Myanmar. Un tribunale della giunta ha condannato a 33 anni di carcere la ex presidente Suu Kyi

di Alberto Galvi

Un tribunale della giunta del Myanmar ha concluso il processo contro la estromessa leader civile Aung San Suu Kyi, condannandola a 33 anni di carcere. Prigioniera dell’esercito dal colpo di Stato del 2021, Suu Kyi è stata condannata per ogni accusa mossa contro di lei, dalla corruzione al possesso illegale di walkie-talkie, al noleggio, acquisto e manutenzione di un elicottero con i fondi pubblici, alla violazione delle restrizioni al COVID-19.
Il Myanmar è nel caos da quando i militari hanno preso il potere, fatto al quale sono seguite enormi proteste. Da allora la giunta ha annullato il risultato elettorale e ha affermato di aver scoperto oltre 11 milioni di casi di frode elettorale. I militari hanno denunciato diffusi brogli durante le elezioni del novembre 2020, vinte dal partito della Lega nazionale per la democrazia di Suu Kyi.
Sebbene gli osservatori internazionali abbiano affermato che le elezioni sono state libere ed eque, la giunta ha risposto con un giro di vite radendo al suolo villaggi, compiendo uccisioni extragiudiziali e attacchi aerei sui civili. Inoltre più di 1 milione di persone sono state sfollate dopo il colpo di Stato.
Aung San Suu Kyi è stata così giudicata colpevole di cinque capi d’accusa, e farà appello contro gli ultimi verdetti. Dall’inizio del suo processo è stata vista solo una volta, in foto sgranate dei media statali da un’aula di tribunale spoglia, e ha fatto affidamento sugli avvocati per trasmettere messaggi al mondo. Durante la lotta per la democrazia del Myanmar molti hanno abbandonato il principio fondamentale della non violenza, scontrandosi regolarmente con i militari in tutto il paese.
La scorsa settimana il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha invitato la giunta a rilasciare Suu Kyi nella sua prima risoluzione sulla situazione sul Myanmar dopo il colpo di Stato. Il Consiglio di sicurezza è stato relativamente unito dopo che i membri permanenti Cina e Russia si sono astenuti scegliendo di non esercitare veti, nonostante siano stretti alleati della giunta.