di Giuseppe Gagliano –
Il recente conflitto tra Pakistan e India, in cui il Pakistan ha utilizzato i jet cinesi J-10C per abbattere cinque caccia indiani, tra cui i Rafale di fabbricazione francese, segna un momento cruciale non solo per la rivalità tra i due Paesi, ma anche per le dinamiche strategiche, militari e geopolitiche nell’Asia meridionale e oltre. Questo episodio, avvenuto la scorsa settimana, ha messo in evidenza la crescente influenza della tecnologia militare cinese e le sue implicazioni su scala globale, suscitando preoccupazioni in vari attori internazionali, da Taiwan agli Stati Uniti, passando per l’Europa.
Il Pakistan ha celebrato il successo dei J-10C, jet di quarta generazione e mezza prodotti dalla Chengdu Aircraft Corporation, che hanno dimostrato capacità avanzate abbattendo aerei indiani in un’intensa battaglia aerea durata un’ora, coinvolgendo 125 velivoli a distanze superiori ai 160 chilometri. I caccia indiani colpiti includevano tre Rafale, un MiG-29 e un Su-30, secondo le dichiarazioni pachistane, anche se l’India non ha confermato le perdite, limitandosi a smentire alcune immagini circolate come “disinformazione”. Fonti del Ministero della Difesa francese, tuttavia, hanno ammesso la perdita di almeno un Rafale, segnando il primo abbattimento in combattimento di questo aereo NATO-standard. Questo scontro rappresenta il debutto operativo dei J-10C e dei missili cinesi PL-15, un banco di prova reale per la tecnologia militare di Pechino contro sistemi occidentali consolidati.
Dal punto di vista militare, il successo dei J-10C, equipaggiati con radar AESA (Active Electronically Scanned Array), missili a lungo raggio PL-15 e avanzati sistemi di guerra elettronica, evidenzia i progressi della Cina nello sviluppo di armamenti competitivi. I J-10C hanno dimostrato capacità di jamming, interferendo con i radar e i sistemi di comunicazione dei Rafale, un aspetto che mette in discussione la superiorità tecnologica occidentale, spesso data per scontata. La PL-15, con una portata che si dice superi quella delle versioni da esportazione, ha dato al Pakistan un vantaggio tattico decisivo nei combattimenti a lunga distanza. Questo risultato non è solo un trionfo per il Pakistan, ma anche una vetrina per la Cina, che vede la propria industria della difesa guadagnare credibilità globale. Le azioni della Chengdu Aircraft Corporation sono salite del 40% in una settimana, riflettendo la fiducia degli investitori nelle prospettive di esportazione di questi sistemi.
Le implicazioni strategiche sono profonde. Per l’India questa sconfitta aerea rappresenta un duro colpo, non solo in termini di perdite materiali, ma anche di prestigio militare. L’India aveva investito pesantemente nei Rafale per modernizzare la propria forza aerea, considerandoli un pilastro per contrastare sia il Pakistan che la Cina lungo il confine himalayano. La vulnerabilità dei Rafale contro i J-10C potrebbe spingerla a riconsiderare le proprie strategie di difesa aerea, magari accelerando l’integrazione di sistemi più avanzati o cercando una maggiore cooperazione con partner occidentali come gli Stati Uniti. Tuttavia, la dipendenza da hardware straniero (francese e russo) evidenzia una debolezza strutturale: l’India fatica a sviluppare tecnologia militare indigena competitiva, un problema che potrebbe accentuare la sua insicurezza strategica.
Per il Pakistan, invece, il conflitto rafforza la sua posizione come alleato chiave della Cina. Con oltre l’80% del suo arsenale militare fornito da Pechino, il Pakistan funge da banco di prova per le armi cinesi, dimostrandone l’efficacia contro avversari di alto livello. Questo successo potrebbe consolidare ulteriormente l’asse Islamabad-Pechino, con il Pakistan che si posiziona come un “vetrina” per le esportazioni militari cinesi, attirando l’interesse di altri Paesi, specialmente in Medio Oriente, come Egitto, Iran e Arabia Saudita. La Cina, già quarto esportatore mondiale di armi, potrebbe sfruttare questo episodio per ampliare la propria influenza attraverso la “diplomazia dei caccia”, creando legami strategici più stretti con i clienti grazie ai requisiti di manutenzione, addestramento e supporto tecnico che accompagnano queste vendite.
Geopoliticamente, l’episodio ha ripercussioni che vanno oltre il subcontinente indiano. Taiwan, che osserva da vicino il conflitto, ha motivo di preoccupazione. Hu Xijin, ex caporedattore del Global Times, ha avvertito che il successo del Pakistan dovrebbe “spaventare” Taipei, suggerendo che la superiorità tecnologica cinese potrebbe rappresentare una minaccia reale in un potenziale conflitto nello Stretto di Taiwan. I J-10C, insieme alla dottrina di guerra sistemica di Pechino, che integra sensori, missili e sistemi di comando, mostrano come la Cina stia colmando il divario con le potenze occidentali, un segnale inquietante per le forze taiwanesi, che dipendono in gran parte da equipaggiamenti americani.
Anche gli Stati Uniti e l’Europa sono costretti a rivalutare le proprie posizioni. Il conflitto India-Pakistan offre alla Cina un’opportunità unica per raccogliere dati preziosi sulle prestazioni dei propri sistemi contro hardware occidentale, un vantaggio che potrebbe essere sfruttato in scenari futuri, come un confronto nel Pacifico. La perdita di un Rafale, un caccia considerato tra i migliori della sua categoria, mette in discussione l’efficacia delle tecnologie NATO in contesti di guerra ad alta intensità, specialmente contro avversari dotati di sistemi cinesi avanzati. Questo potrebbe spingere i Paesi occidentali a investire maggiormente in tecnologie di quinta generazione, come l’F-35, o a sviluppare nuovi missili a lungo raggio per contrastare la PL-15.
Un altro aspetto critico è il ruolo della Cina come attore geopolitico. Nonostante il successo dei J-10C, Pechino ha mantenuto un profilo basso, con il portavoce del Ministero degli Esteri, Lin Jian, che si è limitato a dire di “non essere a conoscenza” dell’uso dei jet cinesi. Questa cautela riflette il delicato equilibrio che la Cina cerca di mantenere: da un lato, vuole capitalizzare sul successo militare per promuovere la propria industria della difesa; dall’altro, non desidera alimentare ulteriori tensioni con l’India, con cui aveva recentemente avviato un disgelo lungo il confine himalayano, culminato in un accordo di pattugliamento a ottobre 2024. Un’escalation tra India e Pakistan rischierebbe di complicare i rapporti sino-indiani, un’eventualità che Pechino preferisce evitare, dato il peso economico dell’India come partner commerciale.
Infine, il conflitto sottolinea la fragilità dell’equilibrio tra due potenze nucleari come India e Pakistan. La possibilità di un’escalation, anche involontaria, rimane alta, soprattutto considerando la presenza di attori esterni come la Cina, che attraverso il suo supporto militare al Pakistan influenza indirettamente la dinamica del confronto. Gli Stati Uniti, che mantengono legami sia con l’India che con il Pakistan, si trovano in una posizione scomoda: da un lato, vogliono rafforzare l’India come contrappeso alla Cina nell’Indo-Pacifico; dall’altro, non possono ignorare il Pakistan, un partner storico nella lotta al terrorismo. Questa ambiguità potrebbe limitare la capacità di Washington di mediare efficacemente tra le parti, lasciando spazio alla Cina per consolidare la propria influenza nella regione.
In sintesi, il successo dei J-10C nel conflitto India-Pakistan non è solo una vittoria tattica per il Pakistan, ma un evento che ridefinisce gli equilibri militari e geopolitici in Asia. La Cina emerge come un attore sempre più assertivo nel mercato globale degli armamenti, mentre India, Taiwan e le potenze occidentali sono costrette a rivalutare le proprie strategie di difesa. In un contesto di rivalità crescenti, questo episodio potrebbe essere un’anticipazione di futuri scenari di conflitto, dove la tecnologia militare cinese giocherà un ruolo sempre più centrale.