Panorama geopolitico, conflitti geoeconomici e nuovo governo

di Massimo Ortolani *

Anche se è stato autorevolmente sostenuto che il prossimo governo italiano riuscirà a superare la mole degli ostacoli che si profilano all’orizzonte, rimangono perplessità in merito alla ristrettezza temporale entro la quale dovrà attuare le misure eccezionali a ciò richieste. Ciò al fine di evitare in primo luogo l’incancrenirsi dei dirompenti effetti del caro-energia sul sistema economico nel suo complesso, che il governo uscente ha iniziato a contrastare con misure che, in alternativa a scostamenti di bilancio, possano beneficiare al massimo di residui di fondi, dell’extragettito, di mirate azioni di natura commerciale del GSE, e di misure di risparmio energetico. Costi energetici destinati comunque ad impattare non solo sulla finanza pubblica, ma più incisivamente sulla crescita dei prezzi, con relativo effetto sulla domanda, e per tale via sulla produttività, nonché sulla competitività, rispetto a paesi nostri concorrenti che non hanno bisogno di importare gas russo, o che ne importano percentualmente di meno.
Il nuovo governo sarà operativo ad inizio autunno, quando saranno statisticamente aggiornati i dati sui negativi effetti economici, diretti ed indiretti, della guerra in Ucraina e quelli, positivi, della graduale uscita dai vincoli pandemici per il sistema economico, della forte ripresa del turismo, del traino dell’ export e del settore edile, ecc, Si potrà allora stimare con maggiore attendibilità se e quanto, l’Italia stia registrando solo un ridimensionamento del tasso atteso di crescita annuale del Pil, ovvero si sia già inoltrata nel tunnel della stagflazione.
E’ dunque dal fronte russo-ucraino che dovrebbero giungere le notizie decisive a questo proposito e se Mosca avrà deciso di bloccare del tutto la fornitura di gas attraverso il North Stream 1. Anche se, ad assecondare le mire putiniane di spezzare il fronte dei paesi occidentali, sembrano ora sufficienti modeste riduzioni diluite nel tempo, lasciando che siano le aspettative di una prospettico plateale riduzione, ad incidere sui futures. Come sembra doversi interpretare dall’andamento di prezzi spot del gas ultimamente registrati alla borsa di Amsterdam (1).
Sul piano dell’intelligence, questa circostanza è decisamente illuminante, in quanto dà conto di come le scelte di politica energetica si siano in passato via via allontanate dal rispetto del criterio allargato di “sicurezza nazionale”, preferendo affidarsi all’implementazione operativa di principi di stretta derivazione economica. Infatti in passato si è optato per sostituire contratti a lungo termine a prezzo prefissato “take or pay”, sostenendo che il mercato spot offriva occasioni di acquisto molto più vantaggiose. Ma in aggiunta si è anche continuato ad affidarsi ad acquisti per percentuali troppo rilevanti da un solo fornitore geopoliticamente rischioso. Tanto che l’esperienza attuale mostra come questo solo fornitore, nonostante il nostro rifiuto conclamato di venderci maggiori volumi, dapprima con il blocco del gasdotto South Stream, e poi con quello del North Stream II, riesce comunque a renderci dipendenti attraverso la manipolazione della variabile “prezzo”. La scelta ottimale sarebbe stata dunque quella di approntare nel corso del tempo degli approdi di rigassificazione, anche offshore, che, oltre ad essere meno soggetti a contestazioni locali di natura ambientalista, lasciano ampi spazi di libertà operativa tanto in tema sia di fornitore che di prezzo (2).
Ma si può obiettare che ora è troppo facile avanzare critiche di tal genere. E invece dal punto di vista dell’intelligence economica, per intuire le minacce potenziali insite nell’arma del gas russo sarebbero bastate analisi di natura antropica o di psycohistory. Attenendosi quindi al pensiero di Putin, espresso nella sua dissertazione di dottorato del 1997, per seguirne poi temporalmente le mosse, e scoprire che intendeva servirsi dell’energia come leva per fare riguadagnare alla Russia il ruolo che a suo giudizio le spetta a livello geostrategico (3).
Ora i paesi membri hanno di fronte l’ostacolo di ideare ed attuare modalità di un price cap europeo efficace, stante il forte scetticismo di autorevoli esperti della materia. Ciò a motivo dello riluttanza sia tedesca, spiegata da timori di natura giuridico-contrattuale, che olandese, nonchè di difficoltà di natura tecnico-economica: se applicare il cap a tutto il gas importato via tubo o solo a quello russo, e come formulare il differenziale di prezzo, tra il livello del cap sul gas russo importato ed il prezzo di mercato del GNL.
