Mondiali di calcio 2022 e violazione dei diritti umani in Qatar

di Mariarita Cupersito

Non si placano le polemiche sulle violazioni dei diritti umani e dei lavoratori in Qatar, paese che ospita i Mondiali di calcio 2022.
L’inchiesta “Qatar 2022, i Mondiali dello sfruttamento”, a cura del giornalista e portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury, ha fatto luce sulle terribili condizioni di lavoro nonché sui decessi di migliaia di persone durante la fase di preparazione propedeutica allo svolgimento del torneo, da quando cioè la Fifa ha affidato l’organizzazione del campionato mondiale di calcio al discusso Paese arabo.
Stando a quanto riportato dall’Autorità per la pianificazione e le statistiche, dal 2010 al 2019 sarebbero morti più di 15.000 lavoratori stranieri, di diversa età e occupazione, di cui il 63% di origine asiatica e l’87% di sesso maschile. “Non conosceremo mai le cifre reali”, ha affermato Noury, “dal momento che si trattava di persone con scarsi legami sociali in Qatar, dove è vietato costituirsi in sindacati. Con una rete di legami molto labile è difficile recuperare un’anagrafe completa di chi è rimasto ucciso in questi anni”.
Secondo una recente inchiesta del quotidiano The Guardian, le vittime accertate sarebbero circa 6.500 e le cause dei decessi sarebbero riconducibili alle estreme condizioni di sfruttamento e ai colpi di caldo.
La replica del Qatar, che respinge le accuse, non si è fatta attendere: un portavoce dell’Ufficio per le comunicazioni del governo sostiene che le statistiche sugli infortuni e sulla mortalità del paese sarebbero “in linea con le migliori pratiche internazionali, e stabiliscono nuovi standard per la regione”, come riporta la CNN. “Il Qatar ha compiuto progressi significativi e lo scorso giugno ha introdotto leggi che ampliano le ore durante le quali è vietato il lavoro all’aperto, introducono controlli sanitari per tutti i lavoratori e richiedono l’interruzione immediata del lavoro se la temperatura raggiunge vette pericolose”.
Gran parte delle vittime sarebbe deceduta per problemi cardio-circolatori, dunque cause naturali per cui non si è ritenuto di dover effettuare nessun approfondimento, e non sono stati stanziati risarcimenti.
Ma le polemiche sulle violazioni dei diritti umani da parte del Paese arabo hanno portata più ampia e includono la repressione da parte delle autorità della libertà d’espressione, di stampa e di associazione, la persistente preoccupazione per i processi iniqui, le discriminazioni presenti sia nelle leggi che nella prassi a discapito delle donne e delle persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+.
Hanno fatto molto discutere, a tal proposito, le dichiarazioni dell’ambasciatore della Coppa del Mondo del Qatar ed ex calciatore della nazionale Khalid Salman, che nel corso di un’intervista all’emittente tedesca ZDF, ha definito le persone omosessuali e chi fa parte della comunità LGBTQIA+ “un danno per la mente”.
Nel discorso della conferenza stampa di apertura del Mondiale, la cui prima partita è stata disputata domenica 20 novembre, il presidente della Fifa Gianni Infantino ha contrattaccato ribadendo la piena legittimità per la Fifa di organizzare il torneo nel Paese che ospita la competizione. “Le critiche sono ipocrite. Per quello che hanno fatto gli occidentali in 3000 anni dovrebbero scusarsi per altri 3mila. Oggi mi sento arabo, gay e migrante”.