Moldavia. La Gagauzia e lo spettro russo: il nuovo fronte dimenticato dell’est Europa

di Giuseppe Gagliano

Mentre l’occidente guarda all’Ucraina e a Gaza, in Moldavia si apre un altro dossier caldo che mescola giustizia, repressione e geopolitica. L’arresto di Eugenia Gutul, leader della regione autonoma della Gagauzia e figura di riferimento del fronte filo-russo moldavo, rappresenta molto più di un semplice caso giudiziario: è l’ennesima dimostrazione di come l’Est Europa sia oggi teatro di una guerra per procura che si gioca anche nelle urne e nei tribunali.
La narrazione ufficiale moldava parla chiaro: corruzione, finanziamento illecito e legami con il controverso oligarca Ilan Shor. Ma a Mosca l’interpretazione è opposta: per il Cremlino si tratta di “una mossa politica per reprimere l’opposizione”. La reazione del portavoce Peskov e della diplomazia russa è durissima: “uno Stato di polizia”, “soppressione del pluralismo”, “persecuzione dei filo-russi”.
La portavoce Zakharova non usa mezzi termini: chiunque in Moldavia voglia coltivare rapporti costruttivi con Mosca, viene represso. Il messaggio è chiaro: non è solo un conflitto tra governo e opposizione interna, ma un braccio di ferro geopolitico che riflette la frattura tra l’Occidente euroatlantico e l’asse russo.
La Gagauzia è una regione piccola ma simbolica. Popolata da una comunità turcofona ortodossa, gode di un’autonomia riconosciuta ma sempre contestata a livello politico. Fin dagli anni Novanta si è mostrata scettica verso l’europeismo moldavo e ben disposta verso Mosca. Non a caso, nel 2014, mentre Kiev bruciava e la Crimea passava alla Russia, la Gagauzia organizzava un referendum (non riconosciuto) per avvicinarsi all’Unione doganale con Mosca.
Gutul, eletta con i voti del partito Sor, è la sintesi perfetta di questa dinamica: giovane, pro-russa, sostenuta da un magnate condannato, rifugiato in Russia, e sanzionato dagli Stati Uniti. Tutto l’occorrente per diventare un “nemico pubblico” nel nuovo corso europeista di Chisinau.
Ma è proprio qui che il discorso si fa più sottile. Perché se la presidente Maia Sandu è la paladina del progetto europeo moldavo, con l’adesione all’UE nel mirino entro il 2030, l’uso sempre più frequente della magistratura come strumento politico rischia di indebolirne la legittimità. Anche se le accuse a Gutul fossero fondate, la coincidenza tra repressione giudiziaria e avanzata filo-russa appare fin troppo comoda.
Nel frattempo altri esponenti del fronte pro-Shor, come i deputati Nesterovschi e Lozovan, spariscono dalla scena. Anche loro coinvolti in procedimenti giudiziari. Anche loro associati a un blocco politico che punta a guadagnare seggi nelle prossime elezioni. Il rischio è chiaro: che la Moldavia, nel tentativo di occidentalizzarsi in fretta, finisca per adottare metodi che smentiscono i valori che dichiara di difendere.
Nel mezzo la Russia gioca una partita sottile. Non interviene direttamente, ma protegge Shor, lo fa cittadino russo, e rilancia mediaticamente ogni passo falso del governo moldavo. Mentre Bruxelles e Washington restano silenti, Mosca guadagna consenso tra le minoranze e costruisce la narrativa del “pericolo occidentale” che schiaccia le identità locali.
La Gagauzia, dunque, non è solo una regione dimenticata: è un laboratorio per capire come Mosca esercita influenza senza carri armati, ma con reti economiche, alleanze personali e una propaganda calibrata sul risentimento.
E così, in una Moldavia sempre più contesa, si rischia un’escalation silenziosa. Se l’UE continua a leggere il conflitto solo in chiave binaria, democrazia vs autoritarismo, Europa vs Russia, senza tenere conto delle dinamiche interne e delle fratture etniche e culturali, finirà per alimentare proprio ciò che vuole sconfiggere: l’instabilità e la penetrazione russa.
Nel silenzio delle cancellerie europee e nel rumore crescente delle accuse incrociate, la Gagauzia resta lì, in attesa. Di un processo, di un’elezione o di un’altra miccia che riaccenda il fuoco. E questa volta, a differenza dell’Ucraina del 2014, nessuno potrà dire “non lo avevamo previsto”.