Nave Trieste: una portaerei di pace

di Gianluca Celentano

Il 25 maggio la grandiosa opera realizzata dalla Fincantieri di Castellammare di Stabia, quasi sospinta dall’infrangersi sulla prora di un ottima bottiglia di champagne, è lentamente scivolata con il suo interminabile scafo fino a farsi abbracciare totalmente dal mar Tirreno per poi dirigersi verso il porto di Muggiano per completare gli allestimenti e successivamente a Taranto, dove rimarrà di stanza.
Madrina dell’evento è stata Laura Mattarella, figlia del presidente della Repubblica, e all’affollata cerimonia del varo della nave Trieste, insieme al nostro ministro della Difesa Elisabetta Trenta, hanno presenziato le più alte cariche dello Stato.
Tante le notizie, come le polemiche che hanno circondato la scelta del nome della nave. In un primo momento infatti si era pensato a Thaon de Revel, un nobile ammiraglio piemontese soprannominato Duca del mare, ma come afferma l’ex capo di stato maggiore della Marina militare, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, si è preferito il nome “Trieste” in omaggio al centenario del vittorioso esito della Prima guerra mondiale.

La più grande dal Dopoguerra.
Alla più grande ammiraglia navale che l’Italia abbia mai avuto dal Dopoguerra si associano anche le sigle LHD, ovvero Landing Helicopter Dock, con l’identificativo ottico L 9890 e, tanto per dare l’idea della sua lunghezza da poppa sino al bulbo di prua, va considerato che il nuovo grattacielo Unicredit di Milano è alto 231 metri, mentre la LHD è lunga ben 245 metri, quasi un quarto di chilometro.
Si tratta di un’unità navale da sbarco e assalto anfibio con una superficie di 2.200 metri quadri, capace di trasportare al suo interno anche i blindati, ruotati o cingolati dell’Esercito con idro-propulsione per lo sgancio in mare dalle sue aperture laterali, mentre sull’attrezzato ponte c’è un vero eliporto, ma anche lo spazio per il decollo e l’atterraggio dei tanto discussi F35-B a decollo verticale. Insomma una piattaforma in grado di interagire con molta flessibilità anche con altri aeromobili della coalizione Nato.
La struttura prevede due isole distinte da utilizzare indipendentemente – una novità – per le operazioni aeree e quelle navali, certamente un punto in più e non di poco conto rispetto alla Garibaldi, Cavour o le classi San Giorgio.
Sarà anche la sede sul mare del 3. Rgt di Marina San Marco “PER MARE, PER TERRAM”, ma vediamo da vicino le novità: la propulsione rispecchia lo schema CODLAG COmbined Diesel-eLectric And Gas, un sistema già utilizzato sui sommergibili, composto da due motori diesel e turbine a gas in ausilio alla trasmissione elettrica, come prevedono le moderne normative antinquinamento della marina militare. La Leonardo ha provveduto ad allestire tutta la sofisticatissima componentistica radar, scanner e di ricetrasmissione e avanzatissimi sono i sistemi d’arma di cui dispone, come i tre cannoni Melara 76/62 SR, torrette mitragliatrici Oto Melara, e diversi lancia razzi che garantiscono in qualsiasi condizione un’immediata risposta di difesa tra le più avanzate al mondo. Sul ponte e all’interno dell’aviorimessa c’è posto per ben 32 aeromobili, mentre 4.500 metri quadri sono disponibili in un area di coperta per i mezzi ruotati e cingolati. Anche i 50 metri del bacino allagabile, largo 15 dei 47 totali della nave consentiranno una sinergia con tutte le marine della coalizione Nato che potranno ormeggiare all’interno dello scafo della “Trieste” i loro natanti. Nulla quindi da invidiare alla classe Queen Elizabeth, le portaerei della Royal Navy del Regno Unito.
Insomma più di un transatlantico è forse una vera e propria città militare galleggiante, in grado di ospitare più di mille uomini, ma l’aspetto interessante è la sua versatilità che la rende un vero gigante multiruolo non solo militare.

LHD TRIESTE è anche una nave di pace.
Una portaerei da guerra multiruolo, la quale grazie alle sue dimensioni è stata progettata anche per la protezione civile.
Al suo interno nelle 33mila tonnellate di carico massimo, è previsto l’alloggiamento di tutta la logistica per il soccorso e la protezione civile a cui si affianca un vero e proprio ospedale con reparti e sale operatorie nonché stanze di degenza. Il concetto, oltre al soccorso in mare sempre obbligatorio, è di poter costeggiare la penisola giungendo nell’area marina più vicina a un evento di calamità naturale, magari dove gli stessi ospedali della zona sono inevitabilmente fuori uso. Potabilizzatori di acqua, gruppi elettrogeni e strutture imbarcabili CBRN consentiranno in breve tempo di garantire alla popolazione, oltreché ai militari, un soccorso moderno a 360 gradi secondo le nuove linee guida d’intervento.

Un progetto necessario e di solidarietà.
Un ambizioso, impegnativo ma soprattutto utile progetto che ha visto la firma dell’autorevole Ministro Pinotti e la successiva approvazione dell’attuale ministro Trenta, da sempre sensibile alle problematiche sociali, ma anche dell’indiscusso staff ai vertici della Difesa, una Difesa che oggi più che mai agisce in sinergia con il terzo settore, anche per il soccorso e interventi nelle pubbliche calamità. Un impegno professionale che si affianca al ruolo fondamentale di difesa dalla nazione. Oltre alla soddisfazione dell’AD di Fincantieri Giuseppe Bono per il varo della LHD “Trieste”, il cui indotto supera il miliardo al quale si aggiungeranno altri 70 milioni per lo sviluppo di nuovi progetti, si è evidenziata con il varo anche la qualità del polo campano di Fincantieri e dei suoi validi ed esperti tecnici e operai.