di Simone Chiusa –
Dopo l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, Israele ha lanciato una vasta offensiva di terra nel sud del Libano. L’operazione, descritta dall’Israel Defence Forces (IDF) come una serie di “raid terrestri limitati e mirati”, ha preso di mira le infrastrutture di Hezbollah nelle regioni meridionali del paese. Parallelamente la capitale Beirut è stata colpita da pesanti bombardamenti. Un attacco tramite droni ha causato il crollo di diversi edifici nel centro della città, una zona che non subiva simili incursioni da quasi vent’anni. Questo attacco ha aumentato il senso di insicurezza tra i residenti, portando molte famiglie a lasciare le proprie case.
Secondo le Nazioni Unite oltre 100mila libanesi hanno attraversato la frontiera con la Siria in cerca di rifugio, mentre più di un milione di persone, circa un quinto della popolazione, sono state costrette a fuggire dalle proprie abitazioni. Il bilancio delle vittime è in costante crescita, con oltre mille libanesi uccisi e circa 6mila feriti in meno di due settimane di conflitto. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in un videomessaggio che Israele è pronto a fare tutto il necessario per proteggere il suo popolo, affermando che “non c’è luogo in Medio Oriente che Israele non possa raggiungere”.
Carri armati israeliani sono già entrati nel territorio libanese senza incontrare resistenza, con l’esercito che è arretrato senza combattere.
Hezbollah ha risposto ufficialmente tramite il suo vicesegretario generale, Sheikh Naim Qassem, il quale in un discorso televisivo ha accusato Israele di commettere massacri con il pieno supporto degli Stati Uniti. Qassem ha ribadito che, nonostante la perdita del loro leader, Hezbollah continuerà la sua resistenza in difesa della Palestina, di Gaza e del Libano, promettendo di proseguire nella lotta contro l’occupazione israeliana.
Il conflitto, già estremamente teso, sembra destinato a peggiorare. Israele non ha mostrato segnali di voler procedere verso una de-escalation, anzi, l’espansione delle operazioni terrestri in Libano suggerisce un piano più ampio. L’obiettivo di Israele non si limita a garantire la sicurezza dei suoi cittadini nel nord del paese, ma sembra essere quello di ridisegnare l’equilibrio geopolitico della regione. L’influenza dell’Iran, che da anni sostiene economicamente e militarmente Hezbollah, Hamas e le milizie Houthi in Yemen, è al centro di questa offensiva israeliana.
Israele, infatti, ha esteso le sue operazioni militari anche al di fuori del Libano, colpendo le milizie Houthi in Yemen con raid aerei su obiettivi strategici come impianti di rifornimento di carburante e infrastrutture energetiche. Le incursioni hanno inflitto pesanti danni alle capacità militari degli Houthi, che da mesi attaccano Israele in solidarietà con i palestinesi. Questo intervento ha suscitato timori di una guerra regionale su più fronti, alimentando l’instabilità già diffusa in Medio Oriente.
L’assenza di un intervento deciso da parte della comunità internazionale, in particolare dall’Europa e dagli Stati Uniti, contribuisce a lasciare Israele libero di agire come meglio crede. L’amministrazione Biden non ha dato alcun segno di voler esercitare pressioni per un cessate il fuoco, lasciando così campo aperto a ulteriori escalation.