Moldavia. Dodon vede Sandu, ma non nasce il governo

Perché c'è chi vuole che il paese guardi a ovest.

di Dario Rivolta * –

Le elezioni politiche in Moldavia si sono tenute il 24 febbraio, ma a tutt’oggi non ci sono né una maggioranza parlamentare né un governo. La Costituzione prevede che se entro novanta giorni dall’insediamento nessun governo avrà ottenuta la maggioranza, il presidente debba sciogliere la Camera e indire nuove elezioni. La scadenza è oramai molto vicina e tutto lascia pensare che Igor Dodon, il presidente socialista considerato filo-russo ed eletto al secondo turno con una marcata maggioranza nell’ottobre 2018, sia costretto a procedere in quella direzione.
Proprio ieri Dodon ha fatto un ultimo tentativo invitando presso la propria residenza Maya Sandu, la leader della coalizione di partiti filo-europei classificatisi seconda forze del paese dopo i Socialisti, per cercare di persuadere lei e la sua delegazione a un compromesso utile a evitare il nuovo ricorso alle urne. Evidentemente lo sforzo è stato vano poiché lo stesso presidente ha annunciato che nessun risultato è stato raggiunto e che teme non ci sia in vista alcun possibile e prossimo cambiamento di atteggiamento da parte dei suoi interlocutori. In effetti, pur accettando l’invito, tutto lascia pensare che la Sandu non avesse nessuna intenzione di negoziare alcunché se e vero, come testimoniato dai presenti, che si è perfino rifiutata di stringere la mano al capo dello Stato.
Apparentemente il motivo dell’impasse sta nella pretesa del partito ACUM di esprimere il primo ministro, nonostante il numero dei suoi parlamentari sia di soli 26, a fronte dei 35 seggi ottenuti dal partito Socialista. In realtà, la partita che si sta giocando riguarda, come prevedibile, come dovrà collocarsi il futuro Governo e cioè se continuerà sulla strada del governo uscente nella volontà di aderire alla Unione Europea e alla NATO oppure se, come auspica il presidente Dodon, sceglierà di rimanere militarmente neutrale cercando di ottenere vantaggi economici sia dall’Eu sia dal tradizionale partner storico, la Russia.
La pretesa della Sandu di guidare il futuro governo sembrerebbe alquanto illogica se si pensa che tutto lascia immaginare che in caso di nuove elezioni i moldavi confermerebbero ancora il Partito Socialista come prima forza. Magari anche aumentando lo scarto con gli inseguitori. Irrazionale, quindi, riandare al voto con la probabilità di perdere anche alcuni dei seggi appena conquistati. A meno che…
Si sa che alcuni governi europei continuano nel loro proposito di installare ai confini della Russia governi ostili al Cremlino e che la Romania non ha ancora rinunciato alla possibilità di annettersi la Moldavia: non ci sarebbe perciò da stupirsi se dietro all’atteggiamento intransigente dell’ACUM ci fossero rassicurazioni provenienti da Bruxelles o da Washington. Di certo si sa che incoraggiare, come è stato fatto anche nel recente passato, le aspettative di chi fantastica l’ingresso di quel povero paese nell’Unione Europea è deleterio e controproducente. L’economia moldava è prevalentemente agricola e i suoi prodotti hanno sempre avuto un naturale sbocco verso il mercato russo. Le sue esportazioni sono poco diversificate e problemi di qualità non consentono loro di competere sui mercati europei. Senza contare che già esiste un trattato di libero scambio con l’Unione, i moldavi possono entrare in Europa senza visto e tuttavia i loro prodotti non riescono ad arrivare sulle nostre tavole in quantità significative. A meno che qualche solone europeo non stia pensando di sovvenzionare a spese dei nostri cittadini una riconversione di tutta la loro economia, è assurdo volerli obbligare a scegliere tra noi e Mosca. Il Paese non è enorme e ben un terzo dei suoi abitanti è emigrato almeno temporaneamente all’estero, ma soprattutto proprio in Russia.
Che Dodon pensi ad una vera equidistanza è confermato dal fatto che non intende denunciare l’Accordo di Associazione con l’Eu ma, contemporaneamente ha ottenuto che il paese sia ammesso come osservatore all’Unione Economica Euroasiatica con capofila la Russia. Che poi non voglia schierarsi aprioristicamente contro gli Stati Uniti è provato dal fatto che la Moldavia aderisce da tempo alla Partnership for Peace e che solo due giorni or sono ha chiesto agli USA di continuare a supportare il formato 5+2 (Moldavia, Regione del Dniester, Russia, Ucraina, Osce, EU e USA) impegnato nel tentativo di trovare una soluzione per la regione separatista del Transdniester.
Comunque sia, i più recenti sondaggi condotti in loco hanno confermato che se i moldavi dovessero essere obbligati a scegliere tra più stretti legami con l’occidente oppure con la Russia, la maggioranza preferirebbe la seconda.
I partiti che hanno perso le elezioni dovrebbero rendersi conto che chi li illude su di un prossimo ingresso della Moldavia nella NATO e nella Ue sta soltanto raccontando frottole e che converrebbe a tutti trovare nei pochi giorni che restano trovare un compromesso che consenta la formazione di un governo, eviti nuove e dispendiose elezioni e soprattutto ponga fine all’interim del primo ministro uscente, Pavel Filip, che è stato sonoramente bocciato dagli elettori.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.