Messico. Uccidono una donna trans nella capitale: è il terzo caso in due settimane

di Marco Dell’Aguzzo –

flores-alessaGiovedì 13 in una camera d’albergo di Città del Messico è stato ritrovato il corpo, senza vita e con segni di strangolamento, dell’attivista transessuale Alessa Flores. La giovane donna militava da diversi anni in alcune associazioni per la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici sessuali – suoi colleghi e colleghe –, e più in generale delle persone LGBTQ.
Flores compresa, nelle ultime due settimane solo a Città del Messico sono state assassinate due donne transessuali.
Dal 2008 all’aprile del 2016, in Messico si sono registrati 247 omicidi di persone transessuali, venti solo nell’anno corrente. Cifre che ne fanno il secondo paese al mondo più pericoloso per i/le transessuali, dopo il Brasile (845 casi registrati dal 2008 al 2016) e prima degli Stati Uniti (141 nello stesso periodo). Considerata l’intera comunità LGBTQ, invece, dal 1995 ad oggi si contano circa 1310 persone assassinate: 1021 uomini, 24 donne e 265 persone transessuali.
Nonostante sia considerata la zona più progressista dell’intera nazione (i matrimoni tra persone omosessuali sono permessi già dal 2009), e nonostante nel 2015 sia stata introdotta una apposita legge per la tutela delle persone transessuali e un’altra per il rapido riconoscimento legale del cambio di sesso, Città del Messico resta tuttavia l’area metropolitana dove si registrano più delitti.
La causa principale è l’altissimo tasso di impunità che si accompagna ai reati che colpiscono persone transessuali e LGB o persone che praticano professioni ancora profondamente stigmatizzate (come i lavoratori e le lavoratrici sessuali). Nella maggior parte dei casi, le denunce di molestie e abusi non vengono ascoltate dalla polizia, le indagini non vengono avviate e i responsabili non vengono condannati; al contrario, sono le vittime ad essere colpevolizzate e criminalizzate, anche quando si parla di omicidio, che solitamente viene derubricato a “crimine passionale”.
Lo scorso 30 settembre, proprio a Città del Messico, una giovane lavoratrice sessuale di nome Paola è stata uccisa a colpi di pistola da un cliente. Identificato dalle colleghe della donna, che avevano assistito alla scena, l’assassino venne flores-alessa-grandeimmediatamente catturato e altrettanto immediatamente liberato per mancanza di prove: l’uomo dichiarò che fu Paola ad aggredirlo, cercando di sottrargli la pistola con la quale essa stessa, durante la colluttazione, finì involontariamente per spararsi.
L’8 ottobre, nello stato del Chiapas, un’altra giovane transessuale di nome Itzel è stata uccisa nella sua abitazione da due uomini che l’hanno ripetutamente accoltellata.
In Messico, inoltre, persiste forte l’omofobia. Lo si è potuto osservare il 22 maggio scorso, quando alcuni individui hanno fatto irruzione – un episodio molto simile a quello di Orlando del 12 giugno – in un locale gay di Xalapa e hanno iniziato a sparare sulla folla, uccidendo quattro persone. Oppure per tutto il mese di settembre, quando in molti stati del paese sono state organizzate delle marce (culminate il 24 settembre a Città del Messico) in difesa della “famiglia tradizionale” e in opposizione alla legalizzazione del matrimonio egualitario in tutto il Messico, come promesso dal presidente Peña Nieto il 17 maggio. Manifestazioni di questo tipo – che hanno visto la partecipazione di neo-nazisti – sono state promosse e capeggiate dalle gerarchie cattoliche (e sostenute dallo stesso pontefice) e in particolare dal cardinale Norberto Rivera, noto per le sue posizioni ultra-conservatrici e per aver sempre difeso Marcial Maciel (fondatore dei controversi Legionari di Cristo) dalle numerose accuse di pedofilia.

Twitter: @marcodellaguzzo