E però i tempi stringono fortemente per la definizione di tali strategiche misure, in previsione di una guerra russo-ucraina che non terminerà certamente tra pochi mesi, stanti i maggiori arruolamenti di truppe in corso sia in Russia che in Ucraina. E quindi con la necessità di tener conto dell’effetto sulle imprese non solo del caro bollette, ma anche di quello delle sanzioni alla Russia. In merito all’impatto economico di tali misure merita segnalare che, purtroppo, qualcuno, ignorantemente, ritiene che il maggiore avanzo della bilancia commerciale russa, connesso ai rincari dei prezzi del gas, sia di per se tale da compensare il negativo effetto economico delle sanzioni occidentali.
Il fatto che le sanzioni colpiscano significativamente l’economia russa, per la quale il FMI già prevede un calo del PIL di oltre l’8% per il 2022, è dimostrato dalle azioni di divieto di pubblicazione/sottrazione di informazioni e dati al riguardo che l’establishment russo sta mettendo in atto. Per una valutazione più oculata servirebbero pertanto le info reperite dai servizi di intelligence. Ciononostante è acclarato l’impatto sulle importazioni, crollate per componenti strategiche ed indispensabili, come le parti di ricambio nel settore dell’aviazione civile ed in quello manifatturiero, compromettendo la funzionalità di molti settori produttivi. Con la conseguenza che le maggiori entrate valutarie a disposizione non servono per acquistare prodotti sotto sanzione. Si legge di aerei cannibalizzati per le parti di ricambio e di chips sottratti ai frigoriferi per un utilizzo in campo militare (4).
Sul piano geopolitico sarebbe allora necessario che il nuovo governo sottolineasse al grande pubblico che i sacrifici connessi alle misure energetiche ed alle mancate esportazioni, in periodo di guerra come quello attuale, rappresentano il costo per l’affermazione di principi e valori, e per il rispetto del diritto internazionale, connessi alla difesa di un paese aggredito. Due elementi basilari andrebbero in particolare sottolineati:
1) che lo scambio mitigazione delle sanzioni contro aumento del flusso del gas sarebbe un invito alla Russia di perpetrare la sua aggressione quando ancora l’Ucraina non vuole arrendersi e,
2), che proprio la modestia delle sanzioni applicate dalla UE nel 2014, dopo l’invasione della Crimea, ha spinto Mosca ad un comportamento ancora più aggressivo.
A concretizzare una eventuale tempesta perfetta, sul piano delle tensioni geopolitiche, potrebbe inoltre contribuire nei prossimi mesi l’ aggravarsi della crisi a Taiwan. Ma, per quanto la Pechino stia ancora insistendo con le manovre navali attorno all’isola, una serie di circostanze concomitanti induce a sperare che l’opzione dell’assedio e del blocco commerciale (più che l’invasione) sia per ora da evitarsi. C’è infatti da considerare che a novembre è previsto il congresso nazionale del partito comunista, che dovrebbe concentrarsi sulla stabilità interna, e che potrebbe confermare Xi Jinping alla guida del paese. Pechino è inoltre alle prese con tensioni economico-sociali interne connesse a piaghe e carestie. Senza parlare delle ancora esistenti tensioni di natura finanziaria affliggenti una parte dell’apparato bancario, e di quello ombra, nonché alcune importanti holding di costruzioni. Sta cercando di affrontare tali evenienze con un pacchetto di stimoli da 149 miliardi di USD. Tutte misure che dovrebbero contribuire alla ripresa dei consumi ed a raggiungere l’obiettivo di non dipendere ancora fortemente dall’export che, invece, proprio grazie all’esportazione di prodotti sanitari in periodo di pandemia, ha continuato ad espandersi (5).
Per quanto sopra detto, si ha motivo di ritenere in conclusione che nei prossimi mesi la UE nel suo complesso dovrà affrontare la drammatica sfida, geopolitica e geoeconomica, connessa con la guerra russo-ucraina, cercando di mantenere la compattezza sinora dimostrata. Si tratta, in sostanza, di arrivare al 2023 confidando che l’insieme delle misure nel frattempo predisposte abbia “tenuto”. Nel corso del nuovo anno, infatti, proprio tali misure dovrebbero consentire con maggiore facilità di allentare la tensione creata dal ricatto russo. Sicuramente il rischio maggiore da questo punto di vista, per il nuovo governo, è riconducibile all’innesco di catene di effetti non previsti/prevedibili, che nel complesso conducano ad un incremento del rapporto Debito/Pil, stante appunto l’incertezza che sembra pervadere prospetticamente il denominatore. E rapporto notoriamente oggetto di occhiuta attenzione da parte della speculazione finanziaria (6).
Sarà un compito arduo quello della ricerca del consenso all’interno dei paesi membri UE su tali misure. Il criterio operativo strategico in tale evenienza dovendo essere quello della loro facile ed immediata applicabilità per alleviare al massimo i gravami altrimenti ricadenti sui singoli governi nazionali, e possibile causa di una ulteriore frammentazione tra i paesi membri.
E’ dunque nell’ambito della UE che il nuovo governo italiano deve cercare di imporsi per persuasività delle proposte avanzate ed autorevolezza dei suoi nuovi esponenti politici. E sempre tenendo presente che anche altre azioni complementari potrebbero essere attivate, dato che sono ormai considerati maturi i tempi per superare l’impasse del voto all’unanimità, e per un approccio più innovativo alle alleanze in politica estera ed energetica. Ma per promuovere il proprio interesse nazionale all’interno di un processo negoziale così complesso sarà anche necessario dotarsi di buone alleanze. (Onde evitare possibili azioni di natura concorrenziale, come ci potremmo presumibilmente attendere dalla recente visita di Macron in Algeria) (7). Ad esempio tra soli 3 o 4 grandi paesi su tematiche pionieristiche, senza quindi soggiacere al vincolo burocratico dei 9 membri aderenti, richiesto per la formazione di una cooperazione rafforzata.
Per completare il quadro delle tensioni geoeconomiche attuali e latenti, dovremmo accennare anche alla grave situazione libica ed alle implicazioni, per export e geofinanza, di un debito estero sempre più rischio di default in molti paesi emergenti. Ma già quanto sopra è sufficiente a segnalare che, per confrontarsi con tale complessità di interdipendenze sul piano geostrategico, sarebbe opportuno ricorrere ad un crescente contributo dell’Intelligence Economica (IE) per valutazioni di natura politico-diplomatica. Con un nucleo di IE capace di analizzare ex ante, e monitorare on going, le intenzioni ed implicazioni dell’operato di entità estere, sia statuali che non, sempre più opache e penetranti.

Note:
1 – Appaiono inquietanti gli interrogativi di intelligence economico-finanziaria circa l’origine delle fiammate di natura speculativa alla borsa di Amsterdam. Stante la modestia degli importi contrattuali gestiti da questa borsa, mentre Mosca preferisce bruciare parte del gas pur di non venderlo.
2 – La Spagna, con il suo surplus di capacità di rigassificazione ha molto da insegnarci a questo proposito.
3 – Ved. pag 27 de: Il Ricatto del Gas Russo” – Alberto Clò – Ed. Il Sole 24 Ore.
4 – Si veda: Business Retreats and Sanctions Are Crippling the Russian Economy by Jeffrey Sonnenfeld, Steven Tian, Franek Sokolowski, Michal Wyrebkowski, Mateusz Kasprowicz: SSRN, e anche Senza soldi e pezzi di ricambio, le sanzioni hanno messo a terra l’industria russa, Linkiesta.it.
5 – Il tema del surplus commerciale cinese è emblematico di come, sullo spinoso terreno della geopolitica, sia facile scivolare anche per la più grande potenza mondiale, come gli USA, compiendo errori di valutazione, o fors’anche di presunzione cognitiva, stanti le troppe variabili in gioco. Il presidente Trump, infatti, ingaggiò una accanita guerra dei dazi con Pechino nell’intento di riequilibrare a favore degli USA tale surplus della Cina, che invece ora appare addirittura maggiore di quello passato; e a fronte di una rivalutazione del cambio Usd/Yuan che non si può certo continuare a dichiarare manipolato da Pechino, come faceva Trump.
6 – Si può obiettare che un potenziale aiuto a tale fine è individuabile nel TPI della BCE, finalizzato a bloccare attacchi speculativi su paesi con fondamentali che non li giustificano, e che ostacolerebbero la corretta implementazione delle misure di politica monetaria. Ma sempre ricordando che il ricorso al TPI è complesso per molteplici vincoli operativi: rispetto dei criteri di proporzionalità, efficacia, efficienza, con previsione di benefici superiori ai costi, in relazione agli impatti diretti ed indiretti, e poi valutazione della idoneità dei titoli acquistabili con riferimento ai paesi con rendimenti tanto troppo alti, che troppo bassi, ecc.
7 – Chi può escludere che, di fronte ad un aumento delle richieste del suo gas, Algeri non preferisca a breve rivedere i prezzi nei contratti a lungo termine, allineandoli ai molto più elevati prezzi spot degli ultimi tempi?

* Analista geoeconomico.