Perù. Nessun favorito a un mese dal voto

di Paolo Menchi

In Perù manca ormai meno di un mese alle elezioni presidenziali, ritenute un importante punto di ripartenza dopo decenni di scandali che hanno portato all’arresto degli ultimi cinque presidenti e per l’emergenza economica determinatasi anche, ma non solo, per colpa della pandemia, che ha fatto crollare il pil di undici punti nel 2020.
Come già descritto in precedenza, l’attuale presidente Francisco Sagasti è stato eletto ad interim dal Parlamento lo scorso novembre a seguito dei pesanti disordini esplosi nel paese dopo la destituzione del presidente Martin Vizcarra e certamente non ha avuto né il tempo né la forza politica per poter dare una scossa al paese, in attesa delle elezioni del prossimo 11 aprile.
Purtroppo i sondaggi usciti in questi giorni non sono molto confortanti in merito ad una futura migliore governabilità del Perù, infatti, dei 18 candidati, quello con il risultato migliore otterrebbe poco più del 10% dei voti, sarà quindi necessario ricorrere al ballottaggio e si dovranno imbastire accordi tra alcuni candidati, con le consuete conseguenze che portano al compromesso e alla spartizione delle poltrone, che sicuramente non aiutano un paese falcidiato in passato dalla corruzione che ha colpito anche i più alti incarichi istituzionali.
Secondo i sondaggi attualmente otterrebbe i maggiori consensi, con il 13%, il candidato del centro sinistra populista Yonhy Lescano seguito da tre candidati di destra ognuno con il 7% delle intenzioni di voto, ma sono ancora il 21% gli indecisi mentre un 16% ha dichiarato che voterà scheda bianca.
Lescano, avvocato di 62 anni, deputato da molte legislature con il partito Acción Popular, aveva capeggiato il movimento che ha portato alla destituzione di Vizcarra, ha visioni politiche non sempre chiare infatti, pur facendo parte di uno schieramento di sinistra, ha posizioni conservatrici nell’ambito sociale, dichiarandosi ad esempio contrario all’aborto anche in caso di violenza sessuale.
Tra gli altri candidati con il 7% pare in ascesa l’imprenditore Rafael Lopez, membro dell’Opus Dei, che si è distinto per posizioni e messaggi ultraconservatori sullo stile di Trump che, se da una parte creano imbarazzo e indignazione, dall’altra trovano sempre seguito in una parte della popolazione, oltretutto la sua attività economica e gli ingenti debiti tributari delle sue imprese non lo fanno sembrare un candidato affidabile.
Non sono molto distanti le posizioni per quanto riguarda lo stampo reazionario dell’ex calciatore George Forsyth,che è stato anche nella rosa dell’Atalanta nel 2007, che cerca di presentarsi come un uomo al di fuori della politica e quindi “incapace di rubare”, che ha impostato la sua campagna elettorale annunciando di voler combattere la delinquenza e l’immigrazione e di voler dichiarare la corruzione un reato di lesa umanità e proponendo una legge che lo dichiari imprescrittibile e che porti ad una morte civile per coloro che lo commettono.
Il terzo candidato che raccoglie il 7% dei sondaggi ha un cognome tristemente noto, si tratta, infatti, della figlia dell’ex presidente Fujimori, Keiko, leader di Fuerza Popular ,che si presenta alle elezioni per la terza volta e che promette di usare il pugno di ferro per risollevare il Perù, lei che non ha mai preso le distanze dal padre condannato per corruzione e delitti contro l’umanità e per la quale nei giorni scorsi un giudice ha chiesto una condanna a 30 anni per riciclaggio di denaro e per legami con il crimine organizzato.
Infine, a parte tanti altri candidati frammentati, ottiene un 6% la psicologa franco peruviana Veronika Mendoza che rappresenta il Partido Nacionalista Peruano che ha una posizione di sinistra moderata, che si pone l’obiettivo di diminuire l’importanza delle società private nella vita pubblica, chiede una nuova costituzione che garantisca il rispetto delle donne e delle minoranze e pone anche la questione ambientale come fondamentale.
Come si vede basta una piccola analisi sulle candidature per capire perché ci siano ancora tanti indecisi e soprattutto perché ci siano anche tanti peruviani già determinati a votare scheda bianca.