PeyongChang 2018 : non è tutto oro quello che luccica

di Antonciro Cozzi * –

Il 9 febbraio 2018 è stata inaugurata la XXIII edizione delle Olimpiadi invernali in Corea del Sud, manifestazione costata 11 miliardi di euro e che presenta multi punti oscuri.
La Corea del Sud è un paese avanzatissimo dal punto di vista tecnologico ed informatico, risultando tra i primi dieci per velocità delle connessioni internet. Un mercato promettente per i programmatori di App. La cerimonia di apertura non ha tradito le aspettative grazie larghissimo utilizzo di effetti speciali high-tech.
Primo elemento di perplessità è sicuramente il luogo dell’evento: Pyeongchang, piccolo villaggio al confine settentrionale della Corea del Sud, praticamente sconosciuto. Cittadina che prima dell’evento contava appena 2mila abitanti e che è arrivata a doverne gestire 12mila. Tutto attorno non vi sono montagne ma solo colline. Ulteriore problema è il riutilizzo delle strutture sportive (piste, trampolini circuiti di bob) che a pochi giorni dall’inaugurazione non erano ancora completate. Tutti gli impianti resteranno a disposizione dei coreani che però non sembrano molto interessati agli sport invernali. Fortunatamente molte strutture erano state edificate da anni, il che dovrebbe ridurre gli sprechi verificatisi in altre edizioni dei giochi.
L’impatto ambientale della manifestazione è un punto non meno critico: il vicino monte Gariwang è stato disboscato per far posto alle piste da sci. Nonostante le rassicurazioni del Comitato Olimpico sul ripristino della foresta dopo l’evento (ricordiamoci che molti degli esemplari abbattuti avevano più di 500 anni), il pericolo è che le promesse potrebbero essere disattese.
Nonostante il grosso budget a disposizione degli organizzatori le strutture predisposte per l’alloggio degli atleti sono spartane e inadatte all’utilizzo. I villaggi olimpici sono due, molto distanti fra loro e strutturalmente essenziali. I due complessi, terminati pochissimi giorni a ridosso della cerimonia inaugurale, hanno al loro interno solo il minimo indispensabile.
Molti ambienti sono completati ma totalmente inutilizzabili, come le cucine presenti in ogni appartamento ma “impacchettate”. I muri che dividono le stanze sono di sottilissimo cartongesso e i piani alti delle palazzine vengono a malapena riscaldati. Il perché di questa apparente stranezza è facilmente spiegabile: le due strutture, dopo le olimpiadi, saranno rivendute come residenze private. Anche l’ospitalità esterna è ridotta al minimo: pochissimi sono gli alberghi e i residence costruiti nella cittadina. Questo ha creato non pochi problemi alle delegazioni dei paesi ospitati che si sono dovuti muovere con largo anticipo. La mancanza di strutture alberghiere adeguate non può di certo aiutare il rilancio turistico della località post-olimpiadi.
Il problema sicurezza ha tenuto banco, durante tutto il periodo che ha preceduto l’evento. Il Ministro dello sport francese aveva espresso la sua preoccupazione circa i livelli di sicurezza che Seul avrebbe potuto garantire ai suoi atleti, avanzando la proposta di inviare poliziotti francesi per tutelarne l’incolumità. Queste stesse preoccupazioni erano state condivise da Germania e Austria. Il presidente sud coreano, Moon-jae-in, ha ribadito che avrebbe garantito la sicurezza di tutti i partecipanti.
Sul piano politico, risulta controversa la vicenda del comitato olimpico russo, ingiustamente escluso dalla manifestazione per casi di doping. Per rimediare ad un cosi grande assente, si è pensato, goffamente, di far partecipare gli atleti russi sotto la bandiera del CIO, Un rimedio politico/sportivo molto criticabile.
La visibilità mediatica è un’ulteriore problema di queste olimpiadi coreane. Le olimpiadi invernali non hanno mai goduto di una vasta partecipazione di pubblico e la stessa Peyongchang ha vinto, dopo la sua terza candidatura consecutiva, proprio per la mancanza di altre reali avversarie. In conclusione, il contesto geopolitico in cui si svolge la competizione non è dei più rassicuranti. Su tutto domina la crisi nucleare nordcoreana che stava per sfociare in un conflitto tra Pyongyang e Washington. L’Olimpiade potrebbe servire a stemperare il clima di freddo che vive il rapporto tra le due Coree. Il Giappone altra potenza regionale vede nella Corea del nord e nelle lsue attività militari un motivo di grande preoccupazione. Dopo i ripetuti lanci di missili verso le sue coste ha già da tempo preparato un piano di evacuazione delle coste occidentali del paese e della stessa Tokyo.
La Russia si è più volte proposta come mediatore tra la Corea del Nord e gli Usa ottenendo però un sistematico rifiuto. Infine la Cina che ha molti interessi in comune con la Corea, ha cercato in campo internazionale di limitarne le ambizioni nucleari al fine di stemperare la tensione nella regione.
Da questo delicato equilibrio, il più colpito è lo sport e la manifestazione olimpica stessa, che riveste, non giustificata, un ruolo di secondo piano, soffocata dalla politica e da interessi puramente economico commerciali.
Gli atleti dell’antica Grecia partecipavano alle Olimpiadi con l’obiettivo di vincere una corona d’alloro e agognare di tramandare il ricordo della loro impresa ai posteri. Oggi le ragioni politiche e commerciali regolano le imprese sportive, rinnegando spesso i principi dell’etica sportiva. La vittoria di un atleta alle Olimpiadi conferisce prestigio alla capacità organizzativa del Paese del vincitore. Contemporaneamente le industrie che forniscono tutto ciò di cui abbisogna l’atleta, ne trae dalla vittoria dello stesso un notevole ritorno economico. Gli stessi orari delle gare sono decisi in base alle esigenze televisive e indirettamente agli spot commerciali. In ultimo gli atleti, che ormai partecipano agli eventi soprattutto in cambio di remunerativi ingaggi e vendono la loro immagine alle industrie che offrono i contratti più vantaggiosi. L’amara conclusione è che le competizioni sportive non avvengono più tra persone uguali, ma tra coloro che hanno alle spalle un alto potere economico.

* Analista geopolitico.