrano destinati a rimanere ulteriormente indietro rispetto al mondo sviluppato: saranno complessivamente più poveri (con la ricchezza distribuita in modo molto disomogeneo) e meno istruiti (in termini sia di qualità che di accesso a importanti risorse). Saranno sovrappopolati e soprattutto sovra urbanizzati, con una popolazione sempre più eterogenea. Saranno più inquinati, più secchi, quindi anche sempre più aridi e disidratati. Si prevede che la disponibilità annua pro capite di acqua diminuirà di circa il 40% entro il 2025. Infine si prevedono infrastrutture fatiscenti e obsolete.