di Giovanni Caruselli –
L’immigrazione verso l’Europa ha messo in crisi lo spazio Schengen, simbolo visibile di un’Europa senza frontiere fra i Paesi che la compongono. Otto Paesi dell’Unione hanno reintrodotto i controlli ai confini per dare una risposta visibile ai malumori popolari riguardo al numero di reati commessi da immigrati regolari. Alcuni di essi hanno fatto notizia perchè collegati al rifiuto opposto dalle autorità alla concessione del permesso di soggiorno richiesto dal migrante. La sospensione dell’area Schengen non è proibita da alcun trattato purchè sia temporanea, ma, come si diceva, è il significato simbolico di essa che la nuova Commissione appena insediata dovrà affrontare. In punta di diritto ciascun governo può chiudere i confini per un periodo limitato di tempo senza incorrere in alcuna sanzione e l’Austria lo ha fatto. La Corte di Giustizia Europea nel 2022 ha contestato il provvedimento ma il governo di Vienna ha ignorato l’ammonizione. In realtà sembra che il vero pomo della discordia sia la volontà di Berlino di rimandare in Austria i migranti irregolari che in questi anni sono riusciti a varcare i confini – cosa non troppo difficile – per chiedere alle autorità locali tedesche la regolarizzazione. In Germania il dibattito su come combattere l’immigrazione irregolare è divenuto molto vivace. Si analizzano provvedimenti estremi come l’abolizione tout court del diritto d’asilo e si va avanti con i rimpatri degli immigrati afgani, nei confronti della cui opportunità si è molto discusso. Si dibatte anche sulla prassi di pagare ingenti somme di denaro a dittatori dei Paesi africani rivieraschi purchè blocchino i flussi migratori che attraversano il loro territorio. È un modo eticamente corretto di affrontare il problema ? E non si rischia di moltiplicare nei decenni futuri i flussi migratori. Se ne discute anche in seno alla neonata Commissione Europea. In Germania l’opinione pubblica ne fa anche una questione di rispetto delle regole democratiche. La maggioranza del popolo tedesco ritiene che si sia largheggiato troppo in fatto di accoglienza a danno della sicurezza. Quindi bisogna correre ai ripari. E se non lo fanno i partiti storici la gente cercherà un’alternativa, per esempio Alternativa per la Germania (AFD). L’altra area in cui si registrano gravi problemi è il braccio di mare della Manica che quotidianamente i migranti arrivati in Francia tentano di attraversare in direzione delle bianche scogliere di Dover. Anche se nessun governo ha le idee chiare su come si può affrontare il problema, la ragione per la quale bisogna pur fare qualcosa è la crescita dei consensi a favore delle formazioni politiche di estrema destra, pompata dalla presenza sempre maggiore di irregolari nelle città del continente. Gli esiti delle elezioni in Sassonia e nelle foreste montuose della Turingia non possono che preoccupare, mentre la minaccia di Orban di mandare gli extracomunitari in Belgio sembra più una boutade dell’eccentrico leader magiaro che malsopporta le ripetute reprimende di Bruxelles a proposito del suo stile autoritario di governo.
Ci sarebbero misure alternative ai respingimenti, come la delocalizzazione dei centri di accoglienza e di rimpatrio in Paesi terzi, sull’esempio italiano, oppure l’offerta di un rientro in patria con un piccolo supporto economico, praticato in Inghilterra, ma i flussi migratori sembrano risentire poco di questi provvedimenti. La difesa della sicurezza dei cittadini dell’Unione non può essere ignorata e così un reato commesso da un extracomunitario, più o meno grave che sia, ha una risonanza mediatica che alimenta paure e proteste. Le autorità locali si lamentano con i governi per la mancanza di strutture e di risorse che servono ad affrontare il problema e questo stabilizza l’idea dell’emergenza continua di cui non si vede una fine. Solidarietà con i derelitti e sicurezza personale sembrano non potere convivere.
Soprattutto dal 2015, l’anno del boom dell’immigrazione, le richieste dei governi nazionali alla Ue di poter chiudere i confini sono cresciute di anno in anno. Si contesta ai leader europei di non essere in grado di controllare la situazione e ciò giustifica il ripristino dei confini. Ma bisogna ricordare che negli anni in cui si decise di abolire i controlli, si intendeva supportare ideologicamente l’idea di Europa come realtà unitaria contro i nazionalismi più accesi che remavano contro. Poco o nulla veniva preso in considerazione il problema dei confini esterni, che restò di fatto di competenza dei governi nazionali. Le quote di immigrati di quegli anni potevano essere assorbite con qualche modesto ritocco alle politiche sociali e, al tempo stesso, fornivano manodopera per mansioni umili e faticose che gli europei non volevano più svolgere. L’accelerazione del fenomeno migratorio è stata responsabile dell’aggravamento della situazione. Guerre civili, sovrappopolazione, carestie e altro sono state sfruttate da organizzazioni criminali internazionali – e forse non solo da esse – per lucrare quantità di denaro rilevanti vendendo i viaggi della speranza.
È da notare che i partiti di Destra europei iniziano a dividersi sulla questione, considerando che probabilmente prima o poi saranno chiamati a condividere iniziative in merito. La stessa Le Pen in Francia ha adoperato toni sempre più moderati, non insistendo più sull’uscita della Francia dall’Unione e dissociandosi dai più fanatici nazionalisti, che vorrebbero una svolta autoritaria e l’espulsione dal Paese degli immigrati. L’AFD in Germania ha ottenuto un risultato elettorale notevole, ma è stato completamente isolato dagli altri partiti. In altre parole i partiti di Destra sembrano volere abbandonare la loro posizione estrema e spostarsi verso il Centro, replicando la strategia della von der Leyen in sede europea. Nel frattempo si lavora a un nuovo codice di norme che regolino tutta la materia degli accordi di Schengen e si prevede che le modifiche non saranno di poco conto.