Moldavia sempre più vicina all’Europa e alla Nato. Ma cosa abbiamo da guadagnarci?

di Dario Rivolta * –

La Costituzione della Moldavia la dichiara essere uno Stato neutrale e quindi non partecipe di alcuna alleanza. Fa dunque specie che, contrariamente all’assunto costituzionale, prenda parte a operazioni militari congiunte con le forze della NATO, così com’è accaduto lo scorso luglio. In particolare stupisce che il suo esercito, teoricamente neutrale, partecipi a quelle manovre a fianco di quello ucraino coinvolto in una guerra civile che nasconde una lotta tra potenze terze. Perfino il presidente se ne duole, tanto da convocare una conferenza di ex ambasciatori, di esperti e politici stranieri per ribadire la sua contrarietà alle decisioni del governo. La realtà è che la Nato da molto tempo sta facendo di tutto per attrarre quel piccolo Paese nella sua orbita e sta rifornendo il suo esercito di armi e standard compatibili con quelle dell’Alleanza Atlantica. Naturalmente le armi sono americane, così come i finanziamenti per acquistarle. Dal 2017 nella capitale Chişinău è operativo un ufficio Nato che fa seguito al “programma comune” deciso nel 2015 dal primo Ministro Pavel Filip, di cui sono note le simpatie filoeuropee e la sua contrapposizione al presidente eletto direttamente dal voto popolare.
Non è la prima volta che vediamo un Paese dotato di Costituzione agire smentendola nei fatti e, forse, anche noi italiani non siamo sempre immuni da questo strano comportamento. Questa contraddizione non è però l’unica in questo Paese: pur essendo un paese poverissimo, i suoi politici del recente passato (appartenenti a partiti considerati filoeuropei come quelli oggi al Governo) hanno sottratto dalle casse dello Stato qualche miliardo di dollari corrispondente ad una percentuale molto importante del prodotto nazionale lordo.
Il primo ministro di allora, tale Vlad Filat, è finito sotto accusa e sembra che una parte dei beni di suoi stretti congiunti sia stata messa all’asta in questi giorni. Se ne ricaverà, se tutto andrà nel migliore dei modi, solo qualche milione perch il grosso del malloppo è sparito senza lasciare tracce.
In una situazione del genere, fatta da estrema povertà, corruzione diffusa, totale incertezza del diritto, ciò che stupisce è il forte interesse dimostrato dall’Unione Europea per una realtà che, almeno realisticamente, non dovrebbe esercitare nessuna particolare attrattiva per Bruxelles. Per gli USA, vittime della loro fobia antirussa, può essere diverso e si comprende anche perché abbiano deciso di raddoppiare la propria ambasciata a Chişinău con l’acquisto di un nuovo lotto di terreno di ben cinque ettari in città. Va notato che le opposizioni contestano l’operazione e accusano il governo di non voler comunicare quale sia la cifra che gli americani pagheranno ma, soprattutto, che uso sarà fatto di quei soldi. Il sospetto (non confermato) è che siano utilizzati dai partiti al Governo per finanziare le proprie prossime campagne elettorali.
A differenza degli USA,però l’Europa continua, a parole, di voler perseguire con la Russia un dialogo costruttivo e l’unico punto di vera discordia riguarderebbe i fatti di Ucraina. Non è chiaro quindi perché oltre alle somme che generosamente Bruxelles versa da anni, continuano le missioni di funzionari e politici altolocati con lo scopo di favorire l’avvicinamento della Moldavia all’Unione Europea fino a un suo futuro ingresso come nuovo membro.
Già si fece l’errore di cooptare precipitosamente tutti i Paesi del centro ed est Europa con il risultato di trovarci un’Unione sempre più inefficiente e sempre più lontana da quell’unione politica così indispensabile nel nostro mondo globalizzato. Già Bruxelles (e quindi noi) sta riversando cifre enormi nelle casse degli ultimi arrivati ricavandone soltanto beffe e tradimento degli acquis europei, così come Polonia e tutto il gruppo di Visegrad stanno dimostrando. Ora vogliamo pure fare nostri i “malanni” moldavi?
Non sarebbe male che qualcuno si prendesse la briga di spiegarci finalmente quale sia la logica che si nasconde dietro gli sforzi politici ed economici che Bruxelles sta attuando. Non è solo una questione economica: la corruzione è endemica e la politica locale è notoriamente condizionata da alcuni oligarchi che fanno il bello e il cattivo tempo. Il più ricco e potente tra costoro è il già noto Vladimir Plahotniuc, un miliardario che controlla il Partito Democratico e la maggioranza di governo. Il suo potere non si limita alle direttive passate ai politici: ha infiltrato tutto il potere giudiziario e perfino la Corte costituzionale sembra essere eterodiretta, come dimostra il caso dell’ultima elezione del sindaco della capitale. Il 3 giugno scorso, il candidato Andrej Nastase, noto oppositore del miliardario, aveva vinto al secondo turno con il 52,57% contro l’avversario Jon Ceban. Quest’ultimo si era lamentato formalmente per presunte irregolarità nel voto ma aveva rifiutato di chiedere l’annullamento delle elezioni. Nonostante gli osservatori nazionali e internazionali presenti in loco avessero considerato il voto “free and fair” il 19 giugno la Corte d’appello le ha giudicate irregolari e le ha annullate. Subito dopo la Corte costituzionale ha confermato quella sentenza rigettato il ricorso del vincitore senza nemmeno prenderlo in considerazione.
Chi crede comunque che la strada dell’avvicinamento della Moldavia all’Europa sia solo una questione di tempo è la Cina. Non a caso Pechino ha autorizzato ben 84 società a capitale cinese ad aprire proprie sedi in quel Paese ed è evidente che un mercato di soli 3 milioni di abitanti non giustificherebbe un tale spiegamento di forze.
Lo scorso 5 e 6 marzo a Chişinău è stata firmata la prima parte di un accordo di libero scambio mentre la seconda e definitiva parte è stata l’oggetto dell’incontro di luglio a Pechino. Il contenuto dell’intesa comprende l’eliminazione di tutti i dazi e delle barriere tecniche, l’amministrazione delle dogane, servizi medici sanitari e fitosanitari. Uno studio di fattibilità, condotto unitariamente da moldavi e cinesi prevede che il prodotto nazionale lordo moldavo potrebbe crescere dello 0,42%. Evidentemente un’inezia perfino per Chişinău ma addirittura nulla per la Cina. Che senso avrebbe per Pechino un’operazione di questo genere se non costituisse un avamposto di penetrazione verso il mercato europeo una volta che la Moldava ne facesse parte? Ma ancora: che ci guadagna l’Europa?

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.