Mediterraneo orientale: la Turchia forza la mano

di Guido Keller –

Tornano le tensioni nel Mediterraneo orientale per la questione delle zone di competenza per la ricerca del gas, con la Turchia che ha annunciato l’intenzione di riprendere le esplorazioni con la nave da ricerca Oruc Reis. La Marina turca ha reso noto che la nave si sposterà anche a sud dell’isola greca di Kastellorizo da oggi fino al 22 ottobre, ma da Atene è già stato fatto sapere che l’iniziativa costituisce “una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza nella regione”.
Potrebbe così annichilirsi la mediazione tra Grecia e Turchia portata avanti in sede Nato dal segretario generale Jens Stoltenberg agli inizi del mese, quando a Bruxelles era stata concordata a livello militare una linea diretta per evitare rischi di incidenti e per contribuire a risolvere le controversie tra i due Paesi, “un progetto volto a ridurre il rischio di incidenti nel Mediterraneo orientale”.
Infatti alle iniziative della Turchia è corrisposto sempre lo sfoggio dei muscoli da parte dei vari paesi europei interessati con l’invio di mezzi navali e aerei, con il rischio di incidenti e quindi di una possibile escalation.
Per proteggere nel dicembre dello corso anno la piattaforma per l’esplorazione del gas dell’Eni Saipem 12000, anche l’Italia aveva inviato la fregata Fremm Martinengo con il suo gruppo navale, mossa a cui Ankara aveva risposto con l’invio di droni “Bayrakdar TP2” presso la base Gagit kala, nella parte settentrionale dell’isola di Cipro.
Il nodo è infatti l’Isola di Cipro, divisa in due dalla Linea Verde che separa la Repubblica Turca di Cipro del Nord e la Repubblica di Cipro, membro questo dell’Unione Europea. Le acque del Mediterraneo orientale sono oggetto in questo periodo di esplorazioni da parte di diversi paesi per la ricerca del gas, di cui i fondali sono ricchi, ma la Turchia rivendica come proprie e come parte di Cipro del Nord le acque intorno all’isola, che Ankara considera secessionista.
Anche la Francia ha inviato nelle scorse settimane navi per proteggere le proprie operazioni di ricerca di idrocarburi per la Total, mentre la Gran Bretagna ha già sull’isola di Cipro due basi militari nei territori d’oltremare di Akrotiri e Dhekelia.
Tuttavia il fatto che la Turchia voglia forzare la mano si è visto anche due giorni fa con la riapertura al pubblico da parte della Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia, di un sobborgo e dell’attigua spiaggia presso la città costiera di Famagosta (Gazimagusa in turco): si tratta di Varosha (Maras in turco), importante centro turistico abbandonato dai greco-ciprioti nel 1974 quando i militari turchi occuparono la parte settentrionale dell’isola, ed oggi un centro completamente disabitato. Ad annunciare la riapertura del quartiere sono stati il premier della Repubblica Turca di Cipro del Nord Ersin Tatar e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ma il presidente della repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades, ha dichiarato che si tratta di una “inammissibile” e “flagrante violazione del diritto internazionale” e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, in quanto il quartiere dovrebbe essere abitato dai legittimi residenti e proprietari, che sono a suo tempo fuggiti a sud.
Dello stesso avviso il sindaco di Famagosta, il greco-cipriota Simos Ioannou, per il quale”Varosha avrebbe dovuto essere consegnata ai legittimi proprietari”, e la sua riapertura da parte dei turco-ciprioti è una forma di “pressione psicologica”.
Sulla questione è intervenuto anche il Pesc Josep Borrell, che ha parlato di”flagrante violazione dell’accordo di pace delle Nazioni Unite”.