Papua Nuova Guinea. Firmato con l’Australia il trattato Pukpuk, che ridisegna gli equilibri del Pacifico

di Giuseppe Gagliano

L’approvazione del trattato di difesa Pukpuk tra Papua Nuova Guinea (PNG) e Australia è un evento che va oltre il valore simbolico dell’amicizia tra i due Paesi: segna l’ingresso formale di Port Moresby in un sistema di sicurezza regionale costruito da Canberra e, in filigrana, da Washington per contenere l’espansione strategica cinese nel Pacifico. La PNG diventa così il secondo e unico altro Stato, dopo la Nuova Zelanda, a stipulare con l’Australia un patto di mutua difesa, mentre il trattato Pukpuk sancisce l’impegno ad aiutarsi reciprocamente in caso di attacco.
Il primo ministro papuano James Marape ha parlato di “profonda fiducia e futuro condiviso” con l’Australia. Per il premier australiano Anthony Albanese, l’intesa trasforma la storica vicinanza geografica e culturale in un’alleanza militare formale. Ma il tempismo del trattato racconta un’altra verità: l’intesa arriva nel pieno della crescente competizione con la Cina, che nel 2022 ha firmato un controverso accordo di sicurezza con le Isole Salomone.
Canberra ha compreso che la PNG, per posizione e risorse, è l’anello debole di un arco insulare che va da Timor Est alle Salomone fino a Vanuatu: una catena di isole la cui stabilità è decisiva per proteggere le rotte commerciali verso l’Australia orientale e il Pacifico meridionale. Offrire a Port Moresby garanzie di difesa reciproca significa consolidare un cuscinetto geopolitico e, al tempo stesso, escludere che la Cina possa ottenere l’accesso a basi logistiche in un Paese strategico e vicino alla costa australiana.
Il trattato prevede che fino a 10.000 cittadini papuani possano servire nelle Forze Armate australiane nell’ambito di accordi congiunti: un passo che non solo rafforza l’interoperabilità militare, ma crea anche una dipendenza strutturale fra gli apparati di difesa dei due Paesi. È prevista inoltre l’assistenza reciproca in caso di attacco esterno, avvicinando la PNG al sistema di deterrenza regionale guidato da Canberra e dagli Stati Uniti.
L’accordo non impedisce a ciascuna parte di mantenere altre relazioni di difesa, riconoscendo formalmente che la PNG resti legata anche al trattato di sicurezza con Washington firmato nel 2023. Questa flessibilità consente a Port Moresby di non rinunciare a legami preziosi con altri partner, ma al tempo stesso evidenzia la volontà australiana di essere il punto di riferimento principale per le isole del Pacifico.
Il trattato Pukpuk si inserisce in un momento in cui l’Australia è già impegnata nel programma AUKUS con Stati Uniti e Regno Unito, che prevede la fornitura di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare a partire dal prossimo decennio. Albanese ha ribadito di avere “piena fiducia” nell’avanzamento di AUKUS nonostante le revisioni interne avviate a Washington. L’integrazione di questi due pilastri, cioè AUKUS e Pukpuk, rafforza la postura australiana come potenza marittima regionale e invia un messaggio politico: la strategia di Canberra non è più solo difensiva, ma mira a costruire una cintura di sicurezza attorno al continente per contenere la proiezione navale cinese nell’Indo-Pacifico.
Per la Papua Nuova Guinea, il trattato offre vantaggi ma anche sfide. La possibilità di impiegare i propri cittadini nelle Forze Armate australiane apre sbocchi occupazionali e di formazione per un Paese con forte disoccupazione giovanile e limitate opportunità industriali. Tuttavia, l’ingresso nel dispositivo di difesa di Canberra può alimentare tensioni interne tra le élite papuane che temono di compromettere la sovranità nazionale.
Inoltre, l’accordo non risolve i problemi strutturali della PNG: corruzione endemica, fragilità infrastrutturale, dipendenza da aiuti esterni e vulnerabilità climatica. L’alleanza con l’Australia può migliorare la sicurezza marittima e attrarre investimenti, ma senza riforme interne e un uso efficiente delle risorse rischia di rimanere un “ombrello” militare con limitata ricaduta economica.
Il Pukpuk sancisce l’entrata della PNG nel campo di influenza occidentale in una fase di nuova competizione strategica nel Pacifico, dove la Cina investe in porti, infrastrutture digitali e sicurezza. La mossa australiana, appoggiata da Washington, è parte di un più ampio disegno di “containment” che vede il rafforzamento di partnership difensive con isole chiave per il controllo delle rotte tra Asia e Americhe.
In prospettiva, la PNG diventa un nodo cruciale di questa cintura geostrategica, un “gateway” che può determinare l’accesso – o il blocco – a corridoi marittimi essenziali. Pechino dovrà ricalibrare i propri strumenti di soft power e di cooperazione economica se vorrà evitare di essere esclusa da un Paese che finora aveva lasciato aperte tutte le opzioni.
Il vero banco di prova sarà la ratifica parlamentare nei due Paesi e la capacità di tradurre il trattato in operatività concreta: addestramento congiunto, logistica comune, interoperabilità delle flotte. Ma soprattutto, la partita si gioca nel mantenere l’equilibrio tra sicurezza e sviluppo: un’alleanza militare senza crescita economica rischia di aggravare la dipendenza della PNG da partner esterni e di aumentare le tensioni sociali.
L’Australia ha scelto di giocare la carta dell’alleanza bilaterale per consolidare il suo ruolo nel Pacifico e rassicurare Washington sulla sua capacità di leadership regionale. La PNG, accettando il Pukpuk, scommette sulla protezione australiana ma si colloca al centro di un confronto strategico che nei prossimi anni definirà i rapporti di forza nell’Indo-Pacifico.