Netanyahu spinge per la guerra totale. L’Iran, ‘risponderemo con i cacciabombardieri supersonici russi’

Forti le perplessità nelle cancellerie occidentali, ma tedeschi e britannici cedono.

di Mohamed Ben Abdallah

Nonostante il primo ad attaccare sia stato Israele, con il raid sulla rappresentanza diplomatica iraniana di Damasco il 1 aprile costato la vita a 11 tra alti ufficiali e funzionari dei Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione), il premier israeliano Benjamin Netanyahu continua ad insistere su una prossima risposta all’attacco con 200 droni dello scorso 13 aprile, il 99% dei quali abbattuti dalle batterie di difesa Iron Dome o dai jet alleati già sui cieli dell’Iraq.
L’azione iraniana ha avuto evidentemente un carattere più politico e dimostrativo che offensivo, dal momento che la Repubblica Islamica dispone di armamenti con maggiori capacità dei lenti droni (circa 300 km/h) che hanno impiegato ore per percorrere oltre mille chilometri, e non a caso da Washington e dalle varie cancellerie occidentali è stato rivolto a Netanyahu l’invito a non rispondere all’attacco in quanto ciò comporterebbe un’escalation dagli esiti imprevedibili. Da Mosca il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha lanciato un appello alla moderazione, sottolineando l’impegno della Russia, che ha “rapporti costruttivi sia con Israele che con l’Iran”, per il dialogo.
Netanyahu tuttavia ha bisogno della guerra, non solo di quella a Gaza costata la vita a 34mila civili di cui un terzo bambini, per tenere saldo il potere in un momento in cui la sua leadership è messa in discussione dalle maxi-manifestazioni che si susseguono nelle città israeliane e persino da membri del suo gabinetto, in particolare i centristi, per cui sta cercando di convincere gli alleati occidentali della necessità di rispondere all’Iran, costi quello che costi.
Nelle ultime ha avuto colloqui con il premier britannico Rishi Sunak e con il ministro degli Esteri David Cameron, ed ancora con il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baebock, dai quali ha incassato il sostegno al “diritto di Israele all’autodifesa”, ma restano forti le perplessità nelle varie cancellerie. Cameron ha indicato l’intervento di Israele come “cosa ormai certa”, limitandosi ad aggiungere che il Regno Unito “spera che si agisca in modo che la situazione si aggravi il meno possibile”. Ha quindi chiesto, come anche ha fatto il consigliere per la Sicurezza Usa Jake Sullivan, al G7 nuove sanzioni contro l’Iran, che però dopo mezzo secolo di ritorsioni e in un mondo ormai multipolare sembrano destinate a lasciare il tempo che trovano.
Intanto in Iran ci si prepara a un possibile attacco: il comandante delle forze aeree dell’Esercito Hamid Vahedi è intervenuto oggi alla parata delle Forze armate affermando che “consigliamo ai nostri nemici di non commettere l’errore strategico di attaccarci, perchè saremo pronti a colpirli soprattutto con i cacciabombardieri ipersonici russi Sukhoi-24”, mentre il presidente della Repubblica Ebrahim Raisi ha confermato che “la rappresaglia contro Israele è stata limitata: se avessimo deciso di colpire in modo più duro, non sarebbe rimasto nulla”. Ha quindi avvertito che “se i sionisti ci attaccheranno e colpiranno i nostri interessi, la nostra risposta sarà più pesante”.
Un sondaggio della Cnn ha rivelato che il 74% degli israeliani sarebbe contrario a un intervento contro l’Iran, ma Netanyahu ha avvertito che “deciderò da solo”.
La situazione è incandescente. L’Iran ritirato dalle basi in Siria, da tempo obiettivo dei raid israeliani, il proprio personale militare, mentre in un raid israeliano sui campi profughi palestinesi di Maghazi e di Yabna sono morte 18 persone “tra cui bambini”. Il gruppo libanese degli Hezbollah continua a martellare con razzi e droni il nord di Israele, e nell’Alta Galilea è stata colpita una base militare: stando a quanto riportato dall’Idf il bilancio sarebbe di 14 militari feriti, “alcuni in modo grave”.