Migranti: a Roma i ministri dell’Interno si coordinano con la Libia. 800 milioni chiesti da al-Serraj all’Ue

di Enrico oliari

Per fermare i flussi migratori dalla Libia, distruggere il modello di business per i trafficanti e scongiurare le migliaia di morti in mare, è necessario agire sulle cause che portano alle migrazioni e costituire una cooperazione di partenariato specifica fra i paesi interessati.
Ne sono convinti i ministri dell’Interno di Italia, Austria, Francia, Germania, Libia, Slovenia, Malta, Algeria Svizzera e Tunisia, i quali si sono dati oggi appuntamento a Roma, presso la Scuola superiore di Polizia, insieme all’Alto commissario Ue per le Politiche migratorie Dimitris Avramopoulos. Alla riunione hanno preso parte anche il premier Paolo Gentiloni e il collega libico Fayez al-Serraj.
Argomento centrale è stato quello delle migrazioni dalla Libia, paese ancora da stabilizzare, con due governi e un’infinità di tribù autonome e quindi con ampie porzioni di territorio che sfuggono al controllo del governo riconosciuto “di Tripoli”.
I ministri si sono detti convinti che la “gestione delle migrazioni è una responsabilità condivisa che richiede azioni comuni, rapide e decisive per evitare che migliaia di persone rischino la vita per raggiungere il Nordafrica e l’Europa”. Per questo motivo hanno innanzitutto stabilito la creazione di un Gruppo di contatto volto a monitorare azioni e progressi, anche per eliminare il business dei trafficanti in quanto modello di guadagno.
Nel documento finale si legge inoltre l’intenzione di implementare “il coordinamento costante, la cooperazione e lo scambio di expertise e di informazioni nella gestione dei flussi migratori misti nel Mediterraneo centrale allo scopo di:
– affrontare le cause alla radice della migrazione;
– configurare la dimensione economica della migrazione, sulla base del concetto condiviso che una buona gestione della migrazione possa fornire un importante contributo allo sviluppo sostenibile dei Paesi di origine, di transito e di destinazione, potenziando le opportunità di occupazione, soprattutto per i giovani, nei Paesi di origine, ma anche di transito, investendo nello sviluppo economico per prevenire nuovi flussi migratori e accrescendo le opportunità legate alle rimesse, agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro per contrastare il modello di business del traffico di persone;
– mobilitare ulteriormente le risorse, in linea con i recenti impegni, per sostenere i progetti che accrescano le capacità di gestione della migrazione e promuovano lo sviluppo sociale, istituzionale ed economico nei Paesi di origine, anche attraverso la formazione e l’istruzione;
– contrastare il traffico e la tratta di esseri umani e ridurre il numero delle traversate irregolari via mare e nel deserto e conseguire una più efficiente cooperazione operativa, al fine di salvare vite umane;
– migliorare le condizioni di vita dei richiedenti asilo e dei rifugiati, nonché sistemi volti a garantire loro un’effettiva protezione;
– rafforzare la protezione delle frontiere attraverso specifici programmi di formazione, lo scambio di informazioni e la fornitura di mezzi (attrezzature e tecnologie) per accrescere le capacità operative;
– potenziare le campagne di informazione e sviluppare la comunicazione congiunta, soprattutto allo scopo di accrescere la consapevolezza dei rischi connessi alla migrazione irregolare, anche nei diversi punti di passaggio lungo il percorso di viaggio di migranti”.
Hanno inoltre concordato di “monitorare congiuntamente l’attuazione di queste azioni, prevedendo anche incontri a livello di alti funzionari, e di incontrarsi nuovamente, quando lo riterranno opportuno, per valutare i risultati raggiunti e promuovere ulteriori azioni. A tal fine hanno concordato di creare un Gruppo di contatto composto dai ministri, dall’Alto rappresentante vice presidente e dal commissario”.
A Roma con al-Serraj e il ministro dell’Interno libico Elarif El Khoja sono giunti anche il ministro degli Esteri, Mohamed Tahar Siala e il presidente dell’Alto consiglio di Stato, Abdel Rahman Swaheli.
Essi hanno chiesto sostanzialmente all’Europa un aiuto concreto per fare fronte all’emergenza migranti, un po’ come è stato fatto con la Turchia di Recep Tayyp Erdogan, con la quale Bruxelles ha concordato il versamento di 3 miliardi di euro (che possono arrivare a 6), la sospensione dei visti e il riavvio dei processi di adesione alla Casa comune, quest’ultimi due punti in realtà mai partiti. Per quell’accordo la parte sborsata dall’Italia è di 250 milioni (su 3 miliardi).
Le richieste dei libici giunti a Roma si scontrano tuttavia con la realtà della parte di territorio da loro controllato, ovvero solo della Tripolitania, mentre i flussi migratori attraversano l’infinito Fezzan, in mano alle tribù, e risalgono anche la Cirenaica, controllata dal governo “di Tobruk”, guidato da Abdullah al-Thinni e con uomo forte il generale Khalifa Haftar.
Nonostante questo particolare non trascurabile, al-Serraj ha chiesto di contribuire alle necessità della Libia nel far fronte al dramma delle migrazioni e dare quindi seguito all’intesa sottoscritta con il governo italiano (e quindi con l’Ue) il 2 febbraio: le 10 pagine consegnate a Gentiloni (che le girerà all’Unione Europea) chiedono un contributo di circa 800 milioni di euro (Bruxelles ha già versato 200 milioni a titolo di provvedimento d’emergenza) e poi 10 navi, 10 motovedette, 24 gommoni, 4 elicotteri, 30 fuoristrada, 15 macchine, ambulanze, sale operative, 30 telefoni satellitari, apparecchiature e persino bombole da immersione e mute da sub. La lista include anche un sistema radar, ma lì si va più verso il “forse” di Bruxelles.
Gli italiani, coordinati dalla Capitaneria di porto su una missione finanziata dall’Ue, continueranno ad esercitare poliziotti e militari anche per i contrasto ai trafficanti, ma nell’intesa vi sono anche i visti per i cittadini libici, che la rappresentanza italiana a Tripoli potrà consegnare a partire dal 2 aprile.