Nepal. La crisi politica coinvolge il premier Oli e il partito PCN

di Alberto Galvi

La recente crisi politica nepalese ha coinvolto il primo ministro KP Sharma Oli, che ha sciolto la Camera dei rappresentanti composta da 275 membri per un mandato di 5 anni. L’altro ramo del parlamento è l’Assemblea nazionale composta da 59 membri per un mandato di 6 anni, con rinnovo di un terzo di loro ogni 2 anni.
Ciò avviene in un momento in cui il primo ministro nepalese è sottoposto a forti pressioni da parte delle fazioni rivali del PCN (Partito Comunista del Nepal), guidate dagli ex primi ministri Pushpa Kamal Dahal detto Prachanda e Madhav Nepal, nonché dal ministro dedell’Interno Ram Bahadur Thapa.
Le due fazioni rivali si erano precedentemente unite per rivendicare la regione indiana di Kalapani e avevano contribuito alla creazione di una nuova mappa politica del Nepal. Tuttavia i litigi sono iniziati il 13 giugno scorso subito dopo che il Parlamento l’aveva approvata.
La crisi politica in corso è nata sulla scia di una lotta di potere in corso nel PCN in quanto nel governo nepalese sette ministri vicini a Prachanda hanno annunciato le loro dimissioni. La tensione tra le due fazioni è aumentata da maggio, con Prachanda che ha ripetutamente accusato Oli di non consultare gli organi del partito per le decisioni importanti.
Kamal Dahal è stato invece scontento di una mancata consultazione con in il Comitato centrale nella nomina di ambasciatori e ministri.
Questo mese la situazione è peggiorata poiché Oli non è riuscito a far passare le ordinanze con la maggioranza dei voti parlamentari a causa dell’opposizione della fazione di Prachanda. Il primo ministro ha perso la maggioranza dei parlamentari del suo partito, del Comitato centrale e della Segreteria del partito.
Lo scioglimento del parlamento ha indotto una riunione della fazione favorevole a Prachanda nel Comitato centrale del PCN. Il gruppo ha deciso di intraprendere un’azione disciplinare contro Oli. Nel frattempo almeno tre petizioni scritte sono state depositate presso la Corte Suprema del Nepal e altre sono in procinto di essere depositate nei prossimi giorni.
La questione è ora pendente dinanzi alla Corte suprema del Nepal. Se il tribunale rileverà che la decisione di Oli ha violato le disposizioni costituzionali, dovrà dimettersi da primo ministro. Infatti non vi è alcuna disposizione nella costituzione che consenta al premier di sciogliere il governo in modo unilaterale pur avendo una maggioranza dei suoi due terzi.
L’opposizione ha invece ripetutamente accusato il governo di Oli per la sua gestione dell’emergenza coronavirus e di corruzione. Da quando ha preso il potere Oli è stato accusato in politica estera di essersi avvicinato troppo alla Cina e di essersi allontanato dal tradizionale partner del Nepal, l’India, causando tensioni tra i due Paesi.
Le relazioni tra Nepal e India sono state tese nel 2015 quando il Paese himalayano ha approvato una controversa nuova costituzione, scatenando proteste mortali e innescando un blocco di confine che è durato mesi. Il blocco ha causato una grave carenza di carburante e merci mentre il Nepal all’inizio di quest’anno ha lottato per riprendersi dai devastanti terremoti che si sono succeduti.
La crisi ha anche spinto il Nepal a firmare il suo primo accordo di fornitura di carburante con la Cina per alleviarne la carenza. La Cina ha aumentato la sua influenza in Nepal, diventando uno dei suoi principali partner commerciali.
Dopo la sua vittoria nel 2017, Oli aveva promesso di combattere la corruzione e la povertà, ma ha fatto pochi progressi, soprattutto perché la pandemia da Covid-19 ha danneggiato la già povera economia del Paese himalayano in gran parte dipendente dal turismo.
La costituzione del 2015 non prevede lo scioglimento del parlamento che funziona perfettamente. Il problema è all’interno del PCN e il premier non può attaccare il parlamento per la sua incapacità di trattare con i dissidenti interni al partito.
Le prossime elezioni generali sono previste tra due anni, ma l’ufficio del presidente Bidhya Devi Bhandari ha dichiarato che le date di votazione del 30 aprile e del 10 maggio 2021 sono state raccomandate a seguito di una riunione di emergenza dal governo Oli